Società

Turismo in Italia, quattro cose che non funzionano nel nostro Paese

Sono appena rientrato da una meravigliosa vacanza di tre settimane in Italia. Roma, Costiera amalfitana, Sicilia e Toscana. Quanto di meglio può offrire il nostro Paese, probabilmente. L’Italia è uno spettacolare coacervo di arte, cultura, storia, calore umano ed è incredibile notare quante differenti tipologie culturali, sociali e umane si mescolino nello Stivale. Ma sono tutte riflessioni abbastanza ovvie e scontate, che conoscete meglio di me.

Devo dire che ho trovato un Paese in buona salute, da un punto di vista turistico. Erano cinque anni che non facevo turismo in Italia e alcuni progressi sono evidenti. L’organizzazione dei biglietti e delle file al Colosseo di Roma, sicuramente macchinosa ma piuttosto efficace e con un servizio di guide di altissimo livello. Ho visto Pompei completamente ribaltata rispetto alla mia ultima visita. Spariti i gatti randagi, indicazioni multilingue dappertutto, guide preparate e con un buon livello di inglese, orari di visita estesi. La Costiera amalfitana è stata una sorpresa incredibilmente piacevole: abbiamo fatto base a Salerno (città meravigliosa, stranamente ignorata nei principali itinerari turistici) e da lì ci muovevamo con barche veloci, puntuali e dal prezzo assolutamente abbordabile.

La Sicilia è la Sicilia, con le sue contraddizioni ma con un tessuto umano di educazione, raffinatezza e cultura che è davvero stupefacente. Non mi dimenticherò mai una chiacchierata con il parcheggiatore abusivo di Ortigia che mi decantava i pregi di una piccola cappella di una chiesa decentrata, raccomandandomi di andarla a visitare nel tardo pomeriggio, quando veniva suonato l’organo in chiesa. E la Toscana, oltre che essere una cartolina, è straordinariamente pulita, civile, organizzata e pronta a darti il benvenuto con quel mix unico di gentilezza, sagacia e sarcasmo.

Lati oscuri? Quattro direi, di cui tre sono legati a un’arretratezza culturale in termini di educazione civica che spero prima o poi i nostri governanti si decideranno a combattere in maniera inesorabile.

1. L’acqua del rubinetto resa disponibile in bar e ristoranti. Questo è un pilastro dell’Australia, dove i clienti non fanno in tempo a sedersi prima che il cameriere porti loro una bella bottiglia di acqua fresca di rubinetto. Ovviamente gratis. L’ammontare di bottigline e bottigliette da uno, due, tre euro che circola nel nostro Paese è agghiacciante, sia da un punto di vista di onere economico per il cliente che per quanto concerne l’inquinamento provocato dalla plastica. Sogno di vedere – un giorno – un bel decreto che obblighi i gestori di local pubblici di fornire acqua del rubinetto gratuita ai loro clienti. Sarebbe un meraviglioso segnale di civiltà. E più fontane pubbliche nelle strade.

2. (Collegato a 1): l’uso gratuito dei servizi sanitari. Anche questo aspetto è sacro qui in Australia, dove non sarebbe pensabile dover pagare per usare il bagno. In Italia è tutto un fiorire di bagni a pagamento (50 centesimi o addirittura un euro), che risulta enormemente fastidioso – per non dire odioso – non tanto per il lato economico quanto perché si chiede alle persone di pagare per esercitare un loro diritto basico e fondamentale. Di nuovo, un bel decreto che spazzasse via questa mala cultura (oltre a chiudere tutti bagni a pagamento abusivi che purtroppo si vedono in giro) sarebbe più che benvenuto.

3. Esercizi commerciali che non permettono l’uso della carta di credito. Non credo di ricordare in Australia un episodio in cui io non abbia potuto usare la carta di credito, con cui mi pago pure il caffè. In tre settimane in Italia mi è capitato sei volte che l’esercente di turno mi dicesse che la macchinetta era rotta e dovevo pagare in contanti. Il fatto interessante è che mi è stato battuto lo scontrino, quindi non si tratta di “evasione” ma piuttosto di un vero e proprio rifiuto di alcuni negozi di usare un sistema che a loro costa qualche centesimo di commissione. A meno che l’aria mediterranea sia davvero insalubre per i Pos, che si rompono a tambur battente.

4. Last but not least: la viabilità e le indicazioni stradali. In Sicilia e in Toscana ci è capitato più volte di transitare su strade interrotte a causa di lavori. Ottimo segnale, significa che sono in atto miglioramenti infrastrutturali e/o manutenzioni efficiente. Ma la segnaletica dei percorsi alternativi era assolutamente inintellegibile per un italiano come me, non oso immaginare per gli stranieri. Bisogna contare che quando vi sono queste deviazioni, navigatori e Google Maps vanno in tilt e ci mettono un po’ di tempo a ricalibrarsi e spesso bisogna indovinare la direzione prima che la tecnologia ci sia di aiuto. Mi pare impossibile che in Italia non si riesca a organizzare una segnaletica decente in questi frangenti, come succede nella maggior parte dei Paesi (alcuni dei quali meno sviluppati del nostro) nei quali mi è capitato di guidare.

Sono piccoli cambiamenti culturali che dovremmo fare per elevarci al piano superiore e fornire un servizio di altissima qualità a una delle principali industrie della nostra nazione, il turismo. E non credo sia così difficile per un Paese che è riuscito a trasformare Pompei nel gioiello attuale, quando 15-20 anni pareva una discarica a cielo aperto.