Cronaca

Migranti, per l’Italia non è un fenomeno nuovo. Le quattro stagioni degli arrivi: dalla decolonizzazione al crollo del Muro

L’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche ha recentemente pubblicato “Storia dell'immigrazione straniera in Italia. Dal 1945 ai nostri giorni ” edito dalla Carocci. L’autore, Michele Colucci, , ha presentato il rapporto a Roma, alla sede del Cnr.  Il libro “è un viaggio attraverso i cambiamenti del paese dal 1945 ad oggi, con il risultato oggi di una popolazione straniera “ormai importante, circa l’8%

L’immigrazione? Non è fenomeno nuovo per l’Italia, anzi. L’Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche ha recentemente pubblicato “Storia dell’immigrazione straniera in Italia. Dal 1945 ai nostri giorni ” edito dalla Carocci. L’autore, Michele Colucci, ricercatore del Cnr-Issm e autore di numerosi volumi e saggi sulla storia di migrazioni, lavoro e politiche sociali, ha presentato il rapporto a Roma, alla sede del Cnr. Il libro “è un viaggio attraverso i cambiamenti del paese dal 1945 ad oggi, con il risultato oggi di una popolazione straniera “ormai importante, circa l’8%”, dice il giornalista Stefano Liberti. “Una popolazione che ha diritti limitati”, mentre, nonostante norme restrittive, le acquisizioni di cittadinanza crescono: nel 2002 erano 12.267, nel 2016 201.591. I 5 milioni e 68mila stranieri in Italia certificati dall’Istat nel 2018 rappresentano “un numero importante che non matura in pochi decenni”, dice Colucci. “Le migrazioni producono conflitti e non dobbiamo nasconderlo: è un errore gravissimo che stiamo pagando caro negli ultimi anni”.

Le quattro stagioni delle migrazioni in Italia. Come in altri paesi, anche in Italia “è presente un legame tra l’emigrazione e i grandi processi dell’Europa del dopoguerra: la decolonizzazione, il miracolo economico, la crisi economica degli anni ’70 e la caduta del muro di Berlino che ha determinato un cambiamento dei flussi in tutta l’Europa occidentale”, spiega l’autore del volume a ilfattoquotidiano.it. “Nei paesi dell’Europa centrale l’inserimento economico degli immigrati si struttura, negli anni ’60-’70, nella grande industria e nel modello fordista”, continua  Colucci. In Italia invece, qualche tempo dopo, “si struttura in modo più ramificato sul territorio: in agricoltura, nel lavoro domestico, in settori più apparentemente marginali”. Il ricercatore ricostruisce quattro grandi fasi: la prima va dal dopoguerra alla fine degli anni ’60, con i flussi dalle ex colonie, movimenti di studenti universitari e profughi, lavoro domestico. La seconda dagli anni ’70 al 1989, con significative presenze di lavoratori e lavoratrici. “C’è una storia che racconta le evoluzioni del mercato del lavoro”, nota Silvia Salvatici, storica ed esperta di profughi e rifugiati: quella dei tunisini reclutati nel 1968 per lavorare sui pescherecci di Mazara del Vallo. “I cambiamenti sulle due sponde del Mediterraneo, in Sicilia e in Tunisia con gli esiti della riforma agraria che favoriscono le partenze, interagiscono, portando in Italia manodopera esperta a basso costo”. E la ‘debolezza’ degli immigrati “li rende strumento per creare competizione in alcuni settori e consentire un ribasso dei salari”. I sindacalisti di allora, racconta la storica, “se ne sono accorti e hanno denunciato”. È il 1972, si opta per il respingimento e lo “sbarramento ai lavoratori stranieri”. “Non quindi una peculiarità dei tempi recenti, con la visione dell’immigrazione come minaccia cui rispondere per questioni di sicurezza”.

La caduta del muro – La terza fase comincia con la caduta del muro di Berlino: arrivano albanesi e rifugiati dell’ex Jugoslavia. Nel 1990 viene approvata la prima legge organica, la legge Martelli, e il tema entra nel dibattito pubblico. Infine, questi ultimi dieci anni, con il “ridimensionamento della crescita dell’immigrazione e il cambiamento delle motivazioni alla base dei nuovi arrivi”. Crisi internazionale e conflitti nel Mediterraneo e in Medio Oriente rappresentano per Colucci una vera e propria “cesura”. “Negli anni dal 2010 al 2016 cambiano le motivazioni per cui vengono rilasciati i permessi di soggiorno: crollano quelli per lavoro”. È uno spartiacque: il lavoro, per gli stranieri, non è più “elemento di inserimento e legittimazione”. Oggi l’immigrazione “è percepita come emergenza perché viene usata per altri scopi”, dice sempre l’autore del saggio. “Conviene guardare non la dimensione strutturale ma quella emergenziale: un contesto su cui si può intervenire in maniera parcellizzata”.

La “dimensione di mosaico” – La via italiana alle migrazioni ha alcune peculiarità, che Colucci ha ribattezzato “dimensione di mosaico”: “Da noi non c’è una comunità preponderante, come i turchi in Germania o i maghrebini in Francia”, dice il ricercatore del Cnr. C’è “un’articolazione variegata e interessante, con statistiche molto più equilibrate rispetto agli altri paesi”. E poi, altro luogo comune smentito, l’immigrazione in Italia vede storicamente un sostanziale “equilibrio tra donne e uomini, con costante tendenza a favore delle donne” dirette verso il settore domestico. Altra peculiarità: le istituzioni italiane hanno gestito il fenomeno nel tempo attraverso le periodiche sanatorie. “Sono pronto a scommettere che al decreto sicurezza seguirà nei prossimi tempi una sanatoria”, dice il giornalista Stefano Liberti. E poi: accanto alla “difficoltà delle classi dirigenti a governare i flussi di richiedenti asilo” e alla lotta tra razzismo e antirazzismo, c’è quello che viene definito “il protagonismo pubblico degli immigrati stranieri”, che fin dagli anni ‘80 lottano per i loro diritti. Un impegno politico che, spiega Colucci, “oggi forse si vede meno perché declinato in nuove forme”. E che può anche fallire, come nel caso della battaglia per lo ius soli. “Ma che non è affatto scomparso”.