Cronaca

Roma, Vaticano punta a una lottizzazione da 180mila m³ nella riserva naturale: ora basta il silenzio-assenso della Regione

Da oltre 30 anni il Vaticano cerca di costruire "strutture socio-sanitarie e ricettive" (probabilmente alberghi e case di riposo) nella Tenuta di Acquafredda, di cui possiede 60 ettari sui complessivi 140. Dopo vari tentativi, adesso la strada pare spianata grazie a una misura approvata dalla Pisana

Un’ampia opera di edificazione all’interno della Riserva naturale della Tenuta di Acquafredda, splendido polmone verde nel cuore di Roma da decenni nelle mire dei costruttori. Intervento giustificato come “progetto ambientale di area per l’accessibilità e la fruizione della riserva”, in realtà pensato (anche) per venire incontro al certificato “interesse alla valorizzazione dei terreni” perseguito da oltre 30 anni dal Vaticano. Il Capitolo di San Pietro, infatti, detiene la proprietà di 60 dei 140 ettari, gestiti dall’Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica, su cui si estende il parco. E ora, grazie a un provvedimento recentemente approvato dal Consiglio regionale del Lazio, basterà il cosiddetto “silenzio-assenso” per dare il via libera al piano di assetto del parco messo in piedi da RomaNatura, l’ente della Regione Lazio che gestisce le grandi riserve naturali della città.

Il piano, varato con delibera n. 30 del 20.11.2014 dall’allora commissario straordinario e attuale presidente di RomaNatura, Maurizio Gubbiotti – ex dirigente di Legambiente – prevede l’edificazione di ben 6 ettari del quadrante sud-occidentale del parco, limitrofi alla via Aurelia. La scheda 9 del piano di assetto contempla la realizzazione di “strutture socio-sanitarie e ricettive” (probabilmente alberghi e case di riposo) in palazzi di più di 10 metri di altezza, per un totale di oltre 180.000 metri cubi, seppur con il “ricorso a coperture di tipo tradizionale, a garanzia di un inserimento armonico nel contesto paesistico della Riserva”.

All’interno della scheda, fra le premesse, si specifica proprio che “l’Ente ecclesiastico proprietario di una porzione rilevante dell’area ovest della Riserva ha manifestato l’interesse alla valorizzazione dei terreni, per scopi socio–sanitari”. “Il programma di attuazione complessivo riferito all’intera proprietà – si legge ancora nel piano – dovrà essere oggetto di un accordo di programma sottoscritto da tutti i soggetti coinvolti”, ovvero Roma Natura, il Vaticano, il Comune di Roma e la Regione Lazio.

Ma com’è possibile deliberare la “valorizzazione di terreni” all’interno di un’area dichiarata “riserva naturale” per legge? A IlFattoQuotidiano.it, il presidente Gubbiotti risponde che “tendenzialmente non si può costruire in area parco, se non dove sono previste delle attività e dunque strutture a servizio di queste attività, ma non è in assoluto impossibile, come accade con il Campus bio medico all’interno della Riserva di Decima Malafede”. E, sempre secondo Gubiotti, “Roma Natura da sola non può fare nulla, in quanto serve che il piano di assetto venga approvati definitivamente dalla Regione”.

A questo proposito, ecco la novità. Nei giorni scorsi il Consiglio regionale ha approvato una serie di modifiche alla legge per la semplificazione in materia di ambiente, agricoltura, caccia, pesca e tutela del territorio. Fra queste, l’articolo 26, comma 4, dove ora si legge che “il consiglio regionale si esprime sulla proposta di piano entro i successivi 120 giorni (dalla proposta di piano alla commissione competente, ndr), decorsi i quali il piano si attende approvato”. Tradotto: una specie autostrada verso il via libera a tutto il piano.

Come detto, sono oltre 30 anni che sui terreni di proprietà dell’Ente ecclesiastico si cerca di costruire nel tentativo di “valorizzarli”. Come raccontano le rassegne stampa d’epoca, il 10 maggio 1983 il Tribunale di Roma condannò monsignor Antonio Masci, allora rappresentante legale del Capitolo di San Pietro, a tre mesi di reclusione e al pagamento di un’ammenda di 3 milioni di lire per “lottizzazione abusiva” sui 145 ettari della tenuta dell’Acquafredda, sentenza conferma in Cassazione il 17 maggio del 1984. Nel 1992, invece, fu la volta del costruttore romano Domenico Bonifaci che si propose al Vaticano come acquirente della tenuta per un valore di 120 miliardi di lire, il doppio del valore di mercato, salvo poi pretendere la restituzione dell’acconto già versato giustificato con il “mutamento delle condizioni politiche del Paese” in seguito all’esplosione dello scandalo Tangentopoli. I tentativi di cementificazione dell’area furono combattuti dai contadini affittuari da 60 anni degli appezzamenti di terra presenti nella Tenuta.

La Riserva dell’Acquafredda divenne finalmente “parco naturale” nel 1997, al termine di una lunga battaglia in consiglio regionale condotta dai Verdi e dall’allora capogruppo Angelo Bonelli, bloccando così le previsioni edificatorie del Vaticano pari ad oltre 450.000 metri cubi sui 60 ettari a destinazione agricola, ma i tentativi di “sfratto” delle famiglie degli agricoltori proseguirono fino al pontificato di Benedetto XVI. Fra l’altro, il Capitolo di San Pietro nel 2011 ottenne dalla giunta Alemanno anche il riconoscimento di compensazioni urbanistiche per realizzare cubature fuori dal parco, per circa 300.000 metri cubi; concessione poi tramontata poiché in contrasto con la sentenza 33743/2010 del Tar del Lazio relativa a un diverso ricorso del Vaticano contro un vincolo dei beni culturali.

Proprio Bonelli oggi a IlFattoQuotidiano.it commenta: “Tornano i fantasmi del passato di un cemento targato Ior-Capitolo San Pietro che sollevò tanti interessi. Ora il rischio è che con la norma del silenzio assenso votata dalla Regione, Acquafredda diventi il cavallo di Troia per portare il cemento nei parchi del Lazio. Chiedo a Zingaretti, che sovraintende all’ente Roma Natura, di cancellare la lottizzazione perché nei parchi non si può costruire”.