Cronaca

Jimmy Bennett: “Asia Argento? La chiamavo ‘mamma’. Fu lei a propormi di vederci nel 2013”

Prima parte dell’intervista di Massimo Giletti a Jimmy Bennett, l’attore e musicista rock californiano che ha accusato Asia Argento di averlo molestato sessualmente quando era minorenne. Ospite in esclusiva mondiale di Non è l’arena (La7), il ventunenne racconta la storia del suo rapporto con l’attrice. “La chiamavo ‘mamma’ e lei mi chiamava ‘figlio’” – afferma – “Sul set di ‘Ingannevole è il cuore più di ogni cosa’ (film del 2004 diretto da Asia Argento, ndr) Asia era come una seconda mamma, questo è il sentimento che ci ha legato dal primo giorno. Il nostro rapporto è sempre stato molto ravvicinato. Il legame tra me e lei era speciale. Asia era molto concentrata sul film e voleva incarnare il rapporto madre e figlio in modo che fosse più realistico possibile, ma sembrava andasse oltre l’aspetto professionale”.
E aggiunge: “Dopo il film del 2004 il nostro rapporto è continuato via sms, via mail, ma non l’ho più vista. Non c’è mai stato un altro incontro faccia a faccia per dieci anni. L’ho tenuta aggiornata sulla mia attività e lei si sentiva anche con mia mamma. Successivamente è stata Asia, nel 2013, a propormi l’incontro via Twitter e poi con mail private abbiamo stabilito di incontrarci. Non ero sorpreso, sapevo che prima o poi ci saremmo incontrati ed ero contento di vederla. Mi parlava di un film italiano” – continua – “al quale lei volesse che partecipassi. Ricordo però che mi sentivo un po’ strano. Asia continuava a inviarmi delle foto e dei bigliettini che scriveva nella sua stanza di hotel. Per me c’è sempre stata una barriera culturale, non sapevo se il suo atteggiamento fosse una maniera di mostrare affetto e quindi non sapevo cosa aspettarmi. Per me era come incontrare una amica”.
L’attore prosegue: “Al Ritz Carlton di Marina del Rey, in California, ero con un accompagnatore che è salito fino alla stanza dell’albergo. Asia era entusiasta e mi guardava dritta negli occhi, poi ha dato uno sguardo al mio accompagnatore e gli ha chiesto: “Ma tu chi sei?”. Lo ha fatto sempre sentire un intruso durante l’incontro e quindi il mio accompagnatore ci ha lasciato soli”