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Diego Fusaro e Il nuovo ordine erotico: elogio della famiglia, attacco alla “gendercrazia”, alla femminilizzazione dell’uomo e al pansessualismo voluto dal capitale

Sulla copertina del nuovo libro edito da Rizzoli del 35enne filosofo torinese è stampato un sottotitolo – Elogio dell’amore e della famiglia - promette scintille nel dibattito sull’etica contemporanea. L'assunto di base "tutto è diventato merce, anche l'amore" è affascinante e argomentato, ma a farne le spese di questo elogio del nucleo familiare come “sintesi dell’eros” è l’impianto culturale LGBT

Frammenti di un discorso amoroso all’epoca dell’individuo genderizzato, del plusgodimento, e del turbocapitalismo. Diego Fusaro aggiunge un ulteriore tassello alla lunga ed ampollosa esposizione del suo pensiero filosofico ne Il nuovo ordine erotico (Rizzoli). Con un sottotitolo – Elogio dell’amore e della famiglia – che promette scintille nel dibattito sull’etica contemporanea. Perché, diciamolo subito, a fare le spese di questo elogio del nucleo familiare come “sintesi dell’eros” è l’impianto culturale LGBT. Dialettica hegeliana esposta per 417 pagine; tesi, antitesi, sintesi attorno ad un assunto di base: tutto è divenuto merce, anche l’amore. “Il capitale ci signoreggia, ormai, nel tempo libero e nella malattia, nei sogni e nella veglia, nel divertimento e nel lutto, nella fantasia e nel raziocinio. Anche la dimensione dell’amore ne è stata conquistata”, spiega Fusaro sottolineando la creazione di un “nuovo ordine amoroso” che “per sua essenza, si pone come il raddoppiamento delle dinamiche della produzione e della circolazione delle merci”.

Non c’è nulla da fare. Lo spartiacque storico è il 1989, momento oltre il quale “il campo amoroso tende a essere disarticolato e ridefinito secondo i parametri specifici di quello economico” con la creazione di un “osceno modello unico” che “disciplina e mortifica insieme, nella misura in cui considera e tratta in maniera analoga, quasi fossero una identica realtà, scuole e aziende, ospedali e banche, investimenti finanziari e vite umane, progetti d’impresa e sogni di libertà, operazioni di Borsa e questioni sentimentali”. Consumi e costumi diventano sinonimi. Le relazioni sentimentali sono sostituite da “prestazioni occasionali” e dal “consumismo erotico”. L’atto sessuale si fa identico all’atto del consumo. Il capitale, anzi il turbocapitalismo fusariano, non si ferma ideologicamente e concretamente di fronte a nulla. E per agire si è insinuato oltre il suo campo settoriale prima di tutto “distruggendo istanze comunitarie”, ovvero quello spazio sociale collettivamente inteso che si è costruito nel tempo, come baluardo anticapitalista, partendo dalla famiglia come “cellula etica originaria” e arrivando a sciogliere più solidi “vincoli di comunità”.

Sfiorando la prosa chez Recalcati, Fusaro, con l’aiuto di Hegel e Platone (tra i mille altri) cementa la base del suo discorso sull’ontologia dell’amore mostrando come l’amore sia sempre una domanda di senso, e quel “senso nuovo” di cui si va alla ricerca “s’incarna nell’esistere della dualità amorosa” che “dischiude una nuova esperienza del mondo a partire dal due e non più dall’uno che primieramente si era”. Insomma l’amore come principio di verità e di senso duale che si scontra oggi con l’ “individuo monadico e astratto, isolato e senza legami”. Per riconoscere meglio la verità duale dell’eros, a sua volta “tensione duale donativa non permeata dalla logica dell’utile”, c’è perfino la citazione cinematografica d’antan del personaggio interpretato da Richard Gere in Pretty woman che soprassiede alla “rapacità individualistica” che rappresenta nel film e si dà “alla gratuità del nesso amoroso”. Ad ogni modo costruita questa base assiomatica, si vince facile gettandosi frontalmente contro l’universo mondo della flessibilità e del precariato lavorativo attuale (“capitalismo assoluto” a differenza del “capitalismo dialettico” dei primi del Novecento). Scontro roboante che Fusaro amplifica nei suoi neologismi altisonanti meritevoli sempre di un’occhiatina come “il pansessualismo liberalizzato e consumista per atomi gaudenti, gender fluid e senza legami a lungo termine del capitalismo assoluto”.

E visto che nella mentalità dell’autore sembra albergare più Michel Houellebecq che un Dante Alighieri (e non è necessariamente un male, sia chiaro), ecco l’esplicitazione dell’individuo postidentitario e libertino creato dal turbocapitalismo. “I «narcinisti» si caratterizzano innanzitutto per la diserzione rispetto al sociale, ossia per il ripiegamento ottuso in se stessi, e, insieme, per la ricerca maniacale dello scolpimento edonistico del proprio io individuale, in un godimento pulsionale irrelato e senza limiti”. Così, quasi fosse un sillogismo, cancellando il desiderio duale dell’amore si cancella la lotta di classe: “Disgregando la comunità, si neutralizza la forza associata degli individui, quella comune potentia – avrebbe detto Spinoza – che, frutto dell’unione delle singole «quote» di energia individuale, è la sola in grado di agire concretamente sulla realtà, rovesciandone le asimmetrie”.

Fin qui tutto bene. Perché la seconda parte del saggio di Fusaro diventa un vero e proprio j’accuse ai cascami culturali e legislativi di quella che il filosofo definisce la “gendercrazia” e della trasformazione dell’individuo in un “neutro indifferenziato”. “Secondo l’ortopedizzazione variamente proposta dai gender studies e dai pedagoghi dell’eroticamente corretto – scrive Fusaro – la società deve essere sessualmente neutra e unisex e, al tempo stesso, ipersessualizzata: neutra, giacché deve essere annullata la differenza tra il maschile e il femminile, a beneficio del soggetto unisex che si autodetermina secondo il proprio desiderio individualizzato di matrice panconsumistica; ipersessualizzata, perché la desacralizzazione del sesso e il suo affrancamento dalla vita etica familiare e dalla sua funzione procreativa lo inseriscono nei circuiti del plusgodimento”. Insomma l’uomo “bionico postumano” cade nella trappola strutturata a priori dal capitale (“la Destra finanziaria del Denaro” alleata alla “Sinistra culturale del Costume”). Da un lato nell’uomo sarebbe stato inculcato il desiderio di “femminilizzazione” (“si depila completamente e fa uso di cosmetici, si reca dal parrucchiere e non più dal barbiere: a livello spesso inconscio, è animato dal desiderio dell’annullamento di ogni traccia rivelativa della sua mascolinità, vissuta come una colpa”); dall’altro l’attuale “individualismo femminista” vedrebbe la donna smarcarsi dal ruolo di madre per diventare un “atomo unisex imprenditore”. Con il risultato che sul piano dei costumi “la società dell’integralismo economico senza frontiere si deve strutturalmente fondare (…) sul fuorviante presupposto in accordo con il quale i due sessi sarebbero costituiti su misura per il medesimo lavoro flessibile, precario e reificato e sarebbero altresì portatori dei medesimi desideri consumistici indistinti”.

Dati questi presupposti gioco facile sparare a zero sui progressi emancipatori dell’odierno mondo LGBT. “Contrabbandando come diritti quelli che, in verità, sono desideri privati coerenti con la creazione antropologica dell’homo consumens, l’ideologia gender affida all’individuo la scelta dell’identità sessuale – afferma Fusaro – promette emancipazione e, in realtà, produce smarrimento, spaesamento, perdita dell’identità e sempre più intensa subordinazione dell’umano all’economico. Il genderismo dissolve il limite naturale custodito nella differenza sessuale e, in modo sinergico, esalta la scelta individualizzata del panconsumatore liberal-libertario che non conosce limiti, né misura”. Ne fanno così le spese scelte concrete dell’agire politico italiano contemporaneo come la maternità surrogata che altri non è, secondo il filosofo torinese, che l’utero in affitto (“L’ipocrisia del pensiero unico e l’astuzia della neolingua hanno scelto di chiamarla, con discrezione, «maternità surrogata» nel tentativo di occultare la mercificazione dell’umano – del corpo della donna e del nascituro ridotto ad articolo di commercio – come essenza di questa e di simili pratiche salutate come emancipative e progressiste”); Sex and the City come esempio di dissoluzione della famiglia contemporanea; e il supremo valore “riproduttivo” dell’eterosessualità rispetto alle “eccezioni” altre. Lasciamo quindi alle parole di Fusaro ogni spazio (im)possibile di senso politico: “Dall’esistenza dell’eterosessualità dipende il perpetuarsi della razza umana ed è in vista di questo fine che si spiega l’esistenza degli organi sessuali. Che, poi, possano essere utilizzati con piena legittimità per fini altri rispetto alla riproduzione avvalora quanto già si è sostenuto: ossia il fatto che gli orientamenti differenti rispetto all’eterosessualità esistono con piena naturalezza e debbono essere trattati come eccezioni degne del massimo rispetto sotto ogni profilo, senza che, tuttavia, ciò conduca in modo del tutto fuorviante a sostenere che l’eterosessualità sia anch’esso un orientamento tra i tanti”.