Lavoro & Precari

Rimaflow, le iniziative della società civile traghettare la fabbrica recuperata dai suoi operai fuori dall’inchiesta giudiziaria

I gruppi di acquisto e i distretti dell’economia solidale presenti all’assemblea pubblica del 9 settembre hanno deciso di mobilitarsi e di mobilitare tutta la rete dei Gas milanesi per lanciare una campagna di pre-acquisto delle autoproduzioni in modo da dare immediato sostegno e liquidità al progetto e ai lavoratori che, per effetto del blocco dei conti correnti, da fine luglio non ricevono lo stipendio

Associazioni, gruppi d’acquisto solidali, circoli, collettivi, centri sociali, reti informali, Caritas, qualche rappresentante istituzionale (pochi), cittadini comuni (tanti). Erano tutti lì, domenica 9 settembre a Trezzano sul Naviglio per manifestare la loro vicinanza e la loro solidarietà alla fabbrica recuperata Rimaflow e a tutti i suoi lavoratori. E soprattutto per capire cosa fare in concreto perché quest’esperienza di autogestione che in pochi anni è riuscita a ricreare lavoro per 120 persone continui a vivere, nonostante la tegola di un’inchiesta giudiziaria che alla fine di luglio ha portato al sequestro di uno dei capannoni della ex fabbrica, all’arresto del presidente della cooperativa, Massimo Lettieri, e al blocco dei conti correnti.

Le accuse sono di traffico illegale di rifiuti e di associazione per delinquere e ci vorranno mesi, forse anni, per fare luce sui fatti. Oltre a tantissimi soldi per pagare gli avvocati. Tante le iniziative di chi conosce la Rimaflow, Lettieri e il lavoro che è stato fatto in questi anni sul territorio – un territorio difficile, quello di Trezzano, fortemente infiltrato dalla criminalità organizzata e dalle cosche della ‘ndrangheta –  ritenendo le accuse infondate, si sta dando da fare. Oltre alla raccolta fondi e all’appello internazionale lanciato a fine luglio cui stanno aderendo in molti, tra cui personalità del mondo della cultura, dell’arte, della società civile (è possibile aderire e fare donazioni sul sito www.rimaflow.it), i gruppi di acquisto e i distretti dell’economia solidale presenti all’assemblea pubblica del 9 settembre hanno deciso di mobilitarsi e di mobilitare tutta la rete dei Gas milanesi per lanciare una campagna di pre-acquisto delle autoproduzioni Rimaflow (tra cui il famoso Amaro partigiano e il Ri-moncello) in modo da dare immediato sostegno e liquidità al progetto e ai lavoratori che, per effetto del blocco dei conti correnti da fine luglio non ricevono lo stipendio. L’obiettivo è che in queste settimane i Gas e le reti dell’economia solidale sottoscrivano il Patto di mutuo soccorso, impegnandosi a versare entro il 30 settembre una determinata somma da scontare sui futuri acquisti di prodotti. Il tempo è poco, ma il tam tam nelle mailing list e sui social si sta intensificando.

In assemblea è stata poi lanciata l’idea di proporre a tutti coloro che hanno avuto modo di conoscere Massimo Lettieri e Rimaflow di mandare una loro testimonianza per chiarire chi è il presidente. In questi anni gli operai della Maflow che hanno occupato la loro ex fabbrica hanno percorso tutte le strade possibili non solo per re-inventare il loro lavoro, ma anche perché questo e tutte le loro attività – sempre realizzate alla luce del sole, compresa l’attività di recupero del pvc dalla carta da parati, oggi finita sotto inchiesta – venissero regolarizzate per quanto possibile. I lavoratori non si sono occupati solo di se stessi, ma hanno avuto la capacità di attivare una rete economica e sociale sul territorio, aprendo la fabbrica a tutti, coagulando forze ed esperienze diverse, e partecipando attivamente alla realizzazione di tante piccole e grandi cose, come hanno ribadito con forza in assemblea don Massimo Mapelli, il preside dell’istituto comprensivo Roberto Franceschi di Trezzano sul Naviglio e il responsabile della Libera Masseria di Cisliano con cui Rimaflow collabora da tempo.

Un’esperienza, quella di Rimaflow, che è diventata un caso di studio sia per laureandi, sia per una rete internazionale di università che l’ha inserita tra i modelli di buone pratiche da seguire ed è stata in questi anni fonte di ispirazione per molti. Per questa e per mille altre ragioni attorno alla Rimaflow sta crescendo la mobilitazione. I lavoratori peraltro, pur respingendo come infamanti le accuse, non vogliono in alcun modo attaccare l’inchiesta nel suo insieme e anzi auspicano che questa faccia emergere i veri responsabili. E ribadiscono che lungi dall’essere complici di qualcuno, sono piuttosto vittime e non accettano l’accusa di attività illegale relativa al trattamento dei rifiuti in quanto l’attività di separazione del pvc dalla carta da parati è stata portata avanti per pochi mesi in via sperimentale non in maniera clandestina, ma è stata addirittura presentata ad Amsa, A2A e Città Metropolitana, che ne hanno dato un giudizio positivo in termini di potenzialità e di processo in corso. Il problema sta a monte, nel fatto che non esiste alcuna legge che consenta di regolarizzare l’attività manifatturiera in una fabbrica recuperata in assenza del titolo di possesso dei locali della fabbrica medesima. E questo è un problema che va affrontato, perché come dicono gli stessi lavoratori della Rimaflow  “l’obiettivo principale in questi anni è stato quello di trovare tutte le forme possibili per regolarizzare lavoratrici e lavoratori, per superare volontariato e lavori al limite del nero, per garantire sicurezza previdenziale, sociale, sul lavoro”. Ed è anche per questo che oggi sono così tante le realtà e le persone che sono disposte a metterci la faccia per sostenere Rimaflow.