Società

Libera e la querela al giornalista modenese, forse è il caso di ripensarci

È opportuno che chi si voca a denunciare la latitanza politica e istituzionale che ha permesso alle mafie di radicarsi nel tessuto economico e sociale emiliano romagnolo, prenda consulenze da amministrazioni che sulla lotta alla mafia hanno dormito per troppi anni? Come si concilia la guerra senza quartiere contro la malavita organizzata – condotta spesso in solitudine da Libera – e la necessità di avere mani libere con una parziale dipendenza economica di Enza Rando – numero due di Libera stessa – dalla politica, dal Pd in particolare?

Erano quesiti, questi, che si poneva e rivolgeva ai propri lettori Giuseppe Leonelli, direttore del quotidiano modenese Prima pagina – chiuso un anno e mezzo fa dal renzianissimo costruttore Dino Piacentini, finanziatore ed editore delle disastrose avventure editoriali del Pd – mettendo in fila, in un pungente articolo, la serie di incarichi ottenuti dalla Rando da altrettante amministrazioni piddine in Emilia Romagna. Domande che sono costate care a Leonelli, querelato da Libera. E che scatenarono una reazione violenta da parte della Rando e della sua associazione. Al punto che Leonelli, di cui sono note le battaglie all’insegna della legalità e trasparenza nelle Istituzioni, venne addirittura accusato da un dirigente locale di Libera di essere un fiancheggiatore delle mafie.

Al tempo in cui avvenne lo scontro, la Rando siedeva già nel Cda della potente Fondazione cassa di risparmio di Modena targata Pd e risultava aver ottenuto dalla Regione del presidente Pd Stefano Bonaccini una consulenza da 25mila euro per l’”armonizzazione e semplificazione fra la normativa regionale e nazionale in materia di legalità”. Nel 2014 aveva avuto un incarico annuo da 20mila 400 euro da Sorgea, la multiulity che offre servizi acqua e gas in alcuni Comuni della bassa modenese e del bolognese. E ancora: attraverso il suo rinomato studio legale (di cui è contitolare con l’avvocato Pietro Gurrieri, da dicembre 2014 vicepresidente nazionale di Avviso pubblico) ha fatto consulenze per la Provincia di Modena (per esempio 96mila euro nel 2010 e 25mila 168 euro nel 2013 per “supporto al Rup sulle espropriazioni”) e per migliaia di euro per diversi comuni ed enti modenesi (a Nonantola fu per 49mila euro responsabile unico del secondo stralcio della variante alla strada provinciale) ed emiliani (tutti amministrati dal Pd).

Per quell’articolo Prima pagina e il direttore Leonelli vennero accusati, come abbiamo detto, di essere “oggettivamente al fianco delle mafie”.

Quelle parole, di palese attacco alla libertà di informazione, potrebbero costare care a Libera. “L’accostamento, dedotto in termini di assolutezza, tra chi attacca Enza Rando ed il porsi oggettivamente al fianco delle mafie costituisce con tutta evidenza una lesione dell’onore e della reputazione del destinatario di tale valutazione, in ragione del noto disvalore attribuito alle organizzazioni criminali ed ai relativi fiancheggiatori, cui il Leonelli risulterebbe ascritto semplicemente per aver redatto una inchiesta giornalistica, con argomentazioni la cui fondatezza non è lecito esaminare in questa sede”. Con queste motivazioni il 4 luglio scorso il Gip di Modena Salvatore Romito ha invitato il Pm a formulare l’imputazione per il reato di diffamazione nei confronti del referente di Libera Modena Maurizio Piccinini. 

La vicenda non ha lasciato indifferente l’Associazione stampa modenese, che nei giorni scorsi, attraverso il suo presidente Roberto Righetti, ha così commentato: “Non si può dare del mafioso a un giornalista solo perché ha scritto cose che possono aver dato fastidio. Mi pare sia questo il senso del provvedimento del Gip di Modena. E mi pare sia un principio più che condivisibile [… ] A prescindere dal merito della vicenda e di quell’inchiesta giornalistica è evidente come l’intervento del giudice in questo caso vada a tutela della libertà di esercitare la professione giornalistica [… ] Il legittimo diritto di critica, insomma, non può essere esercitato in questo modo – conclude Righetti – andando a ledere il diritto di cronaca“.

@albcrepaldi