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Incendi Grecia, il racconto dei superstiti: “Come Pompei, le fiamme ci bruciavano la schiena. Il mare l’unica via di fuga”

Nella notte tra lunedì e martedì, il muro di fiamme che si è mangiato questo pezzo Grecia ha percorso 20 chilometri in mezz'ora. Nella voce dei sopravvissuti e dei soccorritori, il dramma di quelle ore. Molti si sono buttati in mare, altri hanno trovato la scogliera che li ha bloccati e, costretti a tornare indietro per cercare un’altra via di fuga, non ce l’hanno fatta

Auto bruciate, case distrutte, alberi bruciati, cadaveri. Il piccolo villaggio di Mati, amato dagli ateniesi per le loro gite fuoriporta, non esiste più. La cittadina, nella regione di Rafina, nell’Attica, è la più colpita dagli incendi in Grecia e si conta il maggior numero di vittime, morte nelle loro case o nelle auto. Il fumo avvolge tutto ciò che rimane ed è un disastro. “Non solo perché è difficile respirare, ma anche perché è impossibile tenere gli occhi aperti”. Lefteris Stoukogeorgos è stato fortunato perché può raccontarlo. È sopravvissuto alla carneficina: oltre 70 morti in ventiquattr’ore sulle colline dell’Attica, inghiottite dalle fiamme. Anche Kostas Laganos ha trovato la salvezza, “grazie al mare, l’unica via di fuga mentre le fiamme ci bruciavano la schiena”. Mentre i soccorritori raccontano alle tv greche di scene strazianti, tra corpi carbonizzati e ultimi tentativi di proteggersi abbracciandosi, come a Pompei.

Nella notte tra lunedì e martedì, il muro di fiamme che si è mangiato questo pezzo Grecia ha percorso 20 chilometri in mezz’ora e “numerosi elicotteri della Marina militare, insieme a tanti volontari, stanno cercando di capire se c’è ancora qualcuno da salvare“, spiega Lefteris. “In quell’inferno – aggiunge – è impossibile per le persone orientarsi e quindi mettersi in salvo”. Così “molti sono fuggiti verso le spiagge e si sono buttati in mare“. Altri ancora che hanno cercato di salvarsi dalle fiamme, hanno trovato la scogliera che li ha bloccati e, costretti a tornare indietro per cercare un’altra via di fuga, non ce l’hanno fatta. Uno dei soccorritori, Vassilis Andriopoulos, descrive lo scenario che si è trovato davanti “macabro come quello di Pompei“. Sono stati trovati i corpi di due donne abbracciate ai loro bambini, completamente carbonizzati. Senza via di scampo, con il fuoco che sopraggiungeva, in quell’abbraccio c’era “un ultimo tentativo di proteggersi“, racconta.

I superstiti arrivano al pronto soccorso completamente ricoperti di fuliggine, disperati, terrorizzati e disorientati. “Chiedono aiuto, raccontano di come sono riusciti a salvarsi lasciandosi alle spalle la loro casa completamente distrutta“, dice Andrea Piskopakis, un medico dell’ospedale Kat, a nord di Atene, dove continuano ad arrivare feriti. “In poche ore sono arrivate diverse decine di persone solo nel nostro ospedale – spiega ancora il medico – Di queste, alcune sono intubate in terapia intensiva“. È il caso di un’intera famiglia ricoverata a Kat: un padre di 56 anni, “in gravi condizioni”, arrivato assieme alle sue due figlie di 11 e 13 anni. Anche una di loro è in gravissime condizioni.

Davanti a quelle colline che scendono verso la costa, l’unica salvezza: il mare. Kostas ha ripercorso la sua fuga davanti alle telecamere della Bbc, mentre le fiamme “ci stavano inseguendo fino in acqua“. Il fuoco “ci ha bruciato la schiena e ci siamo tuffati in acqua”. Ma non sempre chi si è buttato tra le onde cercando riparo ha trovato la salvezza: sono cinque i corpi degli annegati rinvenuti in mare dai soccorritori. Tra questi sono stati identificati una donna polacca e il suo bambino.