Cronaca

Agenzia dogane: gli indagati per truffa in concorso tutti promossi. Soltanto chi denuncia viene escluso dalle graduatorie

Domani il Consiglio di Stato è chiamato a decidere sul concorso arcitruccato del 2015, dove ai candidati venivano date le tracce in Gazzette "infarcite". Dopo la chiusura indagini si scopre che chi ha sollevato lo scandalo è stato escluso dalle graduatorie (pur avendo un punteggio altissimo) mentre gli indagati hanno fatto carriera. I vertici dell'Agenzia usavano il sistema Serpico a fini privati per verifiche a carico di familiari, colf e affittuari

Un bestseller così neppure sotto l’ombrellone. Ci sono i candidati che passano un concorso senza neppure aprire un libro, perché si presentano con Gazzette e Regolamenti europei “infarciti” delle tracce d’esame dispensate dagli stessi che l’hanno bandito. E non vengono mica cacciati o retrocessi bensì promossi, diversamente da chi li ha denunciati. Dalle annotazioni della polizia giudiziaria agli atti dell’inchiesta della Procura di Roma si scopre anche che non una ma tutte e 18 le tracce che dovevano andare a sorteggio erano nel pc del segretario e del direttore dell’Agenzia delle Dogane sicuramente già otto giorni prima della prova. E di come il segretario particolare fosse sovente “distratto” dal consultare il sistema Serpico a fini privati per verifiche a carico di familiari, colf e affittuari del proprio direttore. Di sicuro è denso di sorprese l’ultimo capitolo di quello che qualcuno ha già titolato “Romanzo doganale”, la storia che gira attorno alla selezione che si è svolta nel 2014 per nominare 69 dirigenti in una delle tre agenzie fiscali italiane, l’Agenzia delle dogane, appunto. La direzione attuale, che pure conosce le 4mila pagine dell’inchiesta penale depositate anche al Consiglio di Stato, zeppe d’elementi invalidanti, ha deciso di non annullare il concorso in autotutela e chiede all’Avvocatura dello Stato di resistere a ricorsi e alle istanze di revocazione. Così, sarà domani proprio il Consiglio di Stato a decidere su uno dei concorsi più farlocchi d’Italia. Ecco la sua storia, comprese le ultime perle.

Il primo capitolo
La procedura di selezione fu indetta (anche) per regolarizzare il personale dirigente assunto senza concorso, come sentenziato dalla Corte Costituzionale nel 2015. Nacque sotto i peggiori auspici: già il 22 luglio 2015, vale a dire appena dieci giorni dopo gli scritti, fioccavano interrogazioni parlamentari per chiedere lumi su sospette irregolarità, rafforzate dal fatto che le due tracce del concorso fossero identiche ad un corso di formazione e ad una circolare del commissario interno della commissione, il dottor Alberto Libeccio. Prima ancora degli orali, alcuni concorrenti aveva già fatto ricorso. L’amministrazione doganale resiste, il Tar dà loro ragione e annulla tutto, rilevando come dalle carte emergesse che era stato violato il principio della correzione collegiale: in pratica un solo commissario, proprio il commissario interno, aveva corretto i compiti. Il Tar affermava già allora che l’Agenzia delle Dogane non “aveva dato prova di affidabilità”. Ma era solo l’antipasto. Le Dogane, nonostante già avesse la certezza che alcuni avevano copiato, come si evince dagli atti del Tar, fanno ricorso al Consiglio di Stato che conferma la sentenza, ma parzialmente: bisogna ricorreggere tutti i compiti dei non idonei. Fino al 21 settembre 2016, quando arriva la Procura di Roma.

Arriva la Procura
I carabinieri di via Inselci, inviati dal procuratore Mario Palazzi, perquisiscono la direzione generale delle Dogane e dei monopoli a partire dalla segreteria del direttore generale. Le accuse? Quella principale di avere contraffatto Gazzette Ufficiali e Regolamenti europei al fine di inserire all’interno le prove già svolte da recapitare a chi doveva vincere quel concorso. I Carabinieri ricostruiscono, sulla base delle prove acquisite, la vicenda e consegnano al magistrato varie relazioni. Dai sequestri informatici è risultato che nei computer del segretario particolare del dg Giuseppe Pelaggi, Paolo Raimondi, ben prima che le prove di esame si svolgessero vi erano tutte, ma proprio tutte, le tracce (e relativi svolgimenti) che i commissari hanno affermato d’aver tenuto segrete (anche agli altri commissari) fino al giorno degli esami; vanificando di fatto l’estrazione a sorteggio della traccia. Su pc e chiavette sono stati trovati anche i quiz delle prove preselettive con le relative risposte. Il 28 novembre 2017 vengono avvisati gli indagati della conclusione delle indagini. Hanno ruoli e nomi di peso. Le accuse sono gravi. Le prove schiaccianti, come dimostrano in particolare le annotazioni dei carabinieri di marzo e di novembre 2017.

Tra gli indagati, tutti i commissari come quel commissario interno, direttore di livello Generale a capo delle Regioni Campania e Calabria delle Dogane e dei Monopoli, Alberto Libeccio e Enrico Maria Puja, presidente della commissione, già Direttore Generale per la vigilanza sulle Autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per vie d’acqua interne viene promosso a Direttore Generale per le Infrastrutture ed il Trasporto Ferroviario.

Ma il concorso non viene annullato. Tra le mura di via Carucci inizia a farsi largo il sospetto che la direzione attuale, sotto la guida di Giovanni Kessler, non voglia tagliare i ponti col passato. Nel frattempo, infatti, sono proseguiti favoritismi verso alcuni indagati e discriminazioni contro altri e contro i ricorrenti più esposti.

Promozioni e rappresaglie
A fine 2017 l’Agenzia delle Dogane avvia una prova selettiva per la promozione di 372 “sviluppi economici” sull’intero territorio nazionale per passare dalla fascia retributiva F5 alla F6. Basta scorrere i nomi per trovare una sfilza di indagati promossi. Edoardo Mazzilli, capo dell’Ufficio investigazione centrale dell’Antifrode delle Dogane. Giovanni Mosca a capo dell’Ufficio Aeo che rilascia il certificato di affidabilità alle aziende che hanno rapporti con le Dogane. Marco Falconieri, all’epoca all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato. Francesco Natale, Ernesto Carbone, Giuseppe Sabatino, Saverio Marrari.

Manca tra i promossi il nome di Lucio Pascale, il candidato che aveva iniziato a denunciare i sistemi di attribuzione degli incarichi dirigenziali già dal 2015 e che si è autodenunciato (anche se lui non aveva portato i testi contraffatti all’esame) rendendo di pubblico dominio i brogli effettuati nel concorso. Anche Pascale aveva partecipato alla procedura interna per le progressioni ma sebbene fosse classificato tra le prime posizioni (93esimo su 700) è stato escluso dalle graduatorie a maggio. La motivazione? Era coinvolto nel procedimento penale legato al concorso. Come gli altri indagati che però sono stati promossi tutti, ma proprio tutti; quasi che il peso di una indagine a proprio carico valesse solo per chi ha denunciato i fatti illeciti. Lo stesso Pascale ha poi denunciato di essere stato vittima di altre ritorsioni e di ben quattro procedimenti disciplinari, nonostante la legge Anticorruzione esplicitamente preveda la sua tutela in qualità di denunciante. Non è l’unico caso.

Dagli atti dell’inchiesta si scopre, ad esempio, come un altro dipendente, uno dei funzionari sia stato oggetto di una mail spedita dal proprio direttore interregionale al suo dirigente nella quale afferma per iscritto che sia persona “non affidabile” e non degna di fiducia per avere fatto ricorso per il concorso. Ed è la stessa che subisce discriminazioni ed un procedimento disciplinare per aver parlato con la trasmissione Report. Sembra che chi denuncia non debba essere più considerata persona di fiducia per l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la minaccia è chiara nella mail: se non ci si adegua chi viola il principio “se ne assumerà anche le conseguenze”. Mentre gli indagati mantengono le loro posizioni di privilegio nell’amministrazione e nemmeno vengono rimossi dagli incarichi come prevederebbe la legge, i denuncianti subiscono procedimenti disciplinari e altre ritorsioni.

Usare Serpico e trovare la colf
Dall’indagine risulta anche altro. Fuori concorso, diciamo. Il segretario Raimondi è indagato perché “con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, abusivamente si introduceva con plurimi accessi nel sistema informatico di interesse pubblico denominato Ser.Pi.Co, protetto da misure di sicurezza, con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti la funzione, al fine di reperire informazioni di interesse privato”. Quali? In un’annotazione dei carabinieri di marzo 2017 si dà conto del materiale reperito nel suo pc. Emergono consultazioni “relative ad adempimenti fiscali della famiglia Peleggi, altri relativi alla sfera privata di quest’ultimo come la gestione del condominio, contratti di locazione”. Dal 2011 al 2015 spuntano file di interrogazioni abusive, tra le quali visure di immobili privati, verifiche del possesso del permesso di soggiorno degli inquilini bulgari affittuari di un’immobile di proprietà del direttore, nonché della domestica filippina. Per queste cose, il riscontro di regolarità pare essere stato certosino.