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I bambini di Trump, alla frontiera Usa-Messico si assiste al regresso della storia

di Renato Foschi* 

Stanno facendo molto rumore le immagini e i suoni dei pianti e dei lamenti dei bambini separati dai genitori fuggiaschi che tentano di entrare nelle frontiere a sud degli Stati Uniti. I bambini vengono separati dai genitori che sono incarcerati per il tempo necessario alla giustizia americana, settimane o mesi, per giudicare i genitori e decidere se respingere il loro ingresso. I bambini vengono tenuti in veri e propri recinti come gli animali domestici nella società contadina. Immagini che scuotono le coscienze del pianeta.

L’amministrazione conservatrice americana la chiama politica della tolleranza zero contro cui si sono levate le voci critiche dei democratici. Per giunta anche Melania Trump ha invitato il marito a governare con “ il cuore” e Laura Bush ha definito crudele la politica della tolleranza zero. Mr. Trump dal canto suo agita lo spauracchio dell’emigrazione in Europa come giustificazione di questa politica di difesa dei confini degli Usa.

Siamo tornati indietro a un tempo in cui i bambini erano considerati esseri inferiori, con una coscienza ristretta, più vicini al mondo animale che a quello dell’adulto. A quel tempo un bambino si poteva trattare come se non risentisse psicologicamente del modo con cui gli adulti si rapportavano. Solo con la formazione degli stati liberali e delle repubbliche in Europa, ma anche negli Usa, i politici sono stati costretti a occuparsi di infanzia. Avevano bisogno di formare ed alfabetizzare i cittadini che avrebbero rappresentato.

I bambini sono diventati così, solo in tempi recenti, soggetti della storia. Furono soprattutto le donne ad occuparsi di difendere i loro diritti legandoli al destino delle lotte per i propri stessi diritti. Dalla società maschile si è quindi “lentamente” passati ad una società più aperta e democratica, progressivamente sensibile alle istanze dei bambini, delle donne, e poi dei neri e ancor più recentemente degli omosessuali.

La scienza ha iniziato in questo contesto ad occuparsi di infanzia fra Ottocento e Novecento. La pedagogia da disciplina filosofico-morale è divenuta via via disciplina scientifica e positiva. Ma soprattutto la psicologia deve molto ai bambini. Si può affermare che forse l’intero corpus di conoscenze psicologiche si è costruito intorno al bambino. Sono veramente innumerevoli i pedagogisti, gli psicologi dell’infanzia, i neuropsichiatri infantili italiani che si sono occupati in modo rivoluzionario del mondo del bambino.

I bambini però hanno continuato, anche in tempi recenti, ad essere sfruttati e istruiti per divenire, giovani adulti, carne da macello durante la prima e la seconda guerra mondiale, buoni consumatori o giovane forza lavoro all’epoca dei mercati globalizzati ed in questi giorni, merce di scambio fra democratici e repubblicani, affinché negli Usa sia approvata una legge restrittiva sull’immigrazione. Il doppio volto della modernità.

La psicologia può aiutarci? Esiste una mole assai rilevante di lavori empirici che dimostrano “in modo indiscutibile” che la relazione con i caregivers è fondamentale per la crescita di individui sani, sia dal punto di vista fisico che psichico. Una tradizione di studi iniziata tragicamente con le osservazioni degli effetti delle separazioni dei bambini dalle famiglie, durante i bombardamenti nazisti in Inghilterra.

Gli stati liberali avrebbero quindi sia la cultura che tutto l’interesse a non traumatizzare i bambini e a favorire un’infanzia sufficientemente buona e a misura di bambino per i loro futuri cittadini, mettendo in campo politiche che, se nel qui ed ora sembrano dispendiose, alla lunga producono benefici effetti in termini di prevenzione e di crescita di una umanità creativa e non distruttiva.

Al contrario, pare proprio che tutta la mole enorme di ricerche, osservazioni e teorie sull’infanzia nulla possa di fronte a concezioni tradizionali dei ruoli nella società e alla politica conservatrice contemporanea che mostra un volto più legato allo sfruttamento dei bambini in uso nei regimi illiberali, piuttosto che all’attenzione e alla promozione del mondo infantile mostrata dai molti politici, umanisti e scienziati, padri fondatori delle democrazie europee e statunitensi.

Siamo di fronte ad una potente reazione conservatrice e tradizionalista contro quel processo di apertura e di rivoluzione iniziato nel Settecento e a cui non si potrà certamente far fronte solamente chiedendo ai politici attuali di governare con il “cuore”.

Psicologo e psicoterapeuta