Politica

Governo, la crisi non è un reality ma un serial. E non è finita qui

Qualche giorno fa Peppino Ortoleva, sul secolo XIX, ha paragonato la crisi politica che va in onda da tre mesi a un reality. Mi permetto di correggerlo: sempre di spettacolo si tratta, ma qui si parla di un serial. Come le serie televisive, questa ha avuto protagonisti vecchi e nuovi (il Presidente, lo Spread, la Strana coppia Salvini&Di Maio, i Professori), continue svolte, incredibili colpi di scena. Per tre mesi, nei bar, sugli autobus, negli uffici, non s’è parlato d’altro. Anche chi ha sempre guardato alla politica con una distanza che rasenta l’estraneità, come il sottoscritto, ha fatto il tifo pro oppure contro l’uno e l’altro protagonista. Insomma, si è fatto prendere dallo show, che ha degnamente sostituito i mondiali di calcio. E ora, cosa faremo, noi poveri telespettatori?

Tranquilli, lo spettacolo continuerà. Il successo di pubblico riscosso dalla crisi – sul successo di critica stendiamo un velo pietoso – è stato tale da richiedere inevitabilmente un sequel: un prequel no, sarebbe oggettivamente troppo. Basta vedere, nell’ultima puntata, quel che è successo subito prima e subito dopo il gran finale. Subito prima, una possibile comprimaria, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, è stata esclusa dal gioco per il niet dei Cinquestelle. Dunque, il nuovo governo avrà una maggioranza di sei seggi al Senato: sicché il serial virerà definitivamente verso il thriller.

È facile pensare, insomma, che i provvedimenti proposti dal M5S non avranno vita facile. D’altronde, chi si fida più di un Di Maio che cinque minuti prima chiede l’impeachment del presidente della Repubblica, e cinque minuti dopo torna al Quirinale come se niente fosse? Andrà più liscia, invece, per i provvedimenti proposti dalla Lega, i cui migliorati rapporti con Forza Italia sono documentati dalla scelta per l’Economia di Giovanni Tria, già consigliere del forzista Renato Brunetta. Pure qui: tutto questo casino sul professor Savona, milioni di risparmio degli italiani buttati nel cesso, e poi si prendono paura e tornano all’ovile? Ah, se al Quirinale ci fosse una Matilde di Canossa, a farli aspettare entrambi in una saio, per giorni, nella neve.

Subito dopo il gran finale, invece, sono state diffuse le incredibili dichiarazioni di Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea. In mancanza di un cattivo (nella sceneggiata napoletana: o’ Malamente) ha voluto assumersi lui il ruolo: dicendo di noi italiani cose peggiori di quelle dei peggio giornali tedeschi. Facendogli persino un favore, alla nuova maggioranza, arrivata stressata e incrinata alla meta: ma che ora si compatterà, almeno sino al prossimo incidente di percorso. Cominceranno da provvedimenti simbolici, per passare l’estate e non esporsi a nuove tempeste finanziarie. Poi si vedrà, domani è un altro giorno.

E non stiamo neppure a confrontare la squadra che era pronto a mettere in campo il professor Cottarelli – molto più in parte, nel suo cammeo, di quanto fosse l’avvocato del popolo nel suo – con quella, più raccogliticcia, messa in campo dal professor Conte. Basti dire che entrambe sono piene di tecnici, e che questi sono mediamente migliori dei politici: primo fra tutti lo stesso Salvini agli Interni, un vero azzardo, altro che il professor Savona. Detto questo, la soluzione del governo politico resta comunque migliore di quella del governo tecnico, con lo spettro delle elezioni fra tre mesi. Ringraziamo dunque gli sceneggiatori per questo provvisorio happy end e aspettiamo il sequel, con un mano sul telecomando e l’altra non vi dico dove.