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L’Islam non è un monolite. Qualcuno lo spieghi ad Angelo Panebianco

E’ una storia che racconto sempre. Mohamed, detto Mimmo, negli anni novanta vendeva le sigarette di contrabbando davanti al supermercato sotto casa. Il suo orario di lavoro? Otto del mattino – cinque di pomeriggio, con un’ora di pausa pranzo: panino con il prosciutto. Lo ricordo bene perché era una presenza fissa, un’icona di quartiere. Allora gli arabi non erano tanti; “Islam” era considerato da molti un Paese, non una religione e lo scontro di civiltà era sul prezzo delle sigarette.

“L’incubo multiculturale” di cui Angelo Panebianco ha parlato ieri, nel suo commento sul Corriere della Sera, era assente. Ma, molto probabilmente, lo è anche oggi. “La società libera – scriveva ieri il prof – si fonda sul principio della separazione fra politica e religione, fra economia e religione, eccetera. Ma nell’Islam queste separazioni non hanno senso. Il che spiega perché le moschee (a differenza delle chiese) non siano soltanto luoghi di culto”.

E’ evidente che a Panebianco serve un amico musulmano, mi candido io, che gli spieghi che l’islam non è un monolite ma è suscettibile a varie interpretazioni, anche personali – vedi Mimmo che mangia il panino con il prosciutto di Parma – e che il suo assunto è, di fatto, sbagliato. Sostenere poi che siano solo le moschee luoghi di proselitismo politico, significa ignorare volutamente che in Italia, la Democrazia cristiana e i suoi eredi, hanno fatto della sacrestia una seconda sede di partito per mezzo secolo. A sostegno di questa visione catastrofista, l’editorialista ricorda che in Belgio “il partito islamico, che si presenterà alle prossime elezioni amministrative, punta ad introdurre formalmente (di fatto, nei quartieri islamici è già operante) la sharia, la legge islamica, cominciando simpaticamente dall’idea di mezzi pubblici di trasporto separati per uomini e donne”.

Mi ricorda Danielona Sanatanchè durante una puntata di Dalla Vostra parte in cui sosteneva che in alcuni quartieri in Italia fosse applicata la sharia e le donne non potessero girare a capo scoperto. Quando le chiesi quali fossero, perché volevo andare a vedere con i miei occhi, tergiversò e cambiò discorso. A voi il giudizio. Tutti gli esempi negativi che cita nel suo articolo – evidenzia il docente – “hanno tutti a che fare con la presenza islamica”. Questi maledetti musulmani, in sostanza, sono incompatibili con una possibile società multiculturale e sono fonte di disgregazione.

Pensare che nella versione francese del popolare talent The Voice ha preso parte una ragazza, Mennel Ibtissem, origine siriana e velo intorno al capo che ha cantato Hallelujah, di Leonard Cohen, ebreo canadese, cominciandola in inglese e finendola in arabo. Un bel mix multiculturale. E la laicissima Francia – società aperta e libera – ha ricorperto di insulti la la giovane, poi costretta ad abbandonare il talent. Ma la solidarietà, per Panebianco e altri, va solo a quelli come Kamal Daoud, scrittore algerino, quando a minacciare sono solo gli islamisti che concretizzano lo stereotipo dell’incompatibilità. Ci vediamo al bar per un campari.