Cronaca

Amministratori sotto tiro, dalla Campania alla Lombardia aumenta il numero di minacce e violenze: una ogni 16 ore

Il rapporto presentato da Avviso Pubblico registra 537 atti intimidatori nel 2017: un aumento del 153% rispetto al 2011. Più della meta al Sud e nelle Isole, ma un'impennata si è verificata anche nella provincia di Milano. Incendi, lettere, aggressioni compiuti sempre più spesso da cittadini comuni, anche attraverso i social network

Minacciati e aggrediti, sempre più anche attraverso i social network e da cittadini non legati a gruppi criminali. Il risultato è che ogni 16 ore in Italia un amministratore locale è vittima di minacce o violenze. In Campania il maggior numero di intimidazioni, mentre nel Centro-Nord il primato spetta alla Lombardia, dove i dati sono preoccupanti. Se nel 2016 i casi sono stati 18, nel 2017 si è arrivati a quota 28. A influire negativamente l’impennata degli atti intimidatori registrati nella provincia di Milano. Lo rivela il rapporto ‘Amministratori sotto tiro’ presentato da Avviso Pubblico. Sono 537 gli atti intimidatori registrati lo scorso anno. Coinvolte tutte le regioni ed è la prima volta dal primo censimento del 2011: da allora i casi sono aumentati del 153 per cento.

COINVOLTE TUTTE LE REGIONI – Il 69% degli atti intimidatori si concentra nel Sud e nelle Isole. La Campania è la regione più colpita con 86 casi (+34% rispetto al 2016). A seguire la Sicilia con 79 episodi. Al terzo posto la Calabria, prima regione per intimidazioni nel 2016, e la Puglia, che fa segnare nel 2017 una recrudescenza del fenomeno, con 70 casi registrati. Quinto posto per la Sardegna, con 48 intimidazioni. Al sesto posto la Lombardia, con 28 casi, è la prima Regione del Centro-Nord, davanti a Lazio (24), Piemonte (21), Emilia-Romagna (20) e Veneto (19). A parte il Lazio, dove il dato è sostanzialmente stabile, in tutte queste regioni si è registrato un sensibile aumento delle intimidazioni. A livello provinciale, nel 2017 i territori più colpiti sono stati le province di Napoli (34 casi) e Avellino (22 casi), seguite da Reggio Calabria, Siracusa e Cosenza (18 casi ognuna), Roma e Foggia (17 casi), Milano e Bari (16 casi).

IL CASO DI MILANO E DELLA LOMBARDIA – La provincia di Milano entra così nella graduatoria delle dieci più bersagliate del Paese. I casi censiti hanno coinvolto il capoluogo e altri dieci Comuni. Un geometra, dipendente comunale di Busto Garolfo, è stato minacciato con una pistola da un cittadino contrariato per il costo di una sanatoria edilizia. Una lettera minatoria è stata inviata a Pierfrancesco Majorino, assessore al Welfare del Comune di Milano. Analoga missiva, con insulti e minacce di morte, è stata recapitata al sindaco di Cusano Milanino per aver firmato il Protocollo sull’accoglienza dei profughi e richiedenti asilo. Il tema del malcontento legato alla presenza degli immigrati è alla base di un alto numero di minacce. Il fenomeno ha coinvolto in Lombardia altre sei province. Da segnalare l’incendio doloso che a Uboldo (Varese) ha distrutto sei auto di proprietà comunale danneggiando anche quella del segretario comunale,, ma anche le lettere con minacce di morte e un proiettile destinate all’architetto Franco Varini, consigliere comunale a Mortara (Pavia), come l’incendio dell’auto di Luca De Marchi, consigliere comunale di Mantova. Non è un caso se la Commissione Parlamentare Antimafia, nella relazione conclusiva delle attività svolte nella XVII legislatura, ha scritto: “Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta possono essere considerate ad oggi le regioni più esposte all’aggressione delle organizzazioni mafiose”. Soprattutto in Lombardia dove, scrive sempre la Commissione “in tutte le province la ‘ndrangheta riveste una posizione di vertice, di controllo territoriale secondo il modello tipico realizzato in Calabria”. Una posizione mai sfociata in assoluta egemonia, ma che “ha lasciato spazio all’operatività di altri sodalizi, italiani e stranieri, in forza di una sorta di ‘patto criminale’ che permette lucrose attività illecite sia alla mafia siciliana che ai clan della camorra campana”.

UNA MINACCIA SU QUATTRO NON HA MATRICE CRIMINALE – Avviso pubblico ha però registrato un aumento costante dei casi in cui non sono le mafie o altre organizzazioni criminali a colpire, “quanto singoli cittadini o gruppi di essi, che sfogano il proprio disagio e, in alcuni casi, i propri istinti più bassi, verso il politico e il dipendente pubblico fisicamente più raggiungibile”. Fra queste minacce e intimidazioni non criminali – 146 in totale nel 2017, un caso su quattro – un terzo trae origine dal malcontento suscitato da una decisione amministrativa sgradita, un altro 23% è riferibile ad un vero e proprio disagio sociale, come la richiesta di un sussidio economico o di un posto di lavoro. L’11% si riferisce invece a casi di ‘violenza politica’, in un periodo storico in cui in Italia alcuni estremismi dal sapore antico sono tornati a farsi sentire su alcuni territori del Paese. “Nel 21% dei casi – spiega il rapporto – la possibilità di accogliere degli immigrati o una loro presenza sul territorio, percepita come eccessiva da parte della popolazione, ha creato tensioni che sono sfociate anche in intimidazioni e minacce”.

CHI VIENE MINACCIATO – Il 76% delle intimidazioni censite nel 2017 sono state di tipo diretto (+4% rispetto al 2016): amministratori locali e personale della pubblica amministrazione sono stati presi di mira in prima persona. Nel 24%, invece, sono stati colpiti municipi, uffici e strutture di proprietà comunale o sono state distrutte e danneggiate strutture e mezzi adibiti al ciclo dei rifiuti, a servizi sanitari, idrici, elettrici e del trasporto pubblico. Rispetto al 2016, lo scorso anno sono aumentate in percentuale le minacce e le aggressioni nei confronti del personale della pubblica amministrazione (+3%). Tra i soggetti maggiormente presi di mira da minacce e intimidazioni dirette si confermano gli amministratori locali (65% dei casi). Tra questi, in particolare i sindaci (61%), seguiti dai consiglieri comunali (20%), assessori (10%) e vicesindaci (6%). Il 72% del numero complessivo di intimidazioni è avvenuto in Comuni medio-piccoli, con un numero di abitanti inferiore ai 50mila. Sono 49 – il 16% del totale – i Comuni coinvolti che, in un passato più o meno recente, sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa.

DAGLI INCENDI ALLE MINACCE VIA SOCIAL – La tipologia di minaccia più utilizzata fra i 537 casi registrati nel 2017 si conferma l’incendio, con una incidenza percentuale in calo rispetto al 2016 (dal 33% al 28%). Seguono lettere, biglietti e messaggi minatori (13% dei casi), aggressioni fisiche (10,5%), danneggiamenti di strutture o mezzi (10%), minacce verbali o telefonate minatorie (9%). Scala questa specifica classifica l’utilizzo dei social network, passato dal 3% del 2016 al 9% del 2017. “La piazza virtuale – spiega il rapporto – rappresentata principalmente da Facebook, è progressivamente diventata lo sfogatoio di frustrazioni personali, disagio e malcontento sia per questioni socialmente rilevanti sia per decisioni prese dagli amministratori locali”.

LA NUOVA LEGGE A TUTELA DEGLI AMMINISTRATORI – Il 22 giugno 2017, a conclusione di un lungo iter parlamentare, la Camera dei deputati ha definitivamente approvato la legge 105 del 2017 ‘Norme a tutela dei Corpi politici, amministrativi o giudiziari e dei loro singoli componenti’, che inasprisce le sanzioni per gli atti di intimidazione nei confronti degli amministratori locali e dei componenti degli organi politici. La legge modifica anche il Testo unico sulle elezioni degli organi comunali, per garantire una specifica tutela per i candidati alle Elezioni amministrative e rinvia a un decreto del Ministero dell’Interno la composizione e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, già istituito con decreto del Ministro dell’Interno il 2 luglio 2015.