Attualità

Torino, marcia Artom a 80 anni dalle leggi razziali: “Raccogliamo documenti inediti sulle discriminazioni di quegli anni”

“La marcia di quest’anno assume una valenza particolarmente rilevante, nell’80° anniversario delle infami leggi razziste. Siamo tutti chiamati a interrogarci sul significato della lotta di Artom e della nostra memoria oggi, al riemergere di oscurantismi e fanatismi che ci illudevamo fossero stati definitivamente sconfitti”. A parlare è spiega Dario Disegni, presidente della Comunità Ebraica di Torino, che spiega il senso della marcia Artom di quest’anno, nel ciclo di manifestazioni previste a Torino per gli 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali.

Si parte alle 11 dalla Stazione di Porta Nuova (lapide ai deportati presso il binario 17) con arrivo in piazzetta Primo Levi e al termine sono previsti gli interventi delle autorità e degli studenti, seguiti da un momento musicale. Una marcia, organizzata dalle Comunità Ebraiche di Torino, Casale e Vercelli e dalla Comunità di Sant’Egidio, in memoria di Emanuele Artom, giovane partigiano ebreo catturato in Val Germanasca (Torino) e morto alle Carceri Nuove a causa delle torture.

Nell’ambito delle iniziative previste per l’anniversario, l’obiettivo è quello di realizzare un progetto diffuso da aprire a tutta la città mirato a raccogliere documenti inediti da tutte le istituzioni pubbliche e private che furono coinvolte nel processo discriminatorio negli anni del fascismo. Documenti che molte di loro non hanno mai avuto i mezzi o l’occasione di condividere.

Il progetto 1938-2018. A 80 anni dalle leggi razziali, aperto al contributo di istituzioni e cittadini, durerà fino in autunno ed è promosso dal Polo del ‘900, dall’Università e dalla Comunità Ebraica “nella prima città che ha avviato la ricerca sistematica sulla deportazione. Colpisce – sottolineano i promotori – la sproporzione tra l’ampiezza del periodo trascorso dalla svolta antiebraica di Mussolini e la dimensione limitata della consapevolezza formatasi nell’insieme del nostro Paese, riguardo alle corresponsabilità delle istituzioni e di una parte della società italiana nella persecutoria di quegli anni”.