Diritti

Lampedusa, il Viminale chiude l’hotspot: quasi 200 migranti trasferiti. Le associazioni: “Condizioni disumane”

La decisione del ministero dopo il sopralluogo e le denunce di varie associazioni. Al momento ci sono circa 180 migranti da trasferire. Gli ospiti restano nella struttura per molte settimane se non mesi (anziché 24-48 ore).

La delegazione di avvocati, ricercatori e mediatori culturali di varie associazioni che aveva visitato il centro aveva parlato di “condizioni di vita drammatiche e sistematiche violazioni dei diritti umani“. Ora, 4 giorni dopo, il ministero dell’Interno ha deciso di svuotare e chiudere l’hotspot di Lampedusa per consentire “lavori di ristrutturazione“. Proprio oggi era intervenuta anche la Croce Rossa che aveva spiegato di aver “più volte denunciato alle autorità competenti i tempi eccessivi di permanenza delle persone accolte: il centro di Lampedusa dovrebbe infatti prevedere una permanenza effettiva di 24/48 ore mentre nella realtà i tempi vanno molto oltre fino a toccare picchi di molte settimane se non mesi“. La situazione, continua la Croce Rossa, “sta determinando gravi criticità” perché il centro “non è strutturato per un’accoglienza di lungo periodo” e quindi questo provoca “conseguenze negative sul profilo qualitativo dell’accoglienza”. Per questo l’associazione chiedeva “un rapido ed efficace intervento”. Nel centro, secondo le associazioni, ci sono 180 migranti, di cui 165 maschi adulti soli. Per il sindaco Totò Martello gli ospiti sono 139.

Per questo un vertice tra gli uffici del ministero dell’Interno e il sindaco Martello ha deciso il “progressivo e veloce svuotamento” e la “chiusura temporanea” dell’hotspot dell’isola per i lavori di adeguamento a partire da quelli già programmati per la recinzione, i locali mensa e la videosorveglianza. In caso di emergenza, dunque, il centro sarà utilizzato solo per le operazioni di primissimo soccorso ed identificazione prima della distribuzione sul territorio dei migranti soccorsi.

Inadeguata era di sicuro quando una delegazione di avvocati, ricercatori e mediatori culturali di Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili, Associazione studi giuridici sull’immigrazione e IndieWatch ha visitato il centro e ha raccolto numerose testimonianze dei migranti che si trovano lì da oltre due mesi, ben oltre i termini di legge che sarebbero di 24-48 ore. “Nell’hotspot – hanno raccontato Gennaro Santoro di Cild e Giulia Crescini di Asgi – non esiste una mensa e il cibo, che gli ospiti devono consumare in stanza o all’aperto, sia di scarsissima qualità; i water alla turca e le docce sono senza porte e i materassi sporchi e malmessi. Difficoltà esistono poi nel formalizzare le domande di protezione internazionale e ai richiedenti asilo non viene rilasciato alcun titolo di soggiorno, cosa che impedisce agli stessi di lasciare l’isola“. Tra i vari casi quello di una famiglia composta da una minore e i suoi genitori che è stato alloggiata “per molti giorni nello stesso corridoio condiviso con uomini soli”. La donna ha dichiarato di aver subito un tentativo di stupro da parte di un altro ospite della struttura. La figlia ha di conseguenza avuto una sorta di attacco di panico. Per due ore la bambina è rimasta priva di sensi ed è stata accompagnata al presidio sanitario del centro. Le condizioni di sicurezza sono “inesistenti“, aggiunge Fabrizio Coresi di IndieWatch, che determinano “una gravissima lesione dei diritti fondamentali” soprattutto “delle persone più vulnerabili”, in particolare dei bambini”. Per questo i legali delle associazioni hanno presentato un ricorso d’urgenza per un trasferimento immediato.

Proprio l’8 marzo, nella struttura, era scoppiato anche un incendio, i cui segni sono ben visibili nelle foto scattate durante il sopralluogo delle associazioni: pareti annerite, stanza inagibili, vetri rotti. Ma anche materassi di gommapiuma senza lenzuola e sporcizia ovunque, cosa che non dipende dal fuoco. Per tutti questi motivi Cild, Asgi e IndieWatch avevano chiesto che tutti gli ospiti fossero trasferiti in strutture adeguate, chiedendo per il centro di Lampedusa la chiusura immediata, cosa che è avvenuta oggi per decisione del ministero.

Dall’altra parte c’è il sindaco Salvatore Martello: “Vorremo per il futuro augurarci di avere un’isola dove vivere in santa pace – dice – Ricevere per diversi anni l’oppressione costante degli sbarchi e non potere reagire è stato veramente un dramma“. Per Martello “senza centro di accoglienza, Lampedusa non sarà un porto di sbarchi. E si potrà avere un po’ di tranquillità. Nell’ultimo periodo erano aumentati i furti e altri casi di criminalità”. Un elemento che il sindaco (di centrosinistra) ha più volte denunciato anche in passato, non senza polemiche. “Speriamo – continua Martello – che prima di Pasqua a Lampedusa non ci sia più un tunisino. E che non vi siano sbarchi occasionali. Ed è per questo che auspico vengano rafforzati gli accordi con la Tunisia per fare diminuire sempre di più il numero degli arrivi”. Per Martello la decisione del Viminale conferma “quello che sosteniamo da tempo cioè che la struttura così è inadeguata“.