Cronaca

Cisterna di Latina, quello che è accaduto e cosa invece sarebbe potuto accadere

Antonietta poteva essere salvata? Ha fatto i passi giusti per mettere al sicuro se stessa e le figlie? Il giorno dopo il massacro di Cisterna ho voluto approfondire questo aspetto che ritengo molto importante. Lei, da quello che si sa, ha tentato in tutti i modi di salvare la famiglia da quel marito-padrone. Si è rivolta ai Servizi sociali del Comune e nei due incontri con loro, le operatrici hanno capito subito che lui era un possessivo. E che le figlie avevano paura di lui. Non era una che teneva per sé questo doloroso segreto, come fanno molte donne. Lei ne parlava con tutti, sempre in cerca di un aiuto. Ne parlò anche con il parroco che conosceva bene. Come si apprende dai giornali locali, tutti e quattro, infatti, frequentavano la parrocchia di san Valentino: le ragazze l’Azione Cattolica e lei un gruppo parrocchiale. Quando c’erano gli incontri importanti partecipava tutta la famiglia. “Antonietta mi aveva messo al corrente dei loro problemi. Non sembravano cose gravi”, confessa don Livio, addolorato. “Li ho però indirizzati al Consultorio diocesano”. L’hanno ascoltato. Ci sono andati tutti e due. Nel Consultorio diocesano lavorano terapeuti e psicoterapeuti. Hanno capito subito che la situazione era grave e che i buoni consigli sarebbero serviti davvero a poco. Hanno indirizzato quindi la coppia al Centro Donna Lilith di Latina. Un centro antiviolenza con in più una Casa Rifugio.

Al Centro Lilith loro non ci sono mai arrivati.

Che cosa sarebbe successo invece se lei si fosse rivolta al Lilith? Che molto probabilmente capita la gravità della situazione, avrebbero messo subito in protezione la donna e le figlie nella loro Casa Rifugio, mi ha detto la responsabile Daniela Truffo, mentre la intervistavo per Latinacorriere.it La Casa Rifugio, spiega, è un luogo sicuro e protetto in cui le donne che hanno subito abusi e maltrattamenti trovano aiuti concreti, immediati, informazioni e sostegno per la realizzazione di nuove prospettive di vita. Gli obiettivi di questo supporto sono il superamento del senso di impotenza che la violenza lascia e la ricostruzione della propria autostima.

E’ un percorso completamente diverso, sottolinea. La donna e anche i figli minori vengono allontanati immediatamente da tutto e da tutti. E se la donna lavora? Le leggi ci sono e vengono in aiuto delle vittime, dice la Truffo. Basta conoscerle. Le donne lavoratrici, in casi come questi, godono di un permesso di sei mesi.

Per chi entra in una casa rifugio e questa storia aveva tutta l’aria di una protezione rigorosa, si attiva tutto intorno un processo per salvaguardare la donna da problemi che potrebbero vanificare ogni atto. “Noi avremmo chiesto subito ai suoi superiori di togliere l’arma in dotazione. In casi come questi poi, può anche essere sospeso dal servizio. C’è già successo, con una donna. Il marito apparteneva anche lui alle Forze dell’Ordine”.

“Contemporaneamente avremmo avviato una segnalazione alla Procura minorile, perché un madre che accetta di essere allontanata insieme ai figli, potrebbe essere denunciata per sottrazione di minore”, continua.

All’interno della casa Rifugio gli operatori lavorano alacremente per avviare un recupero di tutto quello che si è spezzato. Attraverso la rielaborazione della propria storia, infatti, le donne hanno l’opportunità di comprendere i meccanismi della violenza che hanno vissuto e di sviluppare delle strategie per resistervi in maniera efficace.

Poi ci sono loro, i figli, testimoni della violenza intrafamiliare. Anche con loro è necessario intraprendere un lavoro di rielaborazione del loro vissuto. Un’équipe di operatrici specializzate si prende cura di loro. E con la madre attivano un percorso di uscita dalla violenza. La madre che nel frattempo si è riappropriata della propria autostima e propone un’immagine positiva di sé, torna a rappresentare un punto di riferimento positivo. E insieme riprendono fiducia.

E cosa succede durante questo periodo agli uomini violenti? “Non avendo di fronte le persone da stalkizzare, molti si fermano, altri rallentano, ma c’è anche chi va in cerca di altre vittime. Purtroppo ci si trova di fronte a una enorme carenza perché anche loro dovrebbero essere seguiti. Ma questo accade solo in presenza di figli minori. L’ufficio preposto infatti può intervenire e cercare di orientare “il malato” su alcune strutture. I figli si sa sono il loro problema fisso, e quindi bisogna lavorarci molto. Dicono di volerli proteggere, ma poi li ammazzano”.