Lavoro & Precari

Embraco, slitta l’accordo su 500 licenziamenti. Calenda: “Se non li ritirano sarà un atto di guerra al governo”

Il ministro dello Sviluppo Economico aveva chiesto la cancellazione delle procedure di licenziamento. Nel corso della riunione in prefettura l'obiettivo sembrava essere stato raggiunto, ma ad un certo momento è calato il gelo: i manager hanno fatto capire di dover aspettare una risposta della Whirlpool (che controlla la società) e hanno chiesto altri quattro giorni lavorativi

Un piccolo passo avanti, ma ancora niente di sicuro. Embraco, l’azienda brasiliana che aveva annunciato 497 licenziamenti tra i 527 dipendenti dello stabilimento di Riva di Chieri , in provincia di Torino, potrebbe ritirare questa sua decisione. Dopo mesi di discussioni, scioperi, manifestazioni e dopo l’incoraggiamento di Papa Francesco agli operai (ricevuti ieri in Vaticano), la società che produce compressori per i frigoriferi della Whirlpool ha dato un segnale di apertura finora mai visto. Tutto però è legato a quello che dirà la casa madre prima dell’incontro giovedì a Roma.

La decisione è arrivata la sera di giovedì 8 febbraio dopo l’incontro in prefettura a Torino tra i rappresentanti dell’azienda, quelli dei sindacati Uilm e Fiom e il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda che, prima dell’appuntamento, aveva ribadito di non poter accettare soluzioni diverse dal ritiro dei licenziamenti: “Questa non è una richiesta come governo italiano ma un’imposizione”. Nel corso della riunione l’obiettivo sembrava essere stato raggiunto, ma ad un certo momento è calato il gelo: i manager hanno fatto capire di dover aspettare una risposta della Whirlpool (che controlla Embraco) e hanno chiesto altri quattro giorni lavorativi. “Se ci diranno di no la considereremo una dichiarazione di guerra al governo”, ha dichiarato Calenda al termine dell’incontro.

Il ministro era quasi convinto di tornare a Roma con una firma. Dopo la risposta di Embraco, dunque, non ha mostrato alcuna soddisfazione per i tentativi di apertura dell’azienda, anzi ha spiegato ai dipendenti riuniti in presidio sotto la prefettura che l’esecutivo intende avviare un piano B: “Ho già parlato con il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, per avviare una procedura formale in Europa nei confronti della Slovacchia”. Cioè lo Stato dove Embraco ha il suo stabilimento più grande e dove potrebbe spostare tutto il know-how e i brevetti realizzati in anni di lavoro dell’azienda, fondata a Torino nel 1962, quando la famiglia Agnelli aveva deciso di cominciare a produrre frigoriferi. L’intenzione di Calenda è quella di “verificare se c’è stato un accordo fiscale fra il governo slovacco e l’azienda che può essere discriminatorio. Vogliamo valutare se ci sono gli estremi per una denuncia per gli aiuti di Stato”, ha detto ai lavoratori. Se Embraco confermerà il ritiro dei licenziamenti, “non c’è nulla da festeggiare, la strada è ancora lunga abbiamo rimosso un blocco”.

“Quella decisione dell’azienda è soltanto la condizione necessaria per l’avvio della cassa integrazione. Il passo successivo è la reindustrializzazione dell’area, un progetto complicato”, spiega a ilfattoquotidiano.it Federico Bellono, segretario generale della Fiom Torino. Embraco, però, è un’azienda che negli anni ha avuto molti aiuti di Stato: “Non può andare via così, deve almeno partecipare alla reindustrializzazione”, dice sempre Bellono. “Il ministro è stato intransigente con la Embraco. Ha messo l’azienda con le spalle al muro – dice Dario Basso, segretario generale della Uilm Torino -. Giovedì o l’azienda ritira la procedura, o si profila un periodo molto difficile per tutto il gruppo Whirlpool in Italia”.