Politica

Roma, minisindaca virtualmente sfiduciata: ci sono le firme. M5s temporeggia per arrivare al post elezioni

Arrivano a 13 le sottoscrizioni per mettere fine al mandato di Roberta Capoccioni al vertice del III Municipio. Ora i pentastellati potrebbero scegliere di far dimettere la presidente il giorno prima della discussione, guadagnando altri 20 giorni di tempo (arrivando ai primi di marzo) così da superare la data del voto nazionale e regionale

Roberta Capoccioni, minisindaca del III Municipio di Roma, è virtualmente sfiduciata. È arrivata nel pomeriggio, infatti, la tredicesima firma alla mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni. Decisiva la sottoscrizione di Cristiano Bonelli, ex presidente eletto con la Lista Marchini, che si era preso alcuni giorni di tempo per riflettere. Dopo le dimissioni di Paolo Pace al VII Municipio Garbatella, quello di Montesacro è in ordine di tempo il secondo parlamentino capitolino la cui amministrazione si conclude prima del tempo. Un danno d’immagine anche per il M5s Lazio. La zona nomentana è la roccaforte di Roberta Lombardi, con Capoccioni che è politicamente vicina all’aspirante governatrice e al presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito. Qualsiasi iter venga scelto, dunque, si assisterà probabilmente a uno stillicidio che le opposizioni avranno l’occasione di sfruttare in chiave elettorale, da qui al 4 marzo.

Il feeling fra Roberta Capoccioni e la sua maggioranza non è mai nato. La minisindaca è stata contestata sin dalle prime battute, da quando ha deciso di assegnare un assessorato alla compagna di De Vito, Giovanna Tadonio, “salvata” anche quando ha autorizzato (per errore) la rimozione uno storico murale del Mercato Tufello, realizzato 30 anni fa dallo street-artist Virginio Vona. Il momento di tensione più alto, tuttavia, si è materializzato a dicembre in sede di approvazione del Bilancio, quando alcuni emendamenti concordati con il Campidoglio non furono ritenuti approvabili in quanto non sottoscritti (anche qui per errore) da nessun consigliere, se non da quello del Pd, Paolo Marchionne. In quel caso la presidente sequestrò letteralmente tutto il plico degli emendamenti, per poi “fuggire” in commissariato. Una scelta “poco ortodossa” che fece saltare sulla sedia molti consiglieri di maggioranza, fra cui il presidente d’Aula Novelli.

Il destino a questo punto è segnato, ora la tattica sarà quella delle tempistiche. L’opposizione – che ha fretta e vuole andare a votare a giugno – avendo la maggioranza nella capigruppo e il presidente del Consiglio, potrebbe convocare la seduta anche per l’11-12 febbraio. Ma il M5s, intenzionato a temporeggiare, potrebbe scegliere di far dimettere la presidente il giorno prima della discussione, guadagnando altri 20 giorni di tempo (arrivando ai primi di marzo) così da posticipare il consiglio per altri 10 giorni e superare la data del voto nazionale e regionale, per poi puntare a un commissariamento più lungo. Il nome del commissario? Virginia Raggi lo avrebbe già suggerito ai suoi: Roberta Capoccioni.