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Processo Matacena, l’ex ministro Scajola: “Il mio aiuto? Fu inopportuno, oggi non lo rifarei”

“L’aiuto ad Amedeo Matacena? È stato inopportuno”. Così Claudio Scajola ha definito il suo atteggiamento in favore dell’ex parlamentare di Forza Italia, oggi latitante a Dubai, dove si è rifugiato per scappare a una sentenza definitiva per concorso esterno con la ‘ndrangheta. Stamattina si è celebrata a Reggio Calabria l’ennesima udienza del processo “Breakfast”, nato da un’inchiesta della Dia che, nel 2014, aveva portato all’arresto dell’ex ministro dell’Interno Scajola, oggi imputato con l’accusa di aver aiutato Matacena nel tentativo trasferimento da Dubai a Beirut. Nel processo è imputata anche la moglie dell’ex parlamentare latitante, Chiara Rizzo che non era presente in aula. Al termine dell’audizione di due testimoni, l’esponente di Forza Italia ha rilasciato alcune dichiarazioni ai giornalisti con i quali si è soffermato, in particolare, sulla figura di Vincenzo Speziali, anche lui indagato per reato connesso e attualmente latitante in Libano dal giorno in cui il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha chiesto e ottenuto dal gip un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti.

Nei giorni scorsi, Speziali ha chiesto di patteggiare la pena e questo potrebbe complicare la posizione di Scajola. Nipote acquisito del leader delle falangi libanesi Amin Gemayel, infatti, Speziali è nella lista dei testimoni nel processo contro l’ex ministro ministro. Se il patteggiamento, che ha già parere favorevole del pm, dovesse essere accolto dal gip (l’udienza è fissata per il 29 gennaio), infatti, Speziali tornerebbe in Italia e, sul banco dei testimoni, non potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande che probabilmente verteranno tutte sul suo rapporto con Scajola.  “Non so del suo patteggiamento. – è il commento dell’ex ministro – Credo che vorrà risolvere il suo problema di poter venire in Italia. Patteggiando, però, Vincenzo Speziali ammette di aver commesso un reato. “Questo lo dice lei. – replica Scajola – Voglio vedere cosa avrà ammesso. Credo la verità cioè di essersi interessato se era possibile avere l’asilo politico per Matacena. Che per me non è un reato”.

Per Scajola, “Matacena non doveva scappare e farsi la sua pena. Mi sono interessato per il tramite di Speziali se era una cosa possibile fargli avere l’asilo politico. Forse può essere inopportuno. Non lo rifarei. È stato inopportuno ma non punibile. Questa cosa è nata non su mia iniziativa, ma di Speziali”. E a proposito di quest’ultimo, Scajola prima lo definisce “un ragazzo brillante, esuberante” e poi ricorda che il suo obiettivo era quello di riuscire a farsi candidare in Parlamento: “Lui non cercava solo me. Cercava tutti. Con Dell’Utri si è visto un sacco di volte. Sono felice che patteggia. Mi interessa che lui viene in aula a dire la verità”

Il riferimento è alla famosa lettera di Gemayel trovata dalla Dia a casa di Scajola durante la perquisizione il giorno del suo arresto. Un foglio, scritto in francese, dove ci sarebbero le istruzioni del leader delle falangi libanesi per far ottenere a Matancena l’esilio in Libano: “Gemayel dirà che è fasulla quella lettera. Speziali deve dire che l’ha fatta lui e dove cazzo l’ha fatta”. Il processo riprenderà il 5 febbraio quando in aula dovrebbe essere sentito Silvio Berlusconi. Il collegio della difesa lo aveva inserito nella lista dei testimoni per poi rinunciare. Ma a questo punto del processo, il procuratore aggiunto Giusepe Lombardo si è opposto e pretenderà di interrogare non solo l’ex presidente del Consiglio ma anche Amin Gemayel.