Giustizia & Impunità

Denis Bergamini, c’è un terzo indagato nell’inchiesta per omicidio: un familiare della Internò, l’ex fidanzata del calciatore

Il caso è stato riaperto 9 mesi fa con due indagati: la ex ragazza, Isabella Internò, e Raffaele Pisano, l'autista del camion sotto il quale è stato trovato il cadavere del giocatore del Cosenza il 18 novembre 1989. Secondo quanto svelano La Gazzetta dello Sport e Il Resto del Carlino, l'ipotesi della procura è che non abbiano agito da soli

Isabella Internò e Raffaele Pisano non hanno agito da soli. È questa l’ipotesi emersa dalle indagini sulla morte di Denis Bergamini, il giocatore del Cosenza il cui cadavere fu trovato il 18 novembre 1989 sulla statale Jonica, nei pressi di Roseto Capo Spulico. Il caso è stato riaperto 9 mesi fa dal procuratore capo di Castrovillari, Eugenio Facciolla, con l’iscrizione nel registro degli indagati della ex fidanzata del calciatore e dell’autista del camion sotto il quale Bergamini si sarebbe suicidato, secondo il racconto della Internò. L’ipotesi di reato: omicidio volontario in concorso, aggravato dalla premeditazione. Ora, svelano La Gazzetta dello Sport e Il Resto del Carlino, quel che la dicitura “in concorso” faceva presagire è diventato realtà. C’è un altro indagato che, secondo le informazioni raccolte dai due quotidiani, è un familiare della ex ragazza, Isabella Internò, e non avrebbe avuto solo un ruolo secondario.

“Non è un suicidio, non è ipotizzabile come un suicidio”. Sono le parole con cui il procuratore Facciolla il 27 aprile scorso aveva annunciato la riapertura dell’inchiesta. “Procederemo con la riesumazione del cadavere”, aveva dichiarato. Un modo per smascherare i presunti insabbiamenti e depistaggi maturati in questi anni di omertà, che per 28 anni hanno portato le indagini sui binari morti dell’archiviazione.

E proprio la nuova superperizia medico-legale sulla salma ha portato alla prima svolta nelle indagini. Denis Bergamini “morì per soffocamento, non fu suicidio“, è la versione dei periti. Una conferma agli accertamenti eseguiti dai carabinieri del Ris già nel 2012, quando era stato dimostrato che, se il calciatore si fosse lanciato sotto il camion, le scarpe, la catenina e l’orologio di Bergamini sarebbero stati quantomeno danneggiati durante l’impatto con l’asfalto. E invece tutti gli oggetti indossati erano intatti. Al termine dell’incidente probatorio, l’avvocato Fabio Anselmi che assiste i familiari del calciatore ha spiegato che Bergamini “è stato ucciso prima di essere coricato sotto il camion”. La causa della morte potrebbe essere un “soffocamento lento”. Sembrerebbe, infatti, che Bergamini sia stato soffocato “con una busta”.

Una svolta completa, rispetto alla tesi del suicidio portata avanti in tutti questi anni e avallata pure dalla archiviazione della seconda inchiesta nel dicembre 2015. E il lavoro del procuratore Facciolla continua: in queste ultime settimane, scrive La Gazzetta, sono state ascoltate più di 70 persone per arrivare a riscrivere tutta la storia. E per capire come il calciatore sia arrivato a Roseto Capo Spulico, allontanandosi con la sua auto da Cosenza insieme alla fidanzata durante il ritiro della squadra, alla vigilia della sfida contro il Messina. L’attività investigativa continuerà e la ricerca di altri possibili complici potrebbe non essersi conclusa.