Società

Divorzio e separazione, le conseguenze per i padri – Dal rischio povertà al ruolo di “genitore di serie B”

Perdita di lavoro, isolamento e panico sono elementi ricorrenti per gli uomini che devono affrontare la fine della coppia. Renato Aprile (Papà separati Lombardia): "Ecco come inizia un turbine di impoverimento totale"

Pubblichiamo la seconda di tre puntate sulle conseguenze della separazione nelle famiglie con figli: aspetti economici, logistici e psicologici. Dopo l’articolo focalizzato sulle madri, mettiamo in luce gli aspetti più critici che devono affrontare i padri. Infine, l’ultimo, sarà dedicato ai bambini che devono affrontare questo trauma.

Un padre della provincia di Milano era finito a vivere in una roulotte e quando i suoi figli andavano a trovarlo dormivano senza riscaldamento. In molti casi, invece, dormire per mesi in automobile è la norma, quando i soldi non bastano a pagare mutuo, mantenimento e affitto della nuova casa. Poi, la mattina, si nasconde la vergogna e ci si infila la cravatta per andare a lavoro, per chi ce l’ha. Le storie dei padri coinvolti in divorzi conflittuali si assomigliano, come quella di Marco Della Noce, comico di Zelig che ha raccontato come la sua vita sia stata rovinata da una separazione che – a suo dire, a differenza di quanto sostiene il legale della mogliel’ha costretto a dormire in macchina. “Fortunatamente non accade a tutti gli uomini divorziati – racconta Renato Aprile di Papà separati Lombardia, associazione che sta assistendo il cabarettista – ma se prendiamo in considerazione gli uomini che stanno vivendo una separazione difficile, allora i problemi sono sempre gli stessi”.

Perché non a tutti i padri separati è dato di essere al centro di una catena di solidarietà che sembra stia attivando per aiutare il comico di Zelig. La normalità per un papà separato in grave disagio economico – come ha raccontato lo stesso Della Noce – è fatta di perdita di lavoro, isolamento e panico. Nei casi più gravi si arriva anche a “tentativi di suicidio”, continua Aprile. “Ricordo un giovane ragazzo che si è tolto la vita subito dopo il suo divorzio: era figlio di genitori separati e non ha avuto la forza di affrontare quello che aveva visto passare a suo padre”.

Quando il padre separato torna a vivere da mamma e papà – Secondo gli ultimi dati Istat del 2015, nel 94% dei divorzi viene stabilito che sia il padre a corrispondere l’assegno di mantenimento (che in media si attesta attorno ai 485 euro al mese). “Circa l’80% delle separazioni sono chieste dalle donne – racconta Tiziana Franchi, presidente di Associazione padri separati -. Ma se le mogli non fossero certe di mantenere la casa di famiglia e di non essere allontanate dai loro figli sono sicura che ci penserebbero due volte prima di chiedere il divorzio”.

Un meccanismo che, secondo le organizzazioni del settore, porta a un impoverimento esponenziale di molti padri. “Prendiamo uno stipendio di 1.400 euro al mese – si legge sul sito di Padri separati – a cui, per ipotesi, sottraiamo 300 euro di mutuo della casa dove restano a vivere i figli, un mantenimento dai 300 ai 500 euro e dai 300 ai 600 euro per una nuova casa in affitto. Le spese per l’uomo diventano insostenibili”. A questo si deve aggiungere che “gli assegni di mantenimento non si possono scaricare dalla dichiarazione dei redditi e la nuova abitazione del divorziato ha utenze maggiorate perché è spesso registrata come seconda casa – continua Tiziana Franchi – Ecco come inizia un turbine di impoverimento totale”. Tanto che non è raro per i padri separati chiedere aiuto a mamma e papà se non addirittura tornare a vivere nella stanza dove si è cresciuti da ragazzi.

“Più di 6 su 10 non riescono a comprare beni primari”In un rapporto del 2014, la Caritas ha definito i genitori separati “i nuovi poveri”. Dopo la separazione, si legge nel dossier, aumenta il ricorso a centri di distribuzione beni primari (49,3% degli intervistati) e mense (28,8%) mentre il 66,1% dichiara di non riuscire ad acquistare beni di prima necessità. “Il fenomeno è ben presente eppure sui media non si parla di tutti i papà obbligati a vivere in auto per pagare l’assegno di mantenimento”. Renato Aprile torna su questa immagine emblematica perché sa bene quanto possano fare male le gambe se si è costretti a dormire in macchina in inverno. “Dieci anni fa, quando avevo 42 anni, ho avuto una sfratto e ho dormito in auto per quasi tre mesi. Ricordo il freddo di quelle notti”. Durante quelle settimane, Renato continuava a pagare l’assegno di mantenimento e a vedere i suoi figli, pur non potendo dire loro dove stesse dormendo. “Se la separazione è conflittuale, all’ex partner non importa la condizione in cui si riduce a vivere l’ex compagno”. E mentre Aprile racconta di un professore universitario di diritto costretto a vivere con 120 euro al mese, ecco arrivare in associazione gli scatoloni di Banco alimentare Lombardia che sfamano 250 persone la settimana tra padri e figli che gravitano attorno alle loro sedi di Milano, Brugherio, Bergamo e Como.

“L’affido condiviso è ancora trattato come affido alla madre” – La legge ha cercato di fare dei passi verso la parità di genere, passando da un affido esclusivo (che vedeva i figli normalmente affidati alla madre) a un affido condiviso, introdotto con la legge 54/2006 che prevede che entrambi gli ex coniugi conservino la potestà genitoriale. Questa la norma dal 2006 in avanti, tanto che nel 2015 le separazioni con figli in affido condiviso sono state circa l’89% contro l’8,9% di quelle con figli affidati alla madre.

“Il problema è che l’affido condiviso è trattato dai giudici come un affido esclusivo alla madre”, lamenta Aprile. Dati alla mano, a distanza di quasi dieci anni dall’entrata in vigore della legge, non si notano cambiamenti rilevanti negli aspetti in cui si lascia discrezionalità ai giudici: la casa coniugale, per esempio, resta nella maggior parte dei casi assegnata alle mogli (60% nel 2015). “La legge prevederebbe la possibilità di non spostare i figli dall’ex cassa coniugale ma di chiedere ai genitori di viverci in maniera alternata – continua Aprile – oppure si potrebbe venderla per permettere a entrambi i genitori di spostarsi in appartamenti più piccoli dove il bambino potrebbe vivere due settimane con un genitore e due settimane con l’altro”.

Un modello di cooperazione che, secondo l’associazione, permetterebbe al bambino di avere un rapporto con entrambi i genitori e non obbligherebbe nessun coniuge a pagare l’assegno di mantenimento. E invece, questo modello di collaborazione crolla di fronte al fatto che i genitori separati diventano addirittura incapaci di comunicare, “riducendosi a parlarsi via mail o tramite avvocato – racconta Chiara Soverini, psicologa clinica e giuridica di Padri Separati – senza rendersi conto dei rischi e delle patologie anche molto serie a cui espongono loro figlio con il loro comportamento”.

“La madre si sente un genitore di serie A” – Bambini con senso di inadeguatezza che vivono come soldatini abituati a soddisfare le richieste di mamma e papà per fargli piacere oppure che si chiudono in se stessi diventando persone isolate. “Si arriva poi anche ai casi limite di tossicodipendenza, alcolismo o scissioni patologiche”, racconta la psicologa di Padri Separati, delineando come il problema non sia tanto la separazione ma il modo in cui questa avviene.

“Spesso la madre separata vede il figlio come una sua proprietà, – continua Chiara Soverini – si sente un genitore di serie A, crede di avere tutte le risposte e vede il padre come un contorno con cui non è necessario collaborare”. Parallelamente, i padri – continua la psicologa – si sentono umiliati per le loro problematiche economiche e hanno la paura costante di non essere in grado di creare un rapporto con loro figlio nei pochi momenti che trascorrono insieme. Poi, il pomeriggio da passare insieme finisce, e il bambino viene riportato dalla mamma, senza che padre e madre neppure si salutino. “Ricordiamoci che questo sarà il prototipo di famiglia che quel bambino avrà per il resto della sua vita – chiude la psicologa – Ma gli adulti non si rendono conto di quali siano i rischi a cui espongono i loro figli mentre sono occupati a litigare”.

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