Diritti

‘L’Italia che non c’era’ di Monica Cirinnà, perché leggere questo libro

“Una calda giornata di giugno, il mese che amo, a cavallo tra la primavera e l’estate, il mese dei tramonti rossi e delle mattine ancora fresche. Una sera come le altre, quella della prima settimana di giugno del 2013. Per tutti ma non per me. Uscii dal Senato alle otto di sera, alla fine della seduta giornaliera, e chiamai Esterino: ‘Vieni a casa presto, amore mio, ti devo raccontare una cosa di lavoro, ho bisogno di un tuo consiglio’, gli dissi senza nascondere una certa apprensione. Appena arrivata a casa via le scarpe (mai portare mi- crobi ai miei gatti), via i vestiti, via il trucco e subito capelli legati e tuta. Avevo tanta voglia di cucinare”.

Sono le parole con cui comincia un libro che chi ama l’Italia non può non leggere,L’Italia che non c’era. Unioni Civili: la dura battaglia per una legge storica, di Monica Cirinnà. Un libro che appassiona come un romanzo per lo slancio ma anche per i colpi di scena che forse non tutti ricordano dai giornali, nemmeno i sostenitori più secchioni di quella che è stata di certo una delle leggi più controverse degli ultimi anni. Pagina dopo pagina ci si commuove, perché si parla di amore e Costituzione, di inclusione e uguaglianza, ma anche ci si arrabbia, per i tradimenti, le ingiustizie, e ci si pongono domande, non tutte con una risposta, ed è forse anche questo un altro bel motivo del libro.

“Crossover” lo potrebbe chiamare qualche editore, perché non appartiene a un genere vero e proprio: non è un libro di storia, ma un po’ lo è. Non è un romanzo d’amore, ma un po’ lo è. Non è un testo politico, ma un po’ lo è. Non è un diario, ma un po’ lo è, e così via. Di sicuro la trama è avvincente ed è scritta con stile e ritmo: accordi, tradimenti, voltafaccia, prove di forza e insulti, e alla fine, l’11 maggio 2016 con 372 sì, 51 no, 99 astenuti, viene approvata la legge 76/2016 che introduce in Italia le unioni civili per le persone dello stesso sesso e la regolamentazione delle coppie di fatto, di cui la senatrice Cirinnà è prima firmataria e relatrice.

Se da una parte stiamo parlando di una nuova Italia, allineata alle grandi democrazie europee e occidentali, dall’altra, “C’è un buco nella legge” (Cap. 12), che è un “Buco del cuore”, come lo definisce Cirinnà: la legge non regolamenta la filiazione delle coppie omosessuali, come negli altri paesi. “Nel dicembre 2012 è stata approvata la legge che eliminava ogni differenza tra figli legittimi e naturali – leggiamo – e all’inizio di questa legislatura abbiamo varato i decreti attuativi, ma questi bambini Arcobaleno restavano, e ancora restano, comunque esclusi da ogni tutela, condannati a pagare per il modo in cui sono nati.

Uno stigma ancora più odioso, che incide in modo differente se il bambino e figlio di due padri – e quindi potrebbe essere nato con la Gestazione per altri (Gpa) – oppure da due madri e, quindi, partorito da una delle due”. E’ questo il capitolo più importante del libro, a mio avviso: la gattabuia di questa bellissima storia, appunto il suo buco nero. Un capitolo che in poche pagine non solo racconta gli angosciosi retroscena politici e culturali di un fallimento epocale nella storia del diritto italiano, ma che apre uno scorcio sulla zavorra che il nostro paese rappresenta nell’evoluzione culturale, giurisprudenziale e umanitario del nostro pianeta.

Le persone omosessuali, i loro parenti e i loro amici, certamente godranno nel leggere questa storia intricata e piena di tensione scritta con una vividezza da fare impallidire il 3D, ma anche chi ancora crede e ama la politica, o, viceversa, i complottisti. Per non parlare degli appassionati dei storia o, più semplicemente, di chi va pazzo per i romanzi d’amore (per l’appunto sono strappalacrime le lettere degli italiani scritte a Monica).

Un libro avvincente, insomma, un viaggio emozionante dentro il Parlamento, un racconto senza veli nel dietro le quinte del percorso legislativo, dalle pressioni dei conservatori alla posizione ambigua con il tradimento finale dei 5Stelle, fino l’andamento altalenante della stampa, vista come organo ambiguo della nostra democrazia.