Diritti

Reddito minimo, Parlamento Ue approva relazione: “Tutti gli Stati lo introducano. In Italia c’è un basso livello di sostegno”

Strasburgo ha approvato un provvedimento che sprona la Commissione Ue a legiferare in merito. Secondo gli eurodeputati lo Stato deve intervenire garantendo ai più bisognosi l'accesso ad alloggio, assistenza sanitaria e istruzione, oltre al sostegno ai bambini, ai disoccupati, alle famiglie monoparentali e ai senzatetto

Tutti gli Stati membri dell’Ue introducano regimi di reddito minimo adeguati, garantendo anche l’accesso all’alloggio, all’assistenza sanitaria e all’istruzione, nonché fornire sostegno ai bambini, ai disoccupati, alle famiglie monoparentali e ai senzatetto. Lo prevede una relazione non legislativa approvata dalla plenaria dell’Europarlamento, a Strasburgo, con 451 voti favorevoli, 147 voti contrari e 42 astensioni. Il documento aveva ricevuto il via libera in commissione Occupazione e Affari sociali lo scorso 3 ottobre. In particolare in Italia, si legge in uno studio allegato da Strasburgo alla nota, il sostegno al reddito non appare adeguato ad affrontare i bisogni delle persone e delle famiglie in difficoltà, “a causa del basso livello di sostegno (80 euro a persona) e per la copertura molto bassa, dovuta alle condizioni molto stringenti che limitano le nuove misure solo alle famiglie con necessità multidimensionali in condizioni economiche di estrema deprivazione“. In Italia attualmente, oltre al provvedimento che garantisce 80 euro al mese a certe fasce di reddito, è previsto il Sostegno all’inclusione attiva, che sarà ora sostituito dal Reddito di inclusione. Tutte misure che nel report vengono definite insoddisfacenti.

Il reddito minimo garantito è una forma di sostegno alle persone in difficoltà economica, da non confondere con il concetto di salario minimo e di reddito di base, ovvero il reddito di cittadinanza universale disposto a prescindere dalla condizione economica del singolo. Il Parlamento europeo, con l’approvazione di questo documento, intende fare pressione sulla Commissione Europea affinché affronti l’argomento. Strasburgo in questo modo ha proposto ai Paesi membri di fissare una cifra minima di reddito, basandosi sulla soglia del rischio di povertà e su altri indicatori Eurostat. Ad aiutare le persone più fragili deve essere lo Stato, che deve intervenire garantendo l’accesso ad alloggio, assistenza sanitaria e istruzione, nonché sostegno ai bambini, ai disoccupati, alle famiglie monoparentali e ai senzatetto. Non solo bonus economici, dunque, ma anche un accesso più semplice ai servizi. Il Parlamento Ue ha anche spronato i Paesi a garantire un finanziamento pubblico adeguato a queste misure e a rivedere i requisiti per garantire che siano coperti tutti quelli che ne hanno bisogno.

Secondo i dati dell’Eurostat, nel 2015 erano quasi 120 milioni le persone a rischio povertà ed esclusione sociale. L’obiettivo dell’Ue è quello di ridurre di 20 milioni il numero di persone a rischio entro il 2020. La maggior parte dei Paesi Ue già dispone di programmi simili, osserva l’Europarlamento, ma non tutti forniscono sufficiente sostegno a coloro che ne hanno bisogno.

Esultano i rappresentanti del Movimento 5 Stelle eletti a Bruxelles: “Finalmente abbiamo lo strumento giusto per permettere alla Commissione europea di affrontare la questione del reddito minimo di cittadinanza – ha dichiaro Laura Agea, capo delegazione grillina a Bruxelles – Puntiamo a promuovere una direttiva vincolante e valida per tutti, le istituzioni europee non potranno più voltarsi dall’altra parta quando sentiranno parlare di cittadini in difficoltà. L’unica speranza per abbattere la povertà è l’adozione di un reddito minimo di cittadinanza”. Sul tema è intervenuto anche il rappresentante di Campo Progressista Marco Furfaro: “Non possiamo perdere altro tempo. Chiediamo al governo Gentiloni e a tutte le forze politiche di fare urgentemente quanto necessario per istituire al più presto un sistema che non sia solamente una formula salva-povertà ma anche una formazione di attivazione per le persone, per uscire dalla ricattabilità della precarietà e per garantire continuità di reddito nei momenti di non lavoro”.