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Codice Antimafia, via libera definitivo alla Camera ma il governo dovrà ‘monitorare’ il nuovo sequestro di beni a corrotti

La riforma targata Pd è stata approvato dall'aula di Montecitorio con 259 voti a favore, 107 contrari e 28 astenuti, mentre contro il testo hanno votato i deputati di Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia. Prima del voto approvato un odg della maggioranza che chiede al governom di valutare eventuali modifiche sull'equiparazione tra corrotti e mafiosi per quanto riguarda le misure di prevenzione

Via libera definitivo dell’Aula della Camera al Codice antimafia, ma con un post scriptum che sembra congelare una delle parti fondamentali del testo: il sequestro dei beni già previsto per i mafiosi esteso anche ai corrotti. La riforma targata Pd è stata approvato dall’aula di Montecitorio con 259 voti a favore, 107 contrari e 28 astenuti, mentre contro il testo hanno votato i deputati di Forza Italia, Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia. Ad astenersi sono stati quelli della Lega Nord e di Direzione Italia. Esultanze in ordine sparso tra le fila dei dem col guardasigilli Andrea Orlando che su facebook scrive: “Da oggi ci sono più strumenti per combattere la mafia, più trasparenza nella gestione dei beni confiscati, più garanzie per chi è sottoposto a misure di prevenzione. Una buona notizia per la lotta alla criminalità organizzata e per lo Stato di diritto”.

Per la verità, però, sul provvedimento pesa una vera e propria incognita. Anche se con il voto odierno il nuovo codice è stato approvato in via definitiva, diventa un vero e proprio rebus quella che era una delle novità più contestate della riforma: l’estensione della disciplina della confisca dei beni anche per chi è accusato di reati contro la pubblica amministrazione, e quindi per chi finisce nel mirino della giustizia per corruzione, concussione, terrorismo.  Il governo, infatti, dovrà valutare eventuali modifiche sull’equiparazione tra corrotti e mafiosi per quanto riguarda le misure di prevenzione: lo prevede un ordine del giorno del dem Walter Verini, degli alfaniani Antonio Marotta e Rosanna Scopelliti  e di Stefano Dambruoso approvato da Montecitorio prima che la Camera votasse l’intero disegno di legge.

In base al testo approvato, viene chiesto al governo il monitoraggio dell’applicazione del Codice Antimafia, con un occhio di riguardo proprio all’estensione della disciplina della confisca dei beni anche per chi è accusato di reati contro la pubblica amministrazione.  L’equiparazione tra mafiosi e corrotti è la parte su cui ci sono state frizioni tra le forze politiche, anche con dubbi all’interno della maggioranza e forti critiche da parte di Forza Italia. Ed è per questo motivo che l’odg della maggioranza suona come una sorta di moneta di scambio politico per il futuro. In questo senso vanno probabilmente lette le parole di Francesco Paolo Sisto, capogruppo di Forza Italia in Commissione Affari costituzionali. “Chiediamo al governo di venire in Aula per ribadire l’impegno assunto dal ministro Orlando a modificare il Codice antimafia- dice il berlusconiano –  Più volte, infatti, è stato assicurato, di seguito alle autorevoli e plurime critiche, che sarebbe stata corretta la barbarie che vede di fatto equiparati i reati comuni a quelli di mafia”.

Letteralmente l’ordine del giorno impegna il governo “in sede di prima applicazione della riforma del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nell’ambito delle sue proprie prerogative, a mettere in campo tutti gli strumenti che riterrà opportuni ed efficaci al fine di monitorare e verificare le prassi applicative della legge, per quanto riguarda i destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, con particolare riferimento agli indiziati di reato di associazione a delinquere finalizzata ai reati contro la pubblica amministrazione, con lo scopo di valutare l’impatto e l’efficacia delle nuove norme, anche ai fini di eventuali modifiche che si rendano necessarie, nonché, per quanto riguarda l’efficacia e la coerenza della applicazione della intera riforma, in particolare con riferimento al funzionamento dei nuovi istituti, al fine di garantire che la tutela della legalità e l’efficienza del sistema delle misure di prevenzione si realizzi nel pieno rispetto delle garanzie dei diritti dei cittadini e delle imprese”.