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Vaccini, il Veneto: “Vistosa incongruenza nella legge. Posticipiamo al 2019 l’obbligo per iscrizione a scuola da 0 a 6 anni”

Il direttore generale della Sanità, Domenico Mantoan, ha predisposto le “indicazioni regionali in regime transitorio di applicazione della legge Lorenzin”, approfittando di un problema formale che è già oggetto di un ricorso. Può un decreto di un alto dirigente regionale trasformarsi in una interpretazione applicativa di una legge dello Stato? A Venezia pensano di sì

Continua la crociata del Veneto, dopo che la giunta regionale ha fatto ricorso alla Corte Corte Costituzionale contro la legge nazionale che impone l’esecuzione di dieci vaccini, pena la non iscrivibilità a nidi e asili degli alunni fino ai 6 anni di età e pesanti sanzioni fino a 16 anni. In attesa che il ricorso venga preso in esame, il direttore generale della Sanità del Veneto, Domenico Mantoan, ha predisposto le “indicazioni regionali in regime transitorio di applicazione della legge Lorenzin”, mettendosi di traverso, su un punto importante, rispetto all’attuazione della legge. Vi è contenuta, infatti, una moratoria del divieto di iscrizione, fino all’avvio dell’anno scolastico 2019-20, per i bambini da 0 a 6 anni che non siano vaccinati. Di fatto uno stop all’obbligo di vaccinazione.

La struttura sanitaria veneta prende lo spunto da quella che viene definita una “vistosa incongruenza” della legge nazionale 119/2017 e che costituisce anche uno dei motivi del ricorso alla Consulta. Il comma 3 dell’articolo 3 della legge, riferendosi alla dimostrazione dell’avvenuta vaccinazione dei bambini, dice : “…per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la presentazione della documentazione di cui al comma 1 costituisce requisito di accesso”. Ma quel comma sarebbe in contrasto con “quanto espresso all’articolo 3 bis che descrive le misure per l’anno scolastico 2019, dove al comma 5, recita: ‘Per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la mancata presentazione della documentazione di cui al comma 3 nei termini previsti comporta la decadenza dall’iscrizione’.

In sostanza, in una parte si afferma che la presentazione dei documenti è un “requisito di accesso”, ma in un altra si posticipa al 2019 l’obbligo, pena la “decadenza dall’iscrizione”. A Venezia affermano che il dubbio induce a rinviare tutto di due anni. “Il contenuto degli articoli sopracitati non rende chiaro se le misure di restrizione alla frequenza scolastica siano applicabili sin dall’anno scolastico 2017/2018 e per l’anno scolastico 2018/2019, per i bambini già iscritti alla frequenza dei servizi educativi per l’infanzia ed alle scuole dell’infanzia prima dell’entrata in vigore della legge”. C’è da chiedersi se sia solo un cavillo giuridico, un’imprecisione formale, o se invece vi sia una questione di sostanza applicativa. Può avere una validità generale e quindi interessare tutte le regioni italiane? E può un decreto di un alto dirigente regionale trasformarsi in una interpretazione applicativa di una legge dello Stato? Evidentemente l’ufficio giuridico e legale della Regione Veneto ritiene che l’obiezione abbia una sostanza. E quindi, in attesa “di eventuali ulteriori chiarimenti ministeriali, per quanto riguarda la frequenza dei servizi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia dall’anno scolastico 2017/2018 per i bambini già iscritti si applicherà il regime transitorio fino al 2019/2020 anno che prevede, invece, la decadenza dell’iscrizione”. Una moratoria vera e propria per gli asili nido e le scuole materne, ovvero per le strutture pubbliche precedenti la scuola elementare.

Il Veneto ha anche annunciato che con lo scopo di “agevolare le famiglie e le scuole, per i bambini e i ragazzi da zero e sedici anni” sia per questo anno scolastico, che per il prossimo (2018-19) “anticipa quanto previsto dalla legge per l’anno scolastico 2019/20, cioè l’invio alle scuole degli elenchi dei bambini con la loro situazione nei confronti della vaccinazione, privi di dati sensibili”. La Regione Veneto è quindi in grado di far inviare dalle strutture sanitarie a quelle scolastiche i dati riguardanti l’adempimento delle vaccinazioni, così da sgravare le famiglie da questo compito. E’ una soluzione che i tecnici delle Uls venete avevano caldeggiato subito dopo l’approvazione della legge, sostenendo che l’anagrafe sanitaria computerizzata è in grado di adempiere a questo compito.

Il Veneto non vuole però correre il rischio di essere accusato di inadempienze di legge sull’obbligatorietà dei vaccini, in attesa del responso della Consulta. Per questo la giunta regionale guidata da Luca Zaia spiega che “per tutti i soggetti non in regola (tra zero e 16 anni) le Aulss avvieranno l’iter conseguente all’inadempimento dell’obbligo vaccinale (sanzione amministrativa-pecuniaria)”. Inoltre le Ulss verificheranno se per i bambini “non in regola” è già stato fissato un appuntamento per l’inoculazione dei vaccini, altrimenti invieranno ai genitori una raccomandata invitandoli a un colloquio, per poi procedere con le vaccinazioni.