Cronaca

Atac, è deciso: si farà il concordato in bianco. Obiettivo è il “modello Acea”

Nella seduta d’insediamento il nuovo cda sceglierà di affidarsi al giudice fallimentare per provare a salvare la storica società capitolina dei trasporti. Si pensa all’ingresso in azienda di un privato con quote minoritarie, per bilanciare l’interesse pubblico con la necessità di ottenere utili

E’ deciso: la soluzione per Atac è il “concordato in bianco”. A meno di sorprese dell’ultimo minuto, il nuovo consiglio d’amministrazione, nominato la scorsa settimana da Virginia Raggi, sceglierà nella seduta d’insediamento di affidarsi al giudice fallimentare per provare a salvare la storica società capitolina dei trasporti, su cui   pesa un fardello monstre da 1,3 miliardi di debito. Con il concordato “in bianco”, in parole povere, l’impresa presenta una richiesta di ristrutturazione del debito al tribunale, con l’ausilio del quale si redige il piano industriale (entro 90 giorni) e si stabilisce la percentuale di risarcimento ai creditori, senza ovviamente interrompere l’attività produttiva. Una scelta definita “necessaria” dalla nuova governance, il cui presidente Paolo Simioni è già impegnato per farsi personalmente garante con gli istituti di credito e con i fornitori della fattibilità di quello che i più scettici definiscono “un percorso a ostacoli”. A proposito di ciò, nelle scorse settimane l’ex Collegio dei sindaci revisori – sostituiti dalla Giunta capitolina nel giorno della nomina del nuovo cda – aveva fatto presente in un parere tutti i rischi derivanti dal concordato in bianco, relazione che tuttavia gli attuali manager definiscono “superata” dagli studi portati avanti negli ultimi giorni.

OBIETTIVO: ABBATTERE DEL 70% IL DEBITO – Simioni, uomo di fiducia dell’assessore alle Partecipate, Massimo Colomban – il quale sta conducendo in prima persona la partita sul fronte politico – non è certo uno sprovveduto ed in questi giorni ha già preparato la strada per attivare il concordato. Innanzitutto, facendosi personalmente garante con i fornitori, cui Atac deve almeno 300 milioni di euro e che potrebbero far saltare tutto il castello se decidessero di non accettare il concordato e procedere con l’istanza di fallimento. La proposta è quella di spingere la percentuale di risarcimento non oltre il 25-30%, assicurando ai creditori, una volta rimessa l’azienda in carreggiata, la prosecuzione dei contratti. Dialogo aperto anche con i maggiori istituti di credito, con i quali sia Atac sia l’amministrazione capitolina hanno in campo diversi rapporti di reciproca collaborazione e l’interesse comune a non interrompere i rapporti. Infine, il dialogo formale con le istituzioni, fra cui proprio il Comune di Roma, con le quali ci sono partite che dovrebbero riuscire a compensarsi. Un iter da iniziare il prima possibile per riuscire a pagare i salari di agosto e scongiurare mobilitazioni sindacali.

TUTTI I RISCHI DEL CONCORDATO – Ovviamente, quella del concordato “in bianco” è una “strada lunga e tortuosa”, soprattutto piena di rischi. Ne erano convinti gli ex componenti del Collegio dei sindaci revisori, che avevano messo in guardia l’ex ad Manuel Fantasia. “Dubbi” condivisi anche da alcuni sindacati, come la Cgil. Innanzitutto, secondo gli ex revisori dei conti sarebbe stato necessario rivalersi prima sui precedenti manager che non erano stati in grado di “riscuotere i crediti” vantati da Atac; va detto che in questa partita ci sono circa 500 milioni di euro iscritti a bilancio come “crediti verso la Regione Lazio”, che in realtà l’ente oggi guidato da Nicola Zingaretti ha sempre disconosciuto e che anche secondo l’attuale governance sarebbero stati inseriti solo per mascherare il dissesto contabile.

’altra opposizione riguarda l’equilibrio con i creditori: per far saltare il banco, infatti, basterebbe che uno solo fra i fornitori, al primo ritardo, decidesse di fare istanza di fallimento e determinare il default dell’azienda. Proprio su questo punto si gioca la scommessa più delicata di cui si è fatto carico Simioni. Non ultimo, il rischio licenziamenti: dopo l’ulteriore taglio delle corse, secondo fonti sindacali attualmente l’azienda viaggia con un esubero virtuale di ben 500 unità, condizione che potrebbe spingere il giudice, per trovare l’accordo dei creditori, a imporre la mobilità per i dipendenti, condizione che causerebbe un effetto domino con le proteste sindacali a bloccare il servizio.

IL FUTURO: SPACCHETTAMENTO O BANDO? – A quanto apprende IlFattoQuotidiano.it, il nuovo management resta ottimista su tutta la linea e già pensa al futuro di Atac per il post-risanamento. L’obiettivo potrebbe essere quello di adottare il “modello Acea”, ovvero con l’ingresso in azienda di un privato con quote minoritarie, per bilanciare l’interesse pubblico con la necessità di ottenere utili (o quanto meno non andare in perdita); in alternativa, resta in campo il ricorso alla gara pubblica per l’affidamento dei chilometri di tpl – proposta simile a quella dei Radicali – per la quale l’ad di Ferrovie dello Stato, Renato Mazzoncini, ha già annunciato che “noi parteciperemo”.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO 

Ai sensi dell’art. 8 della legge 08/02/1948, n. 47- Disposizioni sulla stampa – così come successivamente modificato dagli artt. 42 e 43 della legge 416/1981, si chiede formale rettifica di quanto affermato nell’articolo a firma Vincenzo Bisbiglia e titolato “Atac, il cda ha scelto: si farà il concordato in bianco. Obiettivo è il modello Acea”. Quanto affermato è infatti frutto di personali congetture del giornalista, sia in merito alla presunta procedura individuata, sia in merito a ipotesi tecniche relative ai possibili contenuti della procedura stessa. Il cda, che peraltro ancora non è stato convocato, non ha assunto infatti alcuna decisione e ipotizzare addirittura che siano state discusse eventuali quote da riconoscere ai creditori sugli importi dovuti oltre ad essere falso è gravemente lesivo degli interessi di Atac Spa.
Ufficio stampa Atac

L’articolo non è frutto di “personali congetture del giornalista” bensì dell’interlocuzione con fonti autorevoli aziendali e capitoline. Rispetto alle quote da riconoscere ai creditori sugli importi dovuti nell’articolo si specifica sin dalle prime righe che la procedura scelta (o che si sceglierà) è comunque sottoposta al giudice. Infine, riguardo alla riunione del cda, nell’articolo non si forniscono riferimenti temporali e non si lascia intendere in alcun modo che la seduta si sia già svolta. (v.b.)