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Venezuela, Maduro sfida Trump: “Non prendo ordini”. In carcere i leader dell’opposizione

Leopoldo Lopez e il sindaco di Caracas Antonio Ledezma prelevati nella notte dalle loro abitazioni e condotti in carcere dalla polizia

“Orgoglioso” delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti in risposta all’elezione dell’Assemblea costituente di domenica. Così il presidente Nicolas Maduro ha commentato la decisione di Washington di congelare i suoi beni negli Usa e vietare agli americani di trattare o avere rapporti commerciali con lui. “Non obbedisco agli ordini imperialisti, non obbedisco ai governi stranieri, sono un presidente libero”, ha detto Maduro, secondo il quale le sanzioni di Donald Trump testimoniano la sua “disperazione” e il suo “odio” per il governo socialista. “Stai facendo il più grande errore della tua vita interferendo con il Venezuela – ha aggiunto – non prendo ordini dall’impero, continua le tue sanzioni”.

In virtù delle sanzioni contro di lui adottate ieri dalla Casa Bianca, Maduro non può entrare negli Stati Uniti. Le misure congelano, inoltre, tutti i suoi beni sotto giurisdizione americana e vietano qualsiasi transazione finanziaria con lui da parte dei cittadini statunitensi. Al momento misure di questo tipo riguardano solo il presidente siriano Bashar al Assad, il nordcoreano Kim Jong Un e quello dello Zimbabwe, Robert Mugabe. Nel caso in cui il presidente venezuelano volesse recarsi nella sede Onu di New York per partecipare all’Assemblea generale, Washington dovrebbe considerare la richiesta. Oltre alle sanzioni, il governo di Donald Trump ha definito Maduro “un dittatore”, appellativo evitato finora.

Continua intanto la repressione della protesta delle opposizioni. Dopo gli scontri e i morti dei giorni scorsi, la polizia ha fatto irruzione nella casa del leader di opposizione Leopoldo Lopez, che si trovava agli arresti domiciliari e lo ha portato via per rinchiuderlo nuovamente in carcere. A darne notizia è stata la moglie Lilian Tintori su Twitter. “Sono venuti a prendere Leopoldo a casa. Non sappiamo dove si trovi né dove lo abbiamo portato. Maduro è responsabile se gli succederà qualcosa”. Lo stesso è accaduto al sindaco di Caracas, Antonio Ledezma, anche lui agli arresti domiciliari, secondo fonti del partito citate dai media locali.

Domenica, nel giorno del voto per l’Assemblea Costituente, Lopez aveva chiesto in una serie di tweet “ai democratici di tutto il mondo” di “disconoscere questa Assemblea Costituente fraudolenta, come lo ha già fatto il popolo venezuelano” e allertato la comunità internazionale sulla “brutale repressione e l’assassinio di venezuelani che partecipano in proteste pacifiche”. Lopez era stato arrestato, e successivamente portato nel carcere militare di “Ramo Verde”, nel febbraio del 2014. Un tribunale di Caracas lo aveva condannato a 13 anni e 9 mesi di carcere per i delitti di associazione a delinquere, incendio, danni alla proprietà pubblica e istigazione alla violenza di piazza. Dall’8 luglio era agli arresti domiciliari per motivi di salute. Anche Ledezma si trovava ai domiciliari per motivi di salute dopo l’arresto nel febbraio 2015 con l’accusa di cospirazione golpista e istigazione alla protesta.

Mentre la Comunità internazionale condanna gli avvenimenti di domenica, Cuba si schiera al fianco di Maduro. Il ministero degli Affari esteri ha accusato Washington di imporre contro Maduro sanzioni “insolite ed arbitrarie e che violano il diritto internazionale”. Secondo l’Avana, è stata lanciata “una ben coordinata operazione internazionale“, diretta da Washington e con l’appoggio del segretario generale dell’Osa, Luis Almagro, con l’obiettivo “di far tacere la voce del popolo venezuelano, disconoscere la sua volontà” e “imporre la resa attraverso attacchi e sanzioni economiche”. Cuba ha ribadito, inoltre, la sua solidarietà “incrollabile” al popolo e al governo venezuelano.

L’organizzazione di difesa dei diritti umani Foro Penale ha reso noto che sono 5.051 le persone arrestate nel Paese dal 1° aprile, quando è iniziata l’ondata di proteste contro il governo. Tra i fermati il 10% sono donne, la maggior parte giovani e studentesse. Più di 1.300 di coloro che sono stati arrestati durante le manifestazioni restano in carcere, come ha precisato il direttore di Foro Penale, Alfredo Romero, su Twitter: 96 arresti sono stati effettuati domenica. Il bilancio delle vittime è salito a 121 morti da aprile. Secondo Foro Penale, che offre assistenza legale alla maggior parte dei fermati, 527 degli arrestati in quasi 4 mesi di proteste sono stati portati davanti ai tribunali militari nonostante fossero cause civili. Una lista compilata da Foro Penale e certificata lo scorso 29 luglio dall’Organizzazione degli Stati americani (Oea) porta a 498 il numero dei prigionieri politici nel Paese.