Diritti

Giornata internazionale del rifugiato, da Messi a Thuram: ecco chi ci ha messo la faccia (e la firma)

Se mai qualcuno avesse conosciuto il segreto della famosa foto di Coppi e Bartali al Tour de France del 1952, gli avrei chiesto di non svelarmelo. Chi dei due storici rivali sta offrendo all’altro la bottiglia dell’acqua, nel sudore di quella salita che sembrava senza fine? E chi dei due la sta afferrando? Non lo voglio sapere. Non è importante. Ciascuno dei due avrebbe potuto fare l’una e l’altra cosa, essere l’una e l’altra mano. Per questo quella foto è immortale. Non sempre è così. Oggi c’è un’intera e vasta categoria di persone (ma chi crea le categorie?) cui noi non possiamo che offrire un aiuto unidirezionale, nello sport e fuori. È la categoria dei rifugiati. Loro non sono in grado di fare altro che accogliere il nostro rifugio, quelle poche volte che siamo così buoni da offrirglielo.

Il 20 giugno si celebra la Giornata internazionale del rifugiato. Lo scorso 13 giugno, presso l’auditorio dello stadio Camp Nou, il Football club Barcelona assieme all’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati ha lanciato la campagna #SignAndPass, firma e passa, per sensibilizzare sulla tragedia dei rifugiati e per chiedere alle società sportive di mettersi in gioco accogliendo le ragazze e i ragazzi che scappano da guerre e persecuzioni e aiutandoli attraverso lo sport. Lionel Messi e Neymar Junior hanno messo le loro facce sulla campagna. A firmare il pallone come simbolo del lancio di #SignAndPass sono stati il presidente del Barcellona, l’Alto commissario Onu e Paulo Lokoro, atleta della squadra dei rifugiati che ha preso parte alle Olimpiadi di Rio. Noi eravamo stati invitati a prendere parte a questa importante giornata come società sportiva Atletico Diritti, la squadra di calcio fondata dalle associazioni Antigone e Progetto Diritti con il sostegno dell’Università Roma Tre.

Ma chi crea le categorie? È questa la domanda che al Camp Nou, lo scorso 13 giugno, ha posto l’ex calciatore francese campione del mondo Lilian Thuram, dando una sterzata alla cerimonia e ai pensieri fino a quel momento troppo gioiosi della platea. Facciamo tanti convegni sui rifugiati, ha detto, ma forse dovremmo smetterla. Forse sono queste donne e questi uomini che arrivano in Europa che dovrebbero organizzare dei convegni su di noi, per domandarsi per quale motivo siamo sempre così convinti che il pianeta ci appartenga. Noi siamo quelli che, se vogliamo essere buoni, dispensano rifugio. Loro sono i rifugiati. Ecco chi crea le categorie.

“In Congo c’è la guerra affinché tu possa avere questo cellulare che tieni in mano”, mi ha detto mentre lo intervistavo per la nostra trasmissione radiofonica. “Ma questo nessuno lo spiega. Si dice solo che in Congo c’è la guerra e che dunque ci sono persone che se ne vanno da lì e vengono da noi. Bisogna spiegare perché questo accade, poiché solo questa spiegazione ci fa comprendere che siamo legati. Il calcio può aiutare, ma solo se capiamo che siamo tutti esseri umani. Non ci sono i profughi e i non profughi. Se usiamo le parole sbagliate, il calcio allora può anche dividere. È come quando vai all’estero e vedi qualcuno che indossa la maglia della squadra che tifi. Subito ti senti un po’ suo amico. Ma se qualcuno indossa la maglia di una squadra rivale, allora lo senti come nemico. Dobbiamo capire che il mondo è uno, che viviamo tutti su questo mondo e che se ci sono persone che devono spostarsi da una parte all’altra della Terra il motivo è nelle politiche dei Paesi ricchi”.

È stato grande con i piedi, Lilian Thuram, ed è grande con la testa. Però comunque era lì, a testimoniare il lancio di una bella campagna promossa dalla sua squadra di un tempo. Il calcio può fare tanto, sia come veicolo concreto dell’integrazione – noi lo vediamo ogni giorno con Atletico Diritti: entrare in quel campo, per ragazzi arrivati con le barche dopo essersi lasciati tutto indietro, acquista un valore fuor di misura – che come veicolo simbolico di comunicazione. Il calcio arriva a tutte le età, a tutte le estrazioni sociali, a tutte le latitudini.

E allora grazie di cuore al Football club Barcelona per essere uscito dal suo stretto seminato e aver guardato il mondo, testimoniando la tragedia che in questa epoca lo sta straziando. Noi, nel nostro piccolo, in questa Giornata internazionale del rifugiato lanciamo un appello a tutte le società sportive italiane affinché si uniscano ai colleghi catalani e ci mettano la faccia. Anzi, la firma. E poi passino la palla per il gol più importante della storia.