Mafie

Riina segue il processo collegato in videoconferenza dal carcere. L’avvocato: “Sta molto male, lasciatelo in pace”

Due giorni fa la Cassazione non aveva escluso l'ipotesi degli arresti domiciliari per concedergli il "diritto a morire dignitosamente” viste le sue condizioni di salute. Stamattina, invece, il capo dei capi di Cosa nostra ha seguito il processo per la strage del Rapido 904, in cui è imputato, collegato in videoconferenza dal carcere di Parma disteso su una barella

Due giorni fa la Cassazione non aveva escluso l’ipotesi degli arresti domiciliari per concedergli il “diritto a morire dignitosamente” viste le sue condizioni di salute. Stamattina, invece, Salvatore Riina non ha avuto problemi a seguire uno dei processi in cui è imputato collegato in videoconferenza dal carcere in cui è recluso. La Corte di assise di appello di Firenze si è dunque collegata col penitenziario di Parma per dare modo a Riina – disteso su una barella – di seguire il dibattimento sulla strage del Rapido 904, che il 23 dicembre 1984 fece 16 morti e oltre 260 feriti. Riina è l’unico imputato come mandante dello scoppio di una bomba sul convoglio Napoli-Milano. “Totò Riina sta molto male: penso che nessuno questo possa disconoscerlo”, ha detto suo difensore, l’avvocato Luca Cianferoni. Il legale non ha voluto aggiungere altro sulle polemiche suscitate dal rinvio da parte della Cassazione al tribunale di sorveglianza di Bologna della decisione dei giudici bolognesi sulla richiesta di scarcerazione per gravi motivi di salute: “Qui stiamo parlando di un’altra vicenda – ha concluso Cianferoni – non credo sia corretto parlare di questo”.

Secondo gli ermellini, infatti, i giudici bolognesi  hanno omesso “di considerare il complessivo stato morboso del detenuto e le sue condizioni generali di scadimento fisico”. Il tribunale non aveva ritenuto che vi fosse incompatibilità tra l’infermità fisica di Riina e la detenzione in carcere, visto che le sue patologie venivano monitorate e quando necessario si era ricorso al ricovero in ospedale a Parma. Insomma: nonostante fosse malato, il boss poteva tranquillamente rimanere in carcere. Un giudizio bocciato dalla Suprema corte che sottolinea come il giudice debba verificare e motivare “se lo stato di detenzione carceraria comporti una sofferenza ed un’afflizione di tale intensità” da andare oltre la “legittima esecuzione di una pena”.  Una decisione che aveva ovviamente suscitato decine di prese di posizione sia da parte della politica che dagli ambienti giudiziari in attesa che il 7 luglio prossimo il tribunale di sorveglianza di Bologna torni a prendere in esame la posizione del capo dei capi di Cosa nostra.

Critiche che però sono continuate ancora oggi.”Avrebbero voluto una morte dignitosa anche le 17 vittime uccise dall’esplosione della carrozza nove del rapido 904 mentre il treno procedeva a 128 chilometri orari nella grande galleria dell’Appennino”, ha detto l’avvocato Danilo Ammannato, legale di parte civile dell’associazione delle vittime della strage del rapido 904.  “La scarcerazione di Riina sarebbe uno schiaffo per l’Italia. Non è una questione tra le vittime e Riina è un problema dell’Italia. Noi non vogliamo scioglierlo nell’acido come il piccolo Di Matteo, ma sosteniamo che è una persona che continua a essere ancora pericolosa. Lo dimostrano le minacce al dottor Di Matteo, le minacce don Ciotti”, ha detto Rosaria Manzo che è presidente della stessa associazione.  “Sentitevi liberi di assolverlo: Riina è parafulmine di tanti misteri italiani per cui è stato processato, e talvolta assolto, e quel parafulmine sia lasciato in pace: sarà chi sarà, ma è un essere umano”, ha detto invece l’avvocato Cianferoni, nella sua arringa, facendo più volte riferimento alle condizioni di salute del suo assistito.

Sul caso Riina “c’è stato un allarme fuori luogo: la Cassazione non ha detto ‘liberatelo’, non ha mai detto che andava scarcerato, ma ha chiesto di verificare le condizioni – dice a margine di un convegno  il ministro della Giustizia Andrea Orlando –  in cui avveniva la detenzione e mi pare siano condizioni assolutamente compatibili con le sue condizioni di salute”.

Nel processo sulla strage del Rapido 904 Riina ha già incassato un’assoluzione in primo grado dalla Corte d’assise di Firenze “per non aver commesso il fatto”. Nell’udienza del 27 aprile scorso fu necessario interrompere la sessione per consentire l’intervento del personale sanitario per assistere Riina. Un caso abbastanza raro dato che il boss nel frattempo ha assistito regolarmente alle oltre 150 udienze del processo sulla trattativa Stato-mafia. Negli ultimi quattro anni soltanto in un caso non c’era, sempre nell’aprile scorso, proprio perché era ricoverato in ospedale: ma non avendo rinunciato al diritto a presenziare, quell’udienza è stata rinviata. Fino ad oggi, infatti, Totò ‘u curtu (per la bassa statura) è ritenuto dai medici capace di comparire coscientemente in giudizio al contrario di Bernardo Provenzano nei cui confronti il processo Trattativa fu sospeso proprio a causa delle condizioni di salute.

Il boss mafioso è accusato di essere il mandante, il determinatore e l’istigatore dell’attentato al Rapido 904. Per la strage del Natale 1984 sono stati già condannati in concorso, in via definitiva, i boss Giuseppe Calò, Guido Cercola, Franco Di Agostino e l’artificiere Friedrich Schaudinn. Le indagini che hanno portato al processo di Riina furono riaperte sette anni fa. Secondo la procura di Firenze la strage terroristica del 23 dicembre 1984, con una bomba fatta scoppiare alle ore 19.08 all’interno della grande galleria dell’Appenino tosco-emiliano a San Benedetto Val di Sambro, sarebbe stata commessa “al fine di agevolare od occultare” l’attività di Cosa Nostra per mantenere e assicurare “l’impunità degli affiliati e garantendo la sopravvivenza della stessa organizzazione”.