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M5s, l’ex candidato arrestato e il vulnus delle liste pulite: così anche chi ha condanne può superare i controlli

Michele Panetta, coinvolto pochi giorni fa in un'inchiesta anti 'ndrangheta, nel 2014 per candidarsi al consiglio comunale di Reggio Calabria aveva presentato un casellario giudiziario pulito. Eppure aveva già una condanna definitiva per rissa. Ecco perché il caso calabrese è la rappresentazione plastica della facilità con cui possono essere aggirate le verifiche dello staff di Beppe Grillo

Il rischio, adesso, è che nel Movimento 5 Stelle ci siano molti candidati che, a fronte di un casellario giudiziario “pulito”, potenzialmente potrebbero avere precedenti penali o, addirittura, condanne definitive. Come è avvenuto a Reggio Calabria dove il M5S, per le elezioni comunali del 2014, ha candidato un condannato per rissa con sentenza passata in giudicato. Il tutto con buona pace dei vari documenti e autocertificazioni che, prima di essere inserito in lista, ogni attivista deve presentare al movimento di Beppe Grillo.

Ma andiamo con ordine. Pochi giorni fa è scoppiato il caso di Michele Panetta, il 29enne arrestato nell’operazione antimafia “Eracle” con l’accusa di associazione mafiosa perché faceva parte del gruppo di buttafuori che per conto della cosca Condello gestiva la sicurezza nei locali della movida di Reggio Calabria. Locali dove poi veniva spacciata la cocaina del clan e dove i buttafuori si occupavano non solo di garantire la sicurezza, ma anche di portare a termine spedizioni punitive finite addirittura con la gambizzazione di un ragazzo che aveva “osato” dare uno schiaffo all’organizzazione di una serata.

Il casellario giudiziario di Michele Panetta

Una storia contenuta nelle carte dell’inchiesta che raccontano anche il caso del casellario giudiziario di Panetta. Documento che il giovane avrebbe consegnato al Movimento 5 Stelle per potersi candidare alle comunali del 2014. Il condizionale è d’obbligo perché, in realtà, mentre il casellario mandato a Milano allo staff di Grillo era “pulito” (come hanno più volte riferito parlamentari ed ex attivisti del Movimento all’epoca candidati con Panetta), diversa è la condizione di quello depositato dai pm della Dda nel fascicolo dell’indagine.

L’ex candidato arrestato, infatti, nel 2010 era stato denunciato per rissa a causa di alcuni scontri avvenuti in occasione della partita Vicenza-Reggina giocata il 6 febbraio dello stesso anno. Risse tra tifosi che, a Panetta, sono costati un decreto penale di condanna emesso dal gip di Vicenza il quale, dopo avergli concesso le attenuanti generiche, gli ha imposto a una multa 300 euro. Condanna diventata definitiva nel 2012, due anni prima delle elezioni, e per la quale il giudice pare abbia concesso la “non menzione” nel casellario giudiziario, quando questo è stato richiesto dal diretto interessato. Un beneficio che, solitamente, si dà per le condanne (massimo due) al di sotto dei 2 anni di carcere o di 516 euro di multa.

Questo non vuol dire che il condannato sia incensurato ma è una sorta di “seconda possibilità” che si concede a chi commette un reato, ha pagato il suo debito con la giustizia e ha la necessità di presentare un casellario giudiziario per un concorso pubblico o al datore di lavoro privato che lo deve assumere. In sostanza, mentre il casellario consegnato al Movimento 5 Stelle riportava la parola “nullo” alla voce dei procedimenti penali a cui era stato sottoposto Panetta, in quello richiesto dalla Procura (che stava indagando sulla cosca Condello) compare la condanna per rissa in seguito alla quale il questore di Reggio ha emesso anche un provvedimento di Daspo, vietando al “buttafuori” di recarsi allo stadio dal 2010 al 2013. La “non menzione”, infatti, non esclude che quella condanna sia visibile nel casellario giudiziario, quando questo viene richiesto esclusivamente dai pm o dalle forze di polizia.

Anche se i 61 voti presi alle elezioni di Reggio Calabria non hanno consentito a Panetta di diventare consigliere comunale, questo caso è la rappresentazione plastica della facilità con cui possono essere aggirati i controlli dello staff di Grillo per arrivare a liste “pulite”, cioè composte da candidati senza alcuna pendenza giudiziaria. Potenzialmente, infatti, tutti gli eletti del Movimento 5 Stelle negli enti locali o in Parlamento potrebbero avere una condanna. Anche per reati gravi (come rapina, truffa, corruzione o estorsione) che, grazie alle varie attenuanti e agli sconti di pena (se si sceglie il rito abbreviato), potrebbero cavarsela con meno due anni o con una semplice multa. Pregiudicati con il casellario giudiziario “pulito”. E quindi candidabili.