Cronaca

Crotone, storia dell’eritreo Andom: da 16 mesi in Italia sognando la Norvegia. Ping pong tra centri di accoglienza

Dieci giorni fa i responsabili del centro di accoglienza di via Corelli, a Milano, gli hanno annunciato che sarebbe stato “trasferito” con altri sedici suoi connazionali. Il giovane si augurava che la destinazione finale fosse la Norvegia, dove la madre e i tre fratelli hanno ottenuto asilo. Invece un pullman l'ha condotto a Crotone

Quando ha varcato la soglia del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Isola di Capo Rizzuto, Andom si è sentito morire dentro. Almeno mille persone vagavano come fantasmi lungo i viali assolati del Cara più grande d’Europa. Chi in attesa di un pasto, chi di un paio di ciabatte, chi di essere trasferito in altri Paesi europei. All’interno se possibile era peggio. Porte senza maniglie, materassi buttati a terra, pavimenti sudici. Anche ad Andom era stato detto che sarebbe partito presto: come eritreo ha diritto alla relocation, la procedura che consente al nostro governo di trasferire i richiedenti asilo in altri Paesi Ue e di ottenere protezione in questi ultimi.

Dieci giorni fa i responsabili del centro di accoglienza di via Corelli, a Milano, gli hanno annunciato che sarebbe stato “trasferito” con altri sedici suoi connazionali. Andom si augurava che la destinazione finale fosse la Norvegia, dove la madre e i tre fratelli hanno ottenuto asilo. Dodici mesi di permanenza a Milano e quattro in Sicilia, oltre al carcere e alle torture subite in Eritrea e in Libia, gli sembravano un’attesa sufficientemente lunga. Invece un pullman l’ha condotto a Crotone. “Nessuno ci ha detto perché eravamo stati portati qui, né quanto avremmo dovuto restarci”, denuncia il ragazzo, 23 anni, inglese perfetto e un talento naturale per il disegno e la matematica. “Ho bussato alle porte di tutti gli uffici: sbarrati. Dopo quattro giorni di tentativi, un’assistente sociale mi ha detto che non parlava inglese. Soltanto il giorno successivo ho trovato un funzionario disposto ad ascoltarmi. Un ragazzo in stanza con me ha chiesto un materasso per non dormire a terra. Vattelo a cercare, gli hanno risposto”.

E quando Andom, assieme ad altri richiedenti asilo, ha fatto presente che non aveva ricevuto il pocket money per le piccole spese quotidiane, gli hanno messo in mano una tessera magnetica. Dentro c’era un credito (4,27 euro al giorno) da utilizzare nelle macchinette delle merendine interne al centro. Il pocket money cui i richiedenti asilo hanno diritto per legge, insomma, al CARA di Crotone resta nel circuito dei gestori. “È una clausola inserita nel bando cui abbiamo partecipato“, ribatte Viviana Viviani, responsabile del consorzio Opere di Misericordia che gestisce il Cara. “Riguardo ai nostri uffici interni al centro, non mi risulta siano mai stati chiusi. Se il ragazzo indica date e orari facciamo una verifica. Quanto alla manutenzione, non spetta all’ente gestore ma al Comune e alla Prefettura. Segnaliamo le riparazioni da fare, ma non sempre abbiamo risposte in tempi rapidi”. Come per le macchinette delle merendine, rimaste fuori uso per parecchi giorni. Quando sono state rimesse in funzione, si è scatenata la caccia allo snack. “Ci sono due macchinette per mille e più ospiti”, insiste Andom. “La scorsa settimana un gruppo di africani è venuto alle mani per una bibita. Due poliziotti li filmavano sghignazzando: questi li mettiamo su Facebook!”.

Sono anni che riceviamo denunce di maltrattamenti, di minacce e di abusi da ospiti del Cara di Isola Capo Rizzuto“, segnala Yasmine Accardo, referente nazionale per i territori della Campania di LasciateCIEntrare. “Impronte prese con la violenza, donne incinte lasciate senza nessuna assistenza sanitaria, porzioni di cibo irrisorie. La situazione è sempre stata fuori controllo, ma pochi hanno osato alzare la voce, perché il Cara di Crotone ha sempre dato lavoro a tantissime persone”. Molte delle quali, secondo l’inchiesta giudiziaria, legate alla ‘ndrangheta.

La vicenda degli eritrei di via Corelli, con i richiedenti asilo che, dopo aver già trascorso trascorso un lungo periodo nel Nord Italia, vengono trasferiti al Sud in attesa di raggiungere il Nord Europa, appare una “triangolazione” a dir poco singolare. Se non altro dal punto di vista geografico. In realtà, spiegano i responsabili delle relocation del nostro ministero degli Interni, il paradossale giro d’Italia serve a “sveltire le procedure”. “All’interno del Cara vi è un ufficio della Questura per il rilascio dei lasciapassare”, dicono da Roma. “Una volta verificata tutta la documentazione, i richiedenti asilo vengono imbarcati per la capitale e da lì mandati in altri Paesi europei. Tutto sotto il controllo di un team dell’EASO (European Asylum Support Organization)”. “In caso di sovraffollamento in una Regione come la Lombardia”, continuano i funzionari, “può essere utile alleggerire la pressione trasferendo altrove alcuni richiedenti asilo”. Peccato che in questo caso si sia scelto il centro più sovraffollato d’Europa. Dagli uffici del ministero assicurano che l’iter delle relocation non verrà pregiudicato dal ciclone giudiziario che ha investito il CARA di Isola di Capo Rizzuto . E se il centro per richiedenti asilo venisse chiuso o messo sotto sequestro? Chissà, magari Andom e i suoi connazionali dovranno rifare il viaggio a ritroso. Da Sud a Nord. Di nuovo a Milano. E poi si vedrà. Intanto Andom è riuscito a intercettare uno dei responsabili dell’immigrazione del CARA. “Andrai in Europa”, gli ha assicurato. “Ma non sappiamo quando”.

Giorni? Mesi? Il ragazzo rischia di vedere andare in fumo i suoi sogni e la sua gioventù. “Mio padre è morto in carcere, io sono stato picchiato e torturato. Volevo studiare ingegneria e diventare astronauta. Invece devo rassegnarmi ad aspettare ancora. Comincio a detestare l’Italia”.