Società

“Dal Senegal a Murano per imparare l’arte dei vetrai. E ho insegnato il mestiere anche ai miei allievi italiani”

Moulaye ha 40 anni ed è arrivato in Italia nel 1999. “Qui a Venezia ho trovato tutto quello che mi serviva: l’arte, la cultura, il calore umano", dice. Per pagarsi i corsi a Murano ha fatto le pulizie nei bagni pubblici e lavorato come portiere in albergo. "Esperienze molto utili", ricorda. Il sogno? Continuare a fare lo stesso lavoro. Ma nel suo paese

“La prima volta che ho visto Venezia ho pensato che fosse una città galleggiante, a misura d’uomo. Ho visto una bellezza incredibile e ho sentito parlare tutte le lingue del mondo. Così ho pensato che fosse fatta apposta per me”. Dal Senegal Moulaye Niang si è spinto fino a Murano, per imparare e scoprire l’antica arte dei vetrai. Oggi, dopo aver girato il mondo, gestisce un laboratorio tutto suo in un’area storica di Venezia, dove tramanda la tradizione del vetro e delle decorazioni fatte a mano. “Mi chiamano Muranero”, racconta.

Moulaye ha 40 anni ed è arrivato in Italia nel 1999. “Qui a Venezia ho trovato tutto quello che mi serviva: l’arte, la cultura, il calore umano”, ricorda. L’obiettivo era diventare un maestro perlaio, studiando l’antica arte dei vetrai. Così, per pagarsi il corso con le lezioni dei più importanti maestri vetrai di Murano, Moulaye ha lavorato facendo le pulizie nei bagni pubblici e poi il facchino in un hotel del centro, di cui è diventato portiere. “Sono state esperienze molto utili, che mi hanno formato umanamente”, racconta. Il corso è durato quattro anni: uno di lezione e tre di pratica, grazie al quale Moulaye si è specializzato nella produzione di perle.

“Mi capita di lavorare per 10, anche 15 ore. D’altronde è la mia passione”

Nel 2004, alla fine del corso pratico, Moulaye decide di aprire un negozio tutto suo. È così che si specializza nella realizzazione di perle in vetro e collane in ebano, riuscendo ad unire la tradizionale arte veneziana con quella africana. Il suo laboratorio, chiamato Muranero, si trova a nord di piazza San Marco, in un’area storica tra le calli di zona Castello. Socia e cofondatrice è Emanuela Chimenton, compagna di corso di Moulaye durante le lezioni a Murano. “Abbiamo deciso di aprire insieme, fin da subito”, ricordano.

La giornata inizia con una scarica di adrenalina suonando la batteria, e poi via di corsa al laboratorio per lavorare con le perle. “È un lavoro che ti prende tanto – spiega – Non c’è un orario fisso, prestabilito”. L’artista senegalese passa almeno otto ore al giorno nel suo laboratorio, “ma capita di adoperarsi per 10, anche 15 ore. D’altronde è la mia passione”, sorride. Il nome MuraneroMoulaye lo devo ad un amico, anche lui artista e musicista, che “così mi chiamava durante le nostre lezioni alla scuola del vetro di Murano”.

Oggi, dopo un lungo percorso di studio e pratica, il suo laboratorio è diventato un punto di riferimento per giovani e artisti, italiani e africani, che vogliono imparare l’arte del vetro e delle perle. Da studente, insomma, Moulaye è diventato maestro. “Due miei allievi veneziani sono riusciti ad aprire un proprio laboratorio, qui a Venezia – spiega Moulaye – Una ragazza trevigiana ha aperto un negozio a Maiorca, in Spagna”. Altri laboratori sono nati in GermaniaStati Uniti, Francia. Le sue lezioni sono arrivate fino in Africa, in Senegal, paese d’origine di Moulaye. Qui il maestro perlaio si impegna a tramandare l’arte del vetro nei laboratori dei villaggi, tenendo corsi con ragazzi dai 12 ai 16 anni.

“Due miei allievi veneziani sono riusciti ad aprire un proprio laboratorio a Venezia. Una ragazza trevigiana ha aperto un negozio a Maiorca, in Spagna”

Sul suo blog Moulaye si definisce un “pazzo senegalese arrivato in Italia per una vita migliore”. Oggi, 18 anni dopo, quel sogno si è realizzato. “Non c’è niente di più bello che lavorare con il vetro – aggiunge – Con la mia attività cerco di fare quello che non ho mai potuto realizzare con la musica e la pittura: unire l’arte africana con quella occidentale”.

Moulaye ha un rapporto tutto speciale con l’Italia. “Gli italiani conoscono bene l’immigrazione perché sono stati migranti in passato – spiega –. Ma oggi ci sono più ignoranti che razzisti”. Le differenze rispetto al Senegal sono tante, in ogni aspetto della vita sociale. Un esempio? “Nei nostri villaggi donne e uomini fanno gruppo: le donne stanno con le donne, gli uomini con gli uomini. Così, le ragazzine imparano dalle donne lezioni di vita nella quotidianità: cucinare, andare a raccogliere il miglio, curarsi”. Il ricordo più bello è legato all’Italia, e a Venezia in particolare: “Questa città mi ha accolto – racconta – mi ha fatto conoscere gente da tutto il mondo”. Il futuro? Tra 10 anni Moulaye sogna di continuare il suo lavoro con le perle. Ma in Africa. “Aspetto che l’immigrazione europea raggiunga buoni livelli, così potrò continuare a insegnare questo mestiere – conclude – Ma stavolta nel mio Paese”.

(Prima foto della gallery di Eloise Faure)