Donne

‘Pentirsi di essere madri’: in un libro il racconto delle donne che vorrebbero tornare indietro

"Non sono contro la maternità, non sono contro le madri e soprattutto non sono contro i bambini", premette Orna Donath, giovane sociologa autrice del volume. Rincorsa dalle polemiche ad ogni presentazione, è attesa in Italia il 22 aprile: "Ci hanno promesso che essere madri sarebbe stata la miglior della vita o l'unico modo per sentirci davvero "donne complete", ma la realtà è ben diversa"

Orna Donath, giovane sociologa israeliana, è l’autrice di “Pentirsi di essere madri” (Bollati Boringhieri Editore) e presente in paesi come Spagna, Germania e Stati Uniti. Sarà in Italia per presentarlo a Tempo di Libri – la nuova Fiera dell’Editoria Italiana – sabato 22 Aprile alle 14.30, accompagnata da Serena Marchi, Michela Murgia e Veronica Pivetti.

Il libro è il risultato di uno studio sociologico compiuto tra il 2008 e il 2013, in cui l’autrice è entrata in contatto con 23 donne ebree israeliane d’età compresa tra i 26 e i 73 anni, madri e a volte nonne, disposte a dichiarare di essersi pentite di essere madri.

Sappiamo che il libro, appena viene pubblicato in qualche nuovo paese, suscita grosse polemiche…

I commenti che si scatenano online sono piuttosto duri, sì, e quindi voglio subito dire che non sono contro la maternità, non sono contro le madri e soprattutto non sono contro i bambini. Semplicemente ho cercato di mettere luce in un angolo della nostra vita di donne sul quale per troppo tempo si è raccontata sempre la stessa storia: la maternità è un’esperienza meravigliosa che completa il percorso di una donna e, se come donne decidessimo di non avere figli, sicuramente ce ne pentiremmo amaramente. Sono cresciuta con queste parole e con un dito puntato contro: “Ti pentirai di non avere figli!”

E lei, effettivamente, figli non ne ha avuti.

No. Io sono una non madre per scelta ma è impossibile in Israele per una donna pensarsi come una non madre. Il numero perfetto di figli è 3. Io non ne volevo nemmeno uno. L’ho capito all’età di 16 anni e l’ho comunicato alla mia famiglia ma credo che per circa vent’anni nessuno di loro mi abbia presa sul serio. A 34 ho pubblicato in Israele il mio primo libro e nel risvolto di copertina decisi di descrivermi come una donna che non voleva avere figli. Scrissi una sorta di confessione. Fu tremendo. Fu come l’arrivo di un uragano. All’improvviso le radio, le televisioni, i giornali, associavano il mio volto a quello della donna che non vuole essere madre. Credo che in quel momento i miei genitori abbiano finalmente capito che era vero: non avrei avuto figli.

Tornando alla sua ricerca: in che modo è stato possibile per lei identificare una donna come “una madre pentita”?

Molte donne hanno sentimenti contraddittori rispetto alla maternità, ma le 23 donne che ho intervistato hanno tutte risposto un no secco alle seguenti domande: Se potesse tornare indietro, sapendo tutto quello che comporta, sarebbe di nuovo madre? Dal suo punto di vista essere madre porta dei vantaggi? Oppure: I vantaggi compensano gli svantaggi?

Queste domande derivano dal racconto edulcorato che è stato fatto della maternità da un certo momento della nostra storia fino ad oggi: se non si è madri ci si pentirà prima o poi, essere madre porta solo vantaggi e la fatica verrà sempre ricompensata.

Esatto. Ci hanno promesso che essere madri sarebbe stata la miglior cosa che potesse capitarci nella vita o l’unico modo per sentirci davvero “donne complete“, ma la realtà è ben diversa.

Che ruolo gioca la religione delle intervistate nella sua ricerca?

All’inizio pensavo che fosse centrale ma poi, quando il libro è uscito in altri paesi come la Spagna, la Germania e la Cina ho iniziato a ricevere email da donne di tutto il mondo e ho capito quanto il sentimento del pentimento fosse un argomento ampiamente condiviso da tutte.

Lei definisce le donne che non sono madri come madri di nessuno e dichiara di sperare che queste due fazioni (le madri e le madri di nessuno) smettano di schierarsi l’una contro l’altra e giudicarsi.

La società ci spinge alla divisione perché, se ci unissimo, sarebbe devastante per il sistema patriarcale. Probabilmente, se le donne che ho intervistato non avessero visto in me una persona che ha molto in comune con loro e un’unica sola differenza (essere una non madre) non avrebbero accettato di parlarmi così apertamente del loro pentimento.

Lei sostiene che la maternità dovrebbe essere trattata come ogni altro tipo di relazione umana. Che cosa significa?

Diventare madri significa prima di tutto iniziare una relazione a due con una persona che non sappiamo chi sia. È come un salto nel vuoto. La maternità è una relazione bilaterale tra due individui e, in quanto tale, è probabile che tuo figlio o tua figlia non ti piaccia o che ti ricordi cose di te che proprio non vuoi ricordare. In altre relazioni bilaterali ci succede di provare emozioni contrastanti: amiamo, odiamo, abbiamo paura, adoriamo…E allora perché queste emozioni non dovrebbe provarle anche una madre verso i propri figli? Non è logico che il pentimento – che è un’emozione umana – stia fuori dallo spettro delle emozioni che può o non può provare una donna, madre di qualcuno. E non è che io stia sperando che esista. Sto solo cercando di dire che, se è vero che esiste, è arrivato finalmente il momento di raccontarlo.