Lavoro & Precari

Si può essere licenziati per un piatto di pasta scotta? No, Corte di Appello di Firenze reintegra due lavoratori

di Clash City Workers (Firenze)

Si può essere licenziati per un piatto di pasta scotta?

Si può per la Cooperativa Agorà Toscana che ha in gestione a Firenze la Rsa S.Silvestro e che ha comminato la più grave delle sanzioni disciplinari a due operatori per non aver servito agli anziani ospiti della struttura, un piatto di pasta arrivata in ritardo e quindi scotta, collosa e immangiabile.

Si può per l’ Asp Montedomini, ente pubblico proprietario della Rsa e braccio gestore delle politiche sociali del Comune di Firenze, il quale, alla pesantissima sanzione, ha aggiunto un supplemento di pena impedendo a questi operatori di lavorare anche per altre cooperative che gestiscono i servizi della stessa Asp.

Si può per lo stesso Comune di Firenze che, interrogato ripetutamente dai consiglieri di opposizione su questa vicenda e su altre inadempienze della cooperativa Agorà Toscana nella gestione della Rsa, ha sempre avuto una posizione di copertura rispetto all’operato della cooperativa.

Il Jobs act prima del Jobs act o del fantastico mondo degli appalti.

Cose che succedono nel mondo del lavoro. Soprattutto in quello degli appalti dove le regole, il lavoro e i lavoratori, valgono meno che altrove.

Mazzette, sfruttamento e stipendi non pagati costellano il curriculum niente affatto singolare di Agorà d’Italia, che purtroppo non è l’unica: basti pensare che la corruzione per affidamenti e appaltisecondo un recente studio – copre il 45% dei casi, e che gli stipendi e i diritti dei dipendenti “in appalto” sono decisamente minori di quelli offerti dalla stazione appaltante ai propri dipendenti diretti.

Vizi privati e pubbliche omertà

Nonostante le numerose denunce dei lavoratori, le numerose interrogazioni in Consiglio Comunale e nonostante un’ispezione che, pur annunciata con congruo preavviso, ha riscontrato gravi lacune sulle elementari regole di sicurezza nella struttura, tutti elementi riconducibili a violazioni del capitolato d’appalto, nessun provvedimento è stato intrapreso dalla stazione appaltante.

Perché questa benevolenza nei confronti della cooperativa?

L’origine dell’impunità di cui godono cooperative ed s.r.l. che operano nel mondo degli appalti si spiega facilmente: loro si accollano il lavoro sporco, fanno pagare a dipendenti e utenti il minor costo del servizio, mentre la stazione appaltante le “copre”, potendo sempre lavarsene le mani se – a causa dell’insorgenza di una vertenza importante o di un’inchiesta giudiziaria – le cose si mettono male.

Il quesito referendario della CGIL sulla responsabilità solidale, esaudito dal governo per evitare il referendum, è stato un passo in avanti nella direzione di responsabilizzare le stazioni appaltanti, ma non basta, perché riguarda solo uno dei problemi che normalmente insorgono all’interno di un meccanismo – l’esternalizzazione – che è strutturalmente marcio.

Piccole rivalse crescono

Finalmente dopo due anni e tre mesi e dopo un’ordinanza e una sentenza di primo grado sfavorevole, la Corte di Appello di Firenze ha accolto le tesi degli avvocati Gianni Mannucci e Maurizio Milana: la vicenda si è conclusa il 6 aprile con il reintegro pieno dei due lavoratori e l’obbligo per la cooperativa di restituire le mensilità perdute a causa del licenziamento illegittimo.

Una sentenza impossibile a ottenersi se fosse stato applicabile il Jobs Act.

È probabile che senza la solidarietà che si è creata intorno ai due – sulla vicenda è stata anche pubblicata un’inchiesta a cura del loro sindacato, la Confederazione Cobas e dei Clash City Workers – la vittoria non sarebbe stata possibile. Questo non per gli effetti forse provocati nei giudici impressionati da tanto sostegno, ma perché la solidarietà è stata determinante per consolidare nei due lavoratori la convinzione che il licenziamento era ingiusto e che impugnarlo non avrebbe costituito solo una risposta solitaria e individuale, ma avrebbe assunto anche un valore simbolico per i tanti che subiscono nell’isolamento e nel silenzio ogni tipo di angheria da parte dei datori di lavoro.

Non è un caso che a Firenze e altrove nascano nell’ombra iniziative di coordinamento di base tra lavoratori che mutuano esperienze già esistenti, ma ne rivitalizzano le funzioni in un ottica solidaristica: camere “popolari” del lavoro, coordinamenti tra delegati, casse di resistenza. Cristian e Olivia hanno vinto anche grazie a loro.