Giustizia & Impunità

“Sono un bambino sporco”, condannati i genitori che costringevano il figlio a portare un cartello con scritta umiliante

Torino. Ad accorgersi delle botte e delle umiliazioni quotidiane che un bimbo di 9 anni subiva erano state le maestre. Il piccolo arrivava in classe con vestiti grandi, sporchi e puzzolenti, e sulla schiena aveva spesso dei lividi lasciati da una cinghia o da un bastone

Ad accorgersi delle botte e delle umiliazioni quotidiane che un bimbo di 9 anni subiva erano state le maestre. Il piccolo arrivava in classe con vestiti grandi, sporchi e puzzolenti, e sulla schiena aveva spesso dei lividi lasciati da una cinghia o da un bastone. E poi quel cartello con quella scritta mortificante: “Sono un bambino sporco”. I genitori di quello che adesso è un ragazzo di 17 anni sono stati condannati a un anno 8 mesi per maltrattamenti. “Mi facevano zappare l’orto sino a sera tardi – aveva raccontato agli inquirenti – E spesso mi fasciavano la testa con una benda per impedirmi di parlare”. Eppure quando lo avevano adottato lo avevano strappato all’inferno di un orfanotrofio ucraino. I genitori si sono sempre dichiarati innocenti, ma per il pubblico ministero le vessazioni erano quotidiane e abituali e per questo il pm Francesco Pelosi aveva chiesto per la coppia quattro anni di carcere. I difensori della coppia annunciano l’intenzione di impugnare la sentenza. “Una sentenza che non condividiamo e che impugneremo”, commenta l’avvocato Anna Ronfani, difensore della coppia con il legale Valerio D’Atri. “Questa è una storia di un fallimento adottivo, non di violenze in famiglia – sostiene -. Leggerò le motivazioni, che saranno molto complesse”.

“Non si è trattato di un singolo episodio, di un singolo insulto, di una doccia fredda e delle mutande infilate in bocca per punirlo della pipì a letto. Ma di maltrattamenti continui”, aveva detto nel corso del processo il pm. “Avrebbero dovuto prendersi cura di lui e invece gli hanno fatto del male come mai nessuno in vita sua. Lo hanno distrutto. Poche volte in un aula di giustizia ci siamo trovati di fronte a maltrattamenti tanto brutti e tanto infami per la loro perseveranza. Pensava di sfuggire all’inferno di un orfanotrofio in Ucraina e ha trovato in Italia un inferno ancora peggiore”.

Il giovane, nato a Donetsk in Ucraina, era stato affidato alle cure di una famiglia adottiva che vive in un paese della cintura torinese. Oggi vive in una comunità per decisione del Tribunale per i Minorenni di Torino. Il giudice Antonio De Marchi ha anche condannato la coppia a una provvisionale di 20mila euro. “È una sentenza che ci soddisfa. Sin dall’inizio abbiamo creduto alle parole del ragazzino – ha detto l’avvocato di parte civile Emanuela Martini – Rimane l’amarezza per una vicenda triste, per una situazione familiare difficile, per la solitudine di questo giovane, che oggi, a seguito di un provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Torino, vive in una comunità. Per il giovane, parte civile nel processo, è importante sapere che il giudice gli abbia creduto”.