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Venezuela, Parlamento esautorato. E ora è il Tribunale a fare e fermare le leggi

L'alta corte venezuelana ha stabilito che siccome l'Assemblea si trova in una situazione di “ribellione e oltraggio” alle sue decisioni, “le competenze parlamentari saranno esercitate direttamente dalla Sala Costituzionale (del Tribunale supremo di giustizia) per garantire lo Stato di diritto"

L’hanno già ribattezzata come Madurazo la sentenza con cui il Tribunale Supremo di Giustizia (Tsj) venezuelano ha esautorato completamente il Parlamento unicamerale in mano all’opposizione antichavista, assumendone tutte le funzioni e dando così pieni poteri al governo del presidente Nicolas Maduro. Il paragone è corso subito al Fujimorazo, l’autogolpe di Stato dell’allora presidente peruviano, Alberto Fujimori, che il 5 aprile del 1992 chiuse il Parlamento dominato dall’opposizione, mise sotto controllo il potere giudiziario e iniziò a reprimere e incarcerare gli oppositori.

Di fatto, con questa sentenza, l’alta corte venezuelana ha stabilito che siccome l’Assemblea si trova in una situazione di “ribellione e oltraggio” alle sue decisioni, “le competenze parlamentari saranno esercitate direttamente dalla Sala Costituzionale (del Tsj) per garantire lo Stato di diritto“. Maduro sarà solo tenuto ad “informare” il Tsj delle sue decisioni, mentre l’Assemblea “non potrà modificare le condizioni proposte né pretendere di stabilirne altre”. Una decisione aspramente criticata non solo dall’opposizione venezuelana, ma anche anche dagli altri Stati latinoamericani, dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti. Il presidente del parlamento venezuelano, Julio Borges, ha subito qualificato l’atto come un “golpe, una dittatura”, e fatto sapere che il potere legislativo non riconosce la sentenza emessa, “non si arrende né si consegna”. Ha lanciato un appello alle forze armate, perché appoggi il Parlamento, e convocato una mobilitazione generale per sabato.

Ma cosa succederà adesso in Venezuela? Nella sostanza non cambierà molto, perché il Tribunale supremo considerava nulle le decisioni del Parlamento già dall’agosto del 2016. L”oltraggio’ si era consumato dopo che l’Assemblea aveva deciso comunque di incorporare 3 deputati dello Stato dell’Amazonas, la cui elezione era stata impugnata poco dopo le politiche del dicembre 2015.

Grazie a questi tre membri infatti, l’opposizione antichavista avrebbe ottenuto la super-maggioranza per governare e indire il referendum revocatorio. Secondo alcuni analisti, come Luis Vicente Leon, presidente di Datanalis, che si occupa di sondaggi, “già da molto tempo l’Assemblea non ha il potere reale per svolgere le sue funzioni. Le sue competenze sono state completamente prese dal Tribunale”. Ma se in termini pratici non cambia molto, il valore simbolico di questa decisione è enorme. È la prima volta infatti che il più alto tribunale del Venezuela, rileva l’opposizione, si attribuisce la capacità di fare le leggi, e non solo di fermarle. L’opposizione però non ha un grande margine di manovra politica contro questa decisione: impugnare la sentenza sarebbe una sconfitta sicura, e come ha spiegato alla Bbc Guillermo Tell Aveledo, professore dell’Università metropolitana di Caracas, “la capacità di risposta della comunità internazionale è limitata”.

Il Perù ha deciso di ritirare il suo ambasciatore, ma l’impatto delle sanzioni dell’Organizzazione degli stati americani (Oea) è minimo, senza contare che queste misure aggraverebbero la situazione interna del Venezuela, a rischio di default e insolvenza”. I paesi membri dell’Oea sono riuniti in una riunione di emergenza per valutare la possibilità di sospendere il Venezuela dall’organizzazione, ma secondo il diplomatico colombiano Julio Londoño, è difficile che mettano in atto le azioni previste dalla loro Carta democratica, perché il Venezuela esercita una sorta di ‘tutela petrolifera’ sui vari stati caraibici, il cui voto è fondamentale, e anche perché la repubblica bolivariana può contare sulle simpatie di paesi come Nicaragua, Bolivia ed Ecuador.

Come riporta l’agenzia Reuters la misura del Tsj può essere una buona notizia per alcune compagnie petrolifere straniere, che temevano ritardi nei loro progetti, dopo l’avvertimento mandato dall’opposizione che gli accordi di investimenti non transitati per il congresso non sarebbero stati validi. Difatti Borges ha subito rimarcato che la decisione del Tsj è stata “presa per evitare il controllo del parlamento sulle imprese petrolifere”. Nel pieno della sua crisi economica che lo sta mettendo in ginocchio, il Venezuela sta cercando fondi per pagare i suoi enormi debiti, e una delle strade che sta percorrendo è la vendita di parte di diversi giacimenti petroliferi. E la prima misura presa dal Tribunale supremo con questa nuova potestà auto-attribuita è stata autorizzare Maduro a creare imprese miste nell’area petrolifera, senza dover passare dal Parlamento come prevedeva la legge sugli idrocarburi.