C’è chi ha cambiato partito, lanciando o seguendo scissioni. Chi si è difeso nel nome della Costituzione. O ancora chi, tra Montecitorio e Palazzo Madama, non si è fatto troppi scrupoli a girovagare tra i gruppi, nel segno del trasformismo di depretisiana memoria. Aspettando la (nuova)
legge elettorale,
dimenticata dopo i mesi in cui tutti invocavano urne anticipate e poi “congelata” dal
Congresso Pd, c’è soltanto una certezza: la libertà di mandato non sarà certo messa in discussione. Così, nel Parlamento dei nominati (per “merito” del Porcellum), è record per i
cambi di gruppo: ben 450, nella XVII legislatura, come riporta
Openpolis: 195 al Senato, 255 alla camera, con 312 parlamentari coinvolti. L’ultimo episodio?
Mario Mauro, tornato da
Berlusconi. Ma in buona compagnia. Il recordman indiscusso è
Luigi Compagna, con ben sei cambi, ora con i Conservatori e Riformisti: “La statistica è ingenerosa. E ammetto di aver peccato votando la fiducia al governo Renzi, ma solo 4 volte”
, replica ironico. E ancora: “L’elettorato? Sono libero di sconfessarlo, nel nome della Costituzione”. Certo, i cambi attraversano tutto l’arco politico. “Io sono per tutelare la democrazia e la Costituzione”, si difende l’ex M5S
Serenella Fucksia. Ma c’è anche chi nega di essersi mai mosso, come
Claudio Fava (ex Sel, ora Articolo 1 – Mdp): “Ha presente il
sistema tolemaico? Sono sempre stato allo stesso posto, sono rimasto a sinistra e all’opposizione. Bene, sono gli altri che si spostano…”