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Usa, Trump ritira la riforma sanitaria. “Non ha i voti del Partito repubblicano”. Clamoroso ko per il tycoon al Congresso

Il voto sul provvedimento era già slittato giovedì, dopo il fallimento dell'ennesimo pressing sui ribelli del presidente e dello speaker Paul Ryan. Che nel pomeriggio aveva comunicato alla Casa Bianca che tra le file del "Grand Old Party" non ci sarebbero stati numeri sufficienti. Intanto l'amministrazione dice sì all'oleodotto Keystone

La sconfitta era nell’aria, ma al voto non si è nemmeno arrivati. Il Partito Repubblicano ha ritirato il disegno di legge per la riforma sanitaria che doveva consentire a Donald Trump di cancellare l’Obamacare e mantenere una delle principali promesse fatte in campagna elettorale. Il voto previsto alla Camera dei rappresentanti è stato quindi annullato. Per il presidente si tratta del primo gigantesco scivolone a Capitol Hill. “Ora avanti sulle tasse – ha detto il capo della Casa Bianca dallo Studio Ovale – e quando l’Obamacare esploderà allora forse i democratici apriranno su un accordo”. “Ci mancavano 10.15 voti – ha proseguito – i veri perdenti sono Nancy Pelosi e Chuck Schumer“, i leader dem alla Camera e al Senato. “Obamacare esplodera”, ha ribadito, ammonendo che le conseguenze ricadranno sui democratici. Il prossimo passo, ha proseguito, sarà probabilmente la riforma fiscale.

“Oggi è un giorno deludente per noi”, “abbiamo deluso le aspettative”, ha ammesso da parte sua lo speaker della Camera Paul Ryan in una conferenza stampa dopo il ritiro della riforma, sul quale Trump “ha concordato”. Secondo fonti del Congresso, lo speaker ha chiamato il presidente mezz’ora prima del voto e questi gli ha chiesto di ritirare il disegno di legge. Esultano, invece, i democratici: “Oggi è un grande giorno per il nostro Paese – ha detto Nancy Pelosi – è una vittoria per il popolo americano“.

Ha voluto giocare d’azzardo, il magnate, e così facendo si è giocato una buona fetta della sua reputazione di negoziatore e la sua credibilità di presidente, dopo il doppio fiasco del suo bando anti-Islam, due volte bocciato dai tribunali e minato in gran parte dalla stessa fretta con cui è stato partorito l’American Health care act: una riforma che si è guardato bene dall’etichettare come “Trumpcare”, fiutando forse la strada piena di ostacoli, anche nell’eventuale tappa al Senato, dove la maggioranza repubblicana è più risicata (52 a 48). Dopo la maratona di negoziati alla Casa Bianca e a Capitol Hill e la dozzina di emendamenti per assecondare le opposte richieste dell’ala conservatrice e di quella moderata del suo partito, Trump voleva chiudere presto, prima della pausa pasquale, pur sapendo di avere oltre 30 deputati contro e una quindicina orientata per il no ad una ‘controriforma’ che avrebbe fatto uscire dal sistema sanitario 14 milioni di persone già nel 2018.

Il voto era già slittato giovedì, dopo il fallimento dell’ennesimo pressing del presidente e dello speaker sui repubblicani riluttanti. A poche ore dal voto Ryan si era recato alla Casa Bianca per comunicare che tra le file del Grand Old Party non ci sarebbero stati i voti sufficienti a varare il provvedimento. E ai dissidenti Trump aveva lanciato un chiaro ultimatum: o passa la nuova riforma o l’Obamacare resterà in vigore e passeremo ad altre priorità legislative. Nel pomeriggio, poi, a poche ore dall’appuntamento al Congresso e in un clima da resa dei conti con il partito, Sean Spicer, portavoce della Casa Bianca, aveva spiegato che il presidente era convinto di aver fatto tutto quello che poteva per l’approvazione della riforma, ma “non si può costringere la gente a votare, non è una dittatura“.

In mattinata Trump aveva affrontato la questione nella consueta raffica di tweet: “Dopo sette anni di orribili anni di Obamacare (premi e deducibilità alle stelle, cattiva assistenza sanitaria) questa è alla fine la vostra occasione per un grande piano”, rilanciando la sfida al suo partito. Il presidente ha anche preso di mira i deputati del Freedom Caucus, sottolineando l'”ironia” del fatto che pur essendo “molto pro-life e contro Planned Parenthood” (l’organizzazione che negli Stati Uniti tutela il diritto all’aborto) consentirebbero la sopravvivenza dell’Obamacare se bloccano la riforma.

Intanto l’amministrazione Trump ha vibrato uno schiaffo agli ambientalisti, concedendo l’autorizzazione per la realizzazione dell’oleodotto Keystone, capovolgendo una precedente decisione di Barack Obama. Dopo otto anni di battaglia politica, TransCanada ha ottenuto il via libera al progetto per trasportare petrolio dal Canada agli stati del Golfo del Messico. “Apprezziamo l’amministrazione Trump per aver rivisto e approvato questa importante iniziativa”, si legge in una nota firmata da Russ Girling, ad di TransCanada.