Giustizia & Impunità

Consip, Alfredo Romeo arrestato per corruzione: 100mila euro al funzionario pubblico in cambio di dritte su appalti

Per gli inquirenti l'immobiliarista campano pagava il manager pubblico Marco Gasparri, definito "prototipatore" perché in cambio di soldi dava informazioni privilegiate su come superare i bandi di gara. Perquisiti Italo Bocchino (il "facilitatore") e Carlo Russo, imprenditore toscano amico di Tiziano Renzi e indagato col padre dell'ex premier per concorso in traffico di influenze

Corruzione nell’ambito dell’inchiesta su Consip, la società del ministero del Tesoro che si occupa di controllare e gestire gli appalti per il pubblico. E’ questa l’accusa con cui la Procura di Roma ha chiesto e ottenuto dal gip l’arresto dell’imprenditore di origini campane Alfredo Romeo, che proprio oggi compie 64 anni. L’indagine che ha portato al provvedimento di custodia cautelare in carcere ai danni di Romeo è la stessa, partita da Napoli e arrivata a Roma, in cui sono stati iscritti nel registro degli indagati, seppur con ipotesi di reato diverse, il ministro dello Sport Luca Lotti, Tiziano Renzi (il padre dell’ex premier), il generale Tullio Del Sette (comandante dei carabinieri) e il generale Emanuele Saltalamacchia (comandante dei carabinieri della Toscana).

I PIZZINI PER COMUNICARE CON IL MANAGER PUBBLICO
Alfredo Romeo è stato arrestato dal comando Carabinieri tutela ambiente, dai militari dell’Arma di Napoli e dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Napoli. L’episodio contestato all’imprenditore campano è quella della presunta corruzione (per funzione) di Marco Gasparri, dirigente Consip e all’epoca direttore Sourcing Servizi e Utility, in pratica il settore che si occupa delle gare per l’acquisto dei servizi per tutte le amministrazioni. Secondo gli inquirenti, il manager pubblico era al servizio di Romeo (a Napoli indagato anche per associazione per delinquere): riceveva consistenti somme di denaro in cambio di informazioni riservate in grado di favorire le società di Romeo nell’assegnazione di alcuni bandi di gara, tra cui anche quella da 2,7 miliardi di euro da cui sono partite le indagini. Per questo motivo, è stato anche disposto il sequestro patrimoniale di 100mila euro allo stesso Gasparri: secondo gli investigatori si tratta del provento della corruzione dal 2013 a oggi. Gasparri, difeso dall’avvocato Alessandro Diddi, non è stato arrestato perché ha collaborato con gli inquirenti, ma anche perché sono venute meno le esigenze di custodia cautelare poiché il funzionario non ha più ruoli operativi all’interno di Consip. Come detto, nel suo interrogatorio Gasparri ha ammesso le proprie responsabilità e ha fornito elementi utili al prosieguo delle indagini, che in seguito si sono avvalse anche di intercettazioni (anche telefoniche) e pedinamenti. Acquisite anche alcune agende e, soprattutto i pizzini con cui Gasparri e Romeo comunicavano. Tale circostanza è documentata in alcune registrazioni ambientali: i due non parlano, ma si sente nitidamente il rumore di fogli, il che ha fatto presupporre a chi indaga che i due comunicassero tramite alcuni pezzi di carta, poi recuperati dai carabinieri nella spazzatura.

IL “PROTOTIPATORE” GASPARRI E IL “FACILITATORE” BOCCHINO
Non solo. Nelle sue conversazioni Romeo definiva Gasparri il suo “prototipatore“, ovvero colui che all’interno dell’amministrazione costruisce i bandi di gara in ufficio e gli fornisce elementi assai utili per aggiudicarsi le gare. Insieme alla figura del prototipatore, c’era anche quella del facilitatore, che secondo il gip Sturzo è l’ex parlamentare di An Italo Bocchino, che di Romeo è consulente. Nelle carte dell’inchiesta, l’ex parlamentare viene definito “consigliere strategico” dell’imprenditore e, scrive il pm, avrebbe “capacità di accedere ad informazioni riservate anche grazie al suo trascorso di deputato e membro del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti e con perduranti contatti con sedicenti ed effettivi appartenenti all’intelligence, nonché con politici e pubblici funzionari in posizione apicale”. “Presumibilmente anche grazie alla costante attività di relazione” di Bocchino, scrive il pubblico ministero, Romeo “ha avuto contezza di indagini sul proprio conto sicuramente già dal settembre 2016″. L’ex finiano, però, non è indagato per corruzione bensì per traffico di influenze. Per questo motivo, gli inquirenti hanno perquisito le abitazioni di Bocchino e anche quella dell’imprenditore farmaceutico toscano Carlo Russo. Quest’ultimo, molto vicino sia a Romeo che a Tiziano Renzi (indagato con Russo per concorso in traffico di influenze, venerdì sarà ascoltato dai pm), come dimostrato da Il Fatto Quotidiano, nel 2015 è stato raccomandato dal ministro Lotti a Michele Emiliano. A rendere nota la vicenda è stato lo stesso governatore pugliese, che per questo motivo nella giornata di oggi era atteso in procura per riferire i particolari della questione in qualità di persona informata sui fatti. L’appuntamento, però, non ci sarà: gli ultimi sviluppi di cronaca hanno fatto slittare l’interrogatorio.

ROMEO AVEVA PROPOSTO A GASPARRI DI CONCORDARE LA LINEA DIFENSIVA
Nell’ordinanza di custodia cautelare, inoltre, il gip riporta il tentativo di Romeo di sviare le indagini. In particolare, l’imprenditore propose a Marco Gasparri “di costruire una comune ipotesi difensiva per impedire il normale corso della giustizia o, meglio, di deviare le indagini per favorirlo”. La circostanza è stata raccontata dallo stesso funzionari Consip nel corso di uno dei due interrogatori davanti ai magistrati di Roma e Napoli. “Ho visto l’ultima volta Romeo nel suo ufficio il 29 novembre 2016…In quell’occasione – ha messo a verbale Gasparri – il Romeo era sudato e farfugliava e mi disse che aveva avuto un sequestro e che gli avevano sequestrato anche dei foglietti, compreso un foglio dove c’era il mio nome con dei numeri accanto. A quel punto – ha continuato Gasparri – mi disse che avremmo dovuto concordare una versione da rendere all’autorità giudiziaria che sicuramente ci avrebbe, di là a poco, convocati. Io a quel punto gli ho detto qualche brutta parola dicendo che mi aveva rovinato e me ne sono andato. Dopo un paio di giorni sono andato dall’avvocato e ho deciso di confessare tutto“. Non solo. Gasparri nel corso di uno dei suoi interrogatori ha anche spiegato per filo e per segno il suo ruolo nel metodo Romeo: “Essendo io funzionario della Consip e dirigente dell’ufficio che predisponeva i capitolati – ha rivelato  – sapevo esattamente come dovevano essere fatte le offerte tecniche. Romeo ava un ufficio tecnico inadeguato – ha detto ancora Gasparri – e io essendo uomo della Consip gli davo le indicazioni utili per la predisposizione dell’offerta tecnica” che, ha aggiunto, “sapevo esattamente come doveva essere fatta”. Il manager pubblico, inoltre, ha spiegato anche i rapporti di Romeo con la politica: “Mi disse che il suo intento di ‘avvicinare’ i vertici di Consip si erano realizzati attraverso ‘interventi politici ad altissimo livello'” è scritto nel provvedimento del gip Gaspare Sturzo. Che, descrivendo i ‘criteri per la scelta della misura’ del carcere per l’imprenditore, ha sottolineato la sua “forte capacità di attuale penetrazione nel sistema economico, imprenditoriale e politico” che “giustificano l’adozione della misura cautelare di massimo rigore”. “La forza corruttiva di Romeo – ha scritto ancora il gip – è ampliata dalla sua conclamata ‘rete’ di conoscenze istituzionali ‘ad altissimo livello’, conoscenze che, all’evidenza, utilizza in modo spregiudicato per orientare a suo vantaggio l’agire della pubblica amministrazione“.

L’INCHIESTA – PARTITA DA NAPOLI E ARRIVATA A ROMA PER COMPETENZA
L’inchiesta, come detto, è nata da un’indagine avviata nei mesi scorsi dalla Procura di Napoli per presunte irregolarità nelle assegnazioni di alcuni appalti. Un’indagine condotta dai pm della Dda, John Woodcock e Celeste Carrano: il fatto che il procedimento sia condotto dai magistrati dell’Antimafia è motivato dal presunto collegamento ai clan di alcuni dipendenti della ditta di pulizia, che fa capo al gruppo Romeo, che ottenne l’appalto per svolgere tale servizio all’ospedale Cardarelli di Napoli. Dagli accertamenti svolti dai magistrati emerse un presunto sistema di tangenti in riferimento sia all’appalto nell’ospedale Cardarelli che per altri lavori pubblici a Napoli. Gli sviluppi più importanti dell’indagine sono collegati alle intercettazioni telefoniche ed ambientali ed altre attività, come sequestri e perquisizioni (a Roma furono trovati in una discarica dei pizzini sui quali secondo l’accusa Romeo avrebbe annotato importo e destinatari delle mazzette) che hanno portato all’apertura del filone sugli appalti della Consip, la centrale di spesa della pubblica amministrazione. Ciò ha comportato una trasmissione, per competenza territoriale, di buona parte degli atti, alla Procura di Roma che sta operando in stretto contatto con i colleghi della Procura partenopea.

DA LOTTI A DEL SETTE FINO A SALTALAMACCHIA: LE PERSONE COINVOLTE
L’inchiesta Consip è stata svelata dal Fatto Quotidiano il 22 dicembre dell’anno scorso. Nel mirino dei pm c’è l’appalto più grande d’Europa: Fm4, cioé facility management, la gara indetta nel 2014 da Consip per l’affidamento dei servizi gestionali degli uffici, delle università e dei centri di ricerca della Pubblica amministrazione. La convenzione vale 2 miliardi e 700 milioni di euro per una durata complessiva di 36 mesi e corrisponde all’11,5 per cento della spesa annua della Pubblica amministrazione. L’appalto è diviso in lotti e Alfredo Romeo era in pole per un bando da quasi 700 milioni di euro. Nell’ambito dell’inchiesta, il ministro Lotti è indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento. Il fascicolo contenente le ipotesi di reato sulle fughe di notizie è stato stralciato dal filone principale sulla corruzione ed è finito a Roma per competenza territoriale. Il braccio destro di Renzi, già sottosegretario alla Presidenza del consiglio, è stato iscritto nel registro degli indagati a seguito delle dichiarazioni del suo amico Luigi Marroni, che nel suo interrogatorio come persona informata dei fatti ha tirato in ballo anche il generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, comandante della Legione Toscana, indagato per le stesse ipotesi di reato. Nella fattispecie, Marroni ha detto di avere saputo dell’indagine e della presenza di microspie negli uffici Consip dal presidente di Consip Luigi Ferrara, che a sua volta era stato informato dal comandante Tullio Del Sette. Poi ha aggiunto altri nomi. I più importanti sono quelli di Lotti e del generale Emanuele Saltalamacchia, suoi amici. Entrambi lo avrebbero messo in guardia dall’indagine. Dopo la soffiata Marroni fece eseguire la bonifica. Che effettivamente andò a segno.