Politica

Pd, non solo Errani: gli effetti della scissione sull’Emilia. Reggio è “rossiana”, a Piacenza la rottura più pesante

Non un esodo, ma un'uscita diffusa da direzioni del partito e consigli comunali. Così a Modena, dove lunedì si attende Bersani, il sindaco Muzzarelli pare più fragile. Mentre a Bologna si è più cauti, ma Merola ribadisce che serve una sinistra unita (e pensa a Pisapia)

Il Partito Democratico vacilla sotto i colpi della scissione, soprattutto in una delle regioni rosse per eccellenza, l’Emilia Romagna. Sabato prossimo un uomo simbolo del partito, Vasco Errani – per quasi 15 anni presidente di Regione – con ogni probabilità darà l’addio al Pd dal suo circolo ravennate portandosi dietro i suoi fedelissimi. La scissione è guidata da un altro mostro sacro della “Ditta” emiliano-romagnola, Pier Luigi Bersani che qui ha ancora molti sostenitori e ne fa parte un altro governatore, quello toscano, Enrico Rossi, che tra i suoi collaboratori stretti ha diversi emiliani.

Reggio Emilia, la città di Delrio diventa un po’ “rossiana”
La prima provincia ad aderire alla nuova formazione politica che nascerà è infatti la Reggio Emilia del ministro Graziano Delrio. Il Pd ha perso l’assessore alle Infrastrutture Mirko Tutino, ex membro anche della direzione nazionale che, martedì scorso, ha annunciato l’addio. “Credo in un partito che metta al centro il lavoro come occasione di dignità e strumento per la realizzazione delle persone, e non accetto l’idea che il partito a cui aderisco sia il primo a operare perché il lavoro sia precario” ha spiegato. Pronta a lasciare il gruppo Pd in Regione anche Silvia Prodi, nipote dell’ex presidente del Consiglio: con Tutino è tra i fondatori di Democraticisocialisti, l’associazione di Rossi. “Continuiamo a credere in un centrosinistra che sia in grado di interpretare oltre ai sondaggi anche le idee e le esigenze delle persone” sottolinea Prodi che, ieri sera, ha convocato insieme a Tutino un’assemblea aperta sul futuro del centrosinistra. Tra i fuoriusciti di Reggio Emilia ci sarà anche il consigliere comunale Lanfranco De Franco.

A Modena il sindaco Muzzarelli più fragile
A Modena, invece, lunedì prossimo, Bersani farà la sua prima uscita pubblica da ex Pd in un incontro dal nome “All’altezza degli occhi -Un nuovo centrosinistra per l’Italia”. Attorno a lui gli scissionisti emiliani. I ribelli modenesi sono guidati dalla parlamentare ed ex viceministro del Lavoro Cecilia Guerra e da Paolo Trande, capogruppo di lungo corso del Pd in Comune a Modena, che si è dimesso a fine 2016 per la frattura sul referendum costituzionale. “Stamattina inizierò l’iter per uscire dal Pd – spiega Trande – sono un militante di vecchia scuola comunista perciò seguirò tutta la trafila tradizionale, comunicando la mia uscita al mio segretario di circolo, al segretario cittadino e al sindaco e manderò una lettera ai miei ex compagni del gruppo”.

Per il fine settimana, dunque, anche nel Modenese la scissione sarà compiuta. A seguire Trande, in quest’avventura, saranno altri due consiglieri comunali: Marco Malferrari e Walter Stella. I tre, in questo modo, potrebbero mettere in crisi la maggioranza del sindaco Pd Gian Carlo Muzzarelli che scende da 18 a 15 consiglieri su un totale di 32, diventando insufficiente a far approvare delibere e atti. In più potrebbero presto convergere sullo schieramento di Trande anche Francesco Rocco e Marco Cugusi, non soddisfatti della Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni. Bisognerà poi capire cosa farà la lista civica orientata a sinistra “Per me Modena”. Se i suoi esponenti Domenico Campana e Marco Chincarini decidessero di far parte della formazione politica di Bersani, i consiglieri modenesi del partito di Trande sarebbero 7, un numero importante per gli equilibri di potere in Comune a Modena. “Abbiamo l’ambizione – spiega Trande – di provare a riportare in un movimento di sinistra tutti quelli che in questi anni hanno mollato il Pd e che non hanno una casa . E’ chiaro che l’obiettivo è quello di provare a mettere insieme tutto quello che è nato a sinistra del Pd”.

Nella Piacenza di Bersani la scissione più pesante
La vera ondata di scissioni in termini numerici arriverà, a quanto pare, a Piacenza e potrebbe ribaltare il risultato delle amministrative di primavera. In città, infatti, ha resistito strenuamente un avamposto della minoranza del Pd che è forte e presente con posizioni che si attestano su quelle di Speranza e Bersani, come noto originario di Bettola, dove però il Pd è a zero tessere dal 2014, quando è stato chiuso l’ultimo circolo Pd. A Piacenza, invece, proprio la sua presenza, insieme a quella del parlamentare Maurizio Migliavacca (di Fiorenzuola), anche lui in uscita dal Pd, ha fatto sì che la minoranza del partito mantenesse un ruolo importante di coordinazione politica. Al punto che il Pd, come spiega il segretario provinciale Loris Caragnano, ha deciso di non fare le primarie per le Comunali perché “sarebbero laceranti in quanto si presenterebbe la stessa situazione nazionale, con un conflitto tra i renziani e la minoranza Pd”. “La scissione a Piacenza – ammette Caragnano – sarà la più pesante in Emilia, sicuramente la città diventerà il laboratorio della nuova formazione politica di Bersani”.

Gli scissionisti annunceranno venerdì la loro decisione di uscire dal Pd. A guidare l’addio Francesco Cacciatore, ex vicesindaco, candidato alle primarie vinte dall’attuale sindaco Paolo Dosi e fondatore dell’associazione Alice che raggruppa tutta l’area della Sinistra Riformista, tenuta a battesimo a Piacenza proprio da Roberto Speranza. A seguire Cacciatore, con ogni probabilità, anche l’ex segretario provinciale Vittorio Silva, qualche segretario di circolo e un paio di consiglieri comunali di Piacenza. “I fuoriusciti – commenta Caragnano – andranno verso la costituzione di una lista autonoma con un loro candidato sindaco. Questo ci mette in crisi perché eravamo in cerca di un candidato unitario nel Pd, ora non sappiamo se continuare a cercarlo o pensare a un rappresentante di una possibile coalizione con i fuoriusciti dal Pd”.

Bologna, no a addii, ma Merola vuole una sinistra unita
Dovrà invece rinunciare alla ribellione Cesena dove Enzo Lattuca, parlamentare bersaniano che raccoglie intorno a sé una buona parte della minoranza nella città romagnola, ha deciso per ora di stare in tribuna. Bologna per il momento resta invece compattamente renziana, in un’Emilia Romagna guidata dai renzianissimi Stefano Bonaccini, presidente della Regione (ex bersaniano), e Paolo Calvano, segretario regionale, ma – sostiene il sindaco Virginio Merola – solo “perché non c’è dialettica”. Il Pd rischia, in realtà, di peggio: “L’abbandono e l’implosione più che una scissione” soprattutto se “crede di essere autosufficiente” e non si apre “al centrosinistra”, compresi il Campo Progressista dell’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Una soluzione esposta da Merola e dal parlamentare cuperliano Andrea De Maria nel libro che presenteranno oggi a Bologna, ‘Insieme per un campo democratico e progressista”, che ha la prefazione firmata proprio da Pisapia.