Politica

Pd, in Toscana i “rossiani” non seguono Rossi. Consiglieri e sindaci: “La battaglia nel partito si fa da dentro”

Lo strappo del governatore non convince nessuno tra gli eletti. Ma il presidente di Regione è sicuro: "Non sono solo. Un conto è il ceto politico, un altro il popolo. Dalla gente comune riscontri importanti"

I “rossiani” non seguono Enrico Rossi. Il governatore della Toscana ha deciso di lasciare il Pd ma lo “strappo” non convince affatto la maggior parte dei suoi vecchi sostenitori. Rossi non sembra preoccupato: “Non sono affatto solo – assicura a margine di un incontro in provincia di Pisa organizzato dalla Uil – inizia un lavoro che non sarà facile ma che potrà dare risultati e sviluppi”. In Regione i consiglieri non renziani sono 4-5 (su 25) ma nessuno di loro al momento sembra intenzionato a abbandonare il partito, così come i due assessori vicini al governatore. Persino i sindaci “rossiani” frenano. I “big” del partito, sia a livello regionale che locale, sembrano insomma non voler seguire la strada tracciata da Rossi: “Gli amministratori locali, dirigenti periferici del Pd che avevano aderito alla sua corrente Democratici e socialisti – ha aggiunto all’HuffPost il segretario regionale del Pd Dario Parrini – nel giro di 48 ore si sono pubblicamente dissociati e hanno detto che il Pd è la loro casa, che non concepiscono una battaglia al di fuori del Pd per quelle che sono le loro idee e non hanno seguito Rossi”.

“Nessuna preoccupazione: molte adesioni dal popolo”
Dallo staff di Rossi – contattato dal FattoQuotidiano.it – non trapela alcuna preoccupazione, anzi: “Un conto è il ceto politico, un altro il popolo. Dalla gente comune stiamo avendo riscontri importanti e questo è quello che c’interessa: ogni giorno riceviamo una cinquantina di lettere di sostegno”. Poi la precisazione: “Nessuna pressione su consiglieri o assessori, quella di Rossi è stata una scelta d’indipendenza politica e di libertà”.

L’isolamento in Regione
Gli esponenti del Pd in Regione fino a oggi considerati vicini a Rossi non sembrano intenzionati a uscire dal partito. L’assessore alle infrastrutture Vincenzo Ceccarelli al FattoQuotidiano.it conferma che resterà nel Pd mentre l’assessore al Bilancio Vittorio Bugli su facebook scrive di “aver fortemente creduto nella nascita del Pd” e di voler “continuare a crederci” impegnandosi affinchè “il congresso registri la volontà dei nostri iscritti di riaffermare il Pd come forza di riferimento del centro sinistra, dove trovino piena voce le istanze della sinistra”. Anche il consigliere di Rossi in tema di lavoro, il livornese Gianfranco Simoncini, resterà nel partito e lavorerà – scrive su facebook – “per spostare a sinistra l’asse strategico e programmatico del Pd”.

Non renziani compatti: “Restiamo”
Il gruppo dei consiglieri non renziani inizia a prendere posizione. “Resterò nel partito” dichiarano al Fatto.it sia Paolo Bambagioni che Simone Bezzini. Anche Alessandra Nardini sembrerebbe intenzionata a restare: “Il Pd è casa mia” scriveva su facebook lo scorso 21 febbraio. Ilaria Bugetti spera ancora “che il Pd rimanga unito e che nel congresso ci si possa misurare sulle idee in un confronto leale, anche duro se necessario”. Ancora indecisa invece Serena Spinelli: “Lasciare il partito? Devo riflettere”.

Lo stop dei sindaci
Lo “strappo” di Rossi di sicuro non è piaciuto neanche ai sindaci considerati vicini a Rossi. Il primo cittadino di Lucca Alessandro Tambellini, in corsa per la rielezione, non abbandonerà il partito: “Rispetto Enrico ma non rompo – ha dichiarato al Corriere – Il Pd può risolvere le emergenze”. Anche il sindaco di Pistoia Samuele Bertinelli, pure lui in lizza il bis, sembra aver le idee chiare: “E’ da irresponsabili anche solo concepire un’ipotesi di frattura” ha dichiarato ai giornali locali. “Sorpreso e amareggiato” si definisce Simone Millozzi, sindaco di Pontedera, ruolo che fu ricoperto dallo stesso Rossi fino al 1999. Millozzi è convinto “che la battaglia vada fatta nel partito“.