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Modigliani, 32 anni fa la burla delle teste false che fece arrossire il mondo dell’arte

“Nell'estate del 1984 Livorno fu travolta dalla ricerca frenetica, affannosa e molto speranzosa delle sculture di Modigliani”. Pietro Luridiana, autore di quella che sarà ricordata da tutta Italia e non solo, come “la beffa delle false teste di Modì” dopo 32 anni ricorda quella vicenda

Il 24 gennaio del 1920 moriva all’Hopital de la Charité di Parigi Amedeo Modigliani. Pittore, scultore, artista “maudit”, maledetto, era partito alla volta di Parigi quattordici anni prima lasciandosi alle spalle la sua città natale, Livorno, deriso dagli artisti suoi concittadini. 

Il rapporto tra Modigliani e la sua città è stato burrascoso per diverso tempo: l’artista oggi quotato e apprezzato in tutto il mondo, in vita non fu mai veramente compreso dai livornesi e spesso fu preso in giro per i lunghi colli femminili dei dipinti e per lo stile delle sue sculture. 

E proprio le sculture di Modì nel 1984, a cento anni dalla morte dell’artista, diedero alla sua amata – odiata Livorno enorme notorietà con una notizia che fece il giro del mondo: uno scherzo, una presa in giro, proprio come quelle riservate a Modigliani quando era in vita. Per raccontare la storia di una delle più grandi beffe di sempre bisogna infatti tornare al luglio del 1984.

Livorno festeggia il centenario della nascita di  Amedeo Modigliani con una mostra a lui dedicata. Curatori dell’esposizione sono i fratelli Dario e Vera Durbè.

Dario è direttore della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma mentre Vera è direttrice del Museo Progressivo d’Arte Contemporanea di Villa Maria, a Livorno. Ed è proprio Villa Maria il luogo scelto per allestire la mostra che però rischia di essere un fallimento: poche le opere esposte (a Livorno arrivano solo quattro delle 26 sculture riconosciute all’artista) e poco pubblico.

Forse anche per questo Vera Durbè si gioca il tutto per tutto: dare credito a una leggenda secondo la quale nel 1909, Modigliani incompreso e deriso dalla città e dagli amici artisti, decise di gettare nel Fosso Reale alcune sue sculture prima di tornare a Parigi, città dove passò il resto dei suoi giorni e dove oggi è sepolto al cimitero Père-Lachaise. Vera Durbè, infatti, afferma di “sentire” la presenza delle opere dell’artista nel Fosso e ottiene le autorizzazioni dal Comune per iniziare la ricerca.

Nel giro di poco iniziano le operazioni di dragaggio. I livornesi si accalcano lungo la spalletta del fosso per seguire le ricerche, la curiosità è alle stelle. “Inizialmente la popolazione era curiosa, sperava che venissero a galla queste bellissime sculture di Modigliani – racconta Pietro Luridiana – con il passare del tempo però il disincanto ha preso la meglio. La gente, con lo spirito tipico dei livornesi, passava da quelle parti anche per lanciare qualche battuta”.

Dopo alcuni giorni di ricerche infruttuose i livornesi cominciano a farsi gioco dell’operazione voluta dai fratelli Durbè: “Qualunque cosa venisse recuperata, anche la più improbabile, diventava vox populi di Modigliani. Io che passavo quasi quotidianamente da queste parti – ricorda Luridiana – ho seguito tutta questa evoluzione, dall’attesa speranzosa allo sberleffo pieno. In fin dei conti c’erano delle persone che stavano lavorando duramente, era luglio, faceva caldo e la gente li prendeva in giro, così mi sono chiesto, e se domani davvero saltasse fuori una testa di Modigliani?”.

Detto, fatto. Luridiana chiama gli amici Ghelarducci e Ferrucci, spiega ai due lo scherzo che ha in mente. “Nel giro di un paio di giorni ci siamo procurati gli attrezzi che non erano nemmeno quelli specifici dello scultore. Avevamo martello, cacciavite e il noto trapano elettrico”.

Approfittando del caldo che ha spinto gran parte dei livornesi a prendere il fresco sul lungomare, i tre studenti gettano la loro finta testa di Modì proprio davanti alla draga. Sperano che venga ritrovata e di creare scompiglio per qualche ora o poco più: “Pensavamo che una volta ritrovata la testa la gente avrebbe esultato con i caroselli come ai mondiali di calcio ma anche che un critico d’arte si sarebbe accorto dello scherzo”.

Su questo però Luridiana e i suoi amici si sbagliavano. La mattina del 24 luglio il fondale fangoso del Fosso Reale restituisce una testa scolpita ma, come ricorda Luridiana, non è quella creata da lui e dai suoi amici: “La mattina passando di qua ho sentito un boato, mi sono affrettato pensando che avessero ripescato la nostra scultura. Con mio grandissimo stupore però quella che apparì al telegiornale delle 13 non era la nostra testa. Pensai che quindi avessero trovato veramente un’opera di Modigliani e che noi come dei cretini avessimo gettato nel fosso un pietrone con il rischio di danneggiarla”.

In realtà l’opera non è di Amedeo Modigliani ma del giovane artista livornese Angelo Froglia. Anche lui tempo prima aveva gettato nel Fosso Reale delle false teste ma a spingerlo sarebbe stata una motivazione diversa da quella dei tre studenti: quella di Froglia è “un’operazione estetico-artistica”, un atto di rivalsa nei confronti dei critici d’arte.

Il pomeriggio del 24 luglio, poche ore dopo il ritrovamento della scultura di Froglia che tutti hanno scambiato per vera, Pietro Luridiana decide di passare nuovamente nei pressi del Fosso Reale per vedere che aria tira da quelle parti: “Non faccio in tempo ad affacciarmi alla spalletta quando vedo che stanno sciacquando l’ennesimo cucchiaione di melma e che da questa melma emerge la nostra testa”.

Di nuovo l’eccitazione della gente sulla spalletta e sulla chiatta del dragaggio è massima: non una, ma ben due sculture di Modigliani sono state ripescate lo stesso giorno dal Fosso Reale. Ancora una volta i tre amici corrono davanti alla tv per il telegiornale della sera che, con loro grande stupore, non parla di burla ma di una seconda, autentica scultura di Modigliani ritrovata a Livorno. “Pensavamo fossero le prime impressioni, non ci sembrava possibile che non si fossero accorti che era uno scherzo. Immaginavamo che poi, guardandola con calma, se ne sarebbero resi conto”.

Invece non se ne rende conto nessuno, anzi, la notizia del ritrovamento attira anche la stampa internazionale. La curatrice Vera Durbè è in estasi: “La prima (scultura) è la più bella, nobilissimo il naso, la seconda pare un dipinto”. La seguono a ruota anche vari esponenti del mondo dell’arte come Giulio Carlo Argan: “Le teste sono certamente autentiche”. Qualche dubbio sulla paternità delle opere lo sollevano alcuni scultori: secondo loro la mano che ha scolpito quelle teste sarebbe troppo inesperta, troppo scarsa la padronanza degli strumenti per essere di Modigliani. Dario Durbè non si lascia scoraggiare e scambia la burla di tre giovani muniti di trapano elettrico per un’opera “di commovente e indagante incertezza”.

Quando poi il 10 agosto la draga recupera una terza testa (anche questa opera di Froglia) la leggenda pare essere diventata realtà e in un clima di trionfo le tre sculture, tutte rigorosamente false, vengono esposte alla mostra in corso a Villa Maria. I fratelli Durbè annunciano una conferenza stampa per presentare le opere al mondo e stampano in fretta e furia un nuovo catalogo.

La festa dura poco: “Passata qualche settimana in cui attendevamo speranzosi che qualcuno si rendesse conto dello scherzo – spiega Luridiana – ci siamo posti il problema di raccontarlo. La nostra intenzione era, appunto, di fare uno scherzo, non avevamo nessuna intenzione di ingannare nessuno. Non potevamo accettare che la testa finisse in un museo o in qualche libro d’arte”.

I tre ragazzi decidono di uscire allo scoperto e dato che il direttore dell’epoca di Panorama è parente di uno dei tre, i giovani scelgono di raccontare la loro storia in un’intervista rilasciata al settimanale. “Panorama usciva sempre di lunedì – ricorda Luridiana – sfortuna ha voluto che la domenica precedente all’uscita dell’intervista era stata programmata l’esposizione aperta al pubblico di tutte queste sculture ritrovate”. Pietro Luridiana va alla mostra, compra il catalogo e se lo fa autografare dai fratelli Durbè, gli scrivono pure la dedica: “Agli amici di Modigliani”.

Il giorno dopo in edicola esce Panorama e tutto cambia: “Quando è uscita la notizia per buona parte della gente siamo diventati degli idoli, ci dicevano che era stato un bellissimo scherzo, geniale. Una piccola parte invece si è sentita offesa, colpita. Inizialmente ci hanno detto che eravamo dei millantatori, che avevamo inventato tutto”. Per questo i ragazzi decidono di mostrare le foto si erano scattati prima di gettare la testa nel Fosso e che li ritraggono con la scultura appena creata. Fanno anche di più: per dimostrare agli esperti e ai critici d’arte di essere i veri autori della testa, ne scolpiscono un’altra in diretta tv negli studi di speciale TG1.

“A quel punto – afferma Luridiana – alzarono il tiro. Dissero che non lo avevamo fatto per scherzare ma perché eravamo dei figli di papà che volevano destabilizzare il Comune di Livorno. Io ho anche ricevuto la telefonata del fantasma di Modigliani ma fortunatamente aveva la voce di un bambino”.

Quando poi il 13 settembre Angelo Froglia ammette di essere l’autore delle altre due teste ritrovate, l’estate della “pesca miracolosa” livornese finisce e così la mostra su Modigliani che chiude i battenti completamente oscurata dalla burla e dalla brutta figura dei curatori e di buona parte del mondo dell’arte. Dario Durbè grida al complotto, la sorella Vera si sente male e viene ricoverata in ospedale.

Ricorda Luridiana: “La reazione della critica dopo un primo tentativo di difesa fu quella di una fuga disordinata. Si addossavano le responsabilità tra di loro, con noi hanno sempre evitato accuratamente il confronto. Una delle accuse più stupide, e dopo 30 anni posso dire anche infondate, fu quella di aver danneggiato l’immagine di Modigliani e – conclude Luridiana – sono certo che davanti a una figura del genere da parte dei critici Amedeo Modigliani non avrebbe potuto fare altro che applaudire e ridere”.