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Turchia, Erdogan si appella al popolo per sostenere la lira. Ma il costo della vita non sostiene il popolo

“Vivere qua, ormai non è facile - dice Neslihan in fila al mercato del pesce a Kadikoy, Istanbul - E' tutto troppo caro. Gli stipendi non sono alti come in Europa e la quotidianità continua a rincarare"

A chi trascorre qualche tempo nel Paese come turista, il costo della vita in Turchia può sembrare ancora piuttosto basso. A Sultanahmet, cuore storico di Istanbul, in un un hotel senza troppe pretese è possibile trovare una stanza intorno ai 30 euro, soprattutto ora che è bassa stagione. Se si mangia nei molti locali che non servono alcolici, si possono spendere meno di 10 euro per un pasto. Per un panino con il pesce grigliato bastano un paio d’euro o poco più. Tuttavia l’impressione dei pochi turisti che visitano la Turchia di questi tempi, può rivelarsi fuorviante. Il Paese, e in particolare Istanbul, non è più un posto a buon mercato. Gli affitti sono aumentati vertiginosamente negli ultimi anni, una cena in una meyhane (dove i turchi bevono raki e birra) è tutt’altro che economica. Ed è questa una tendenza che ha investito quasi ogni settore della vita. I prezzi di frutta e verdura sono aumentati così come quelli di pesce e carne e degli alimentari in genere. Per quanto riguarda l’abbigliamento i marchi occidentali hanno prezzi del tutto simili a quelli delle città europee mentre i capi prodotti qui sono certo più convenienti ma meno di un tempo quando la qualità è buona. La tecnologia, poi, è carissima. Cellulari e computer costano come in Europa, spesso perfino di più.

E’ vero che l’inflazione negli ultimi mesi ha incominciato a rallentare, risultando più bassa delle previsioni, ma i prezzi rimangono elevati. Soprattutto in relazione al potere d’acquisto in un Paese nel quale (anche se la ricchezza certamente non manca) i salari medi non sono alti e la moneta appare in caduta libera. Basti pensare che se oggi il cambio è di oltre 3,7 lire nei confronti dell’euro, appena un anno e mezzo fa non raggungeva le 3 lire. Una situazione che ha spinto Recep Tayyp Erdogan in persona ad intervenire chiedendo ai turchi di convertire la valuta straniera in lire oppure in oro. Nello stesso discorso poi, il presidente ha voluto tranquillizzare la popolazione: “Inziative del genere – ha proseguito Erdogan – rovineranno il gioco a qualcuno. Non preoccupatevi. Lo abbiamo già sperimentato nel 2007 e nel 2008. Allora avevo detto che i problemi non avrebbero toccato la Turchia. Oggi vi dico la stessa cosa”. Una presa di posizione che ha spinto, poche ore dopo, la Borsa di Istanbul a convertire tutte le attività liquide in valuta nazionale.

Ma l’andamento della lira preoccupa, soprattutto, in relazione all’aumento dei prezzi e ad altri fattori. Un bilocale, a Cihangir, uno dei quartieri di Istanbul preferiti dagli expat, nei pressi della centralissima piazza Taksim, può costare 1200 euro al mese di affitto. Tre delle strade più famose della città sono state tra le dieci vie nelle quali gli affitti sono cresciuti di più, a livello mondiale, tra il 2014 e il 2015. In Istiklal Caddesi, il viale più celebre di Istanbul che sfocia in Piazza Taksim, si era perfino raggiunto il più elevato incremento dell’area Emea (Europa, Medio Oriente e Asia). E anche in zone meno gettonate da parte degli stranieri i prezzi sono ormai decisamente alti.
Un altro problema con il quale la Turchia deve fare i conti è, poi, la disoccupazione, arrivata nel mese di agosto all’11,6% ( dopo che ad aprile era calata al 9,3%).

Se in molti si lamentano della situazione, c’è però anche chi prova a vedere il lato positivo. “La lira bassa non è soltanto un male – dice Ozcan- Le esportazioni vanno bene, con una moneta più forte sarebbe più difficile vendere all’estero”. La lira ai minimi storici potrebbe, inoltre, favorire l’afflusso di turisti. Se è vero, infatti, che per i turchi i prezzi sono ormai decisamente alti, per chi arriva con dollari ed euro in tasca, il costo della vita è ancora piuttosto contenuto. Peccato che il turismo, i cui ricavi sono calati del 32,7% nel terzo trimestre del 2016 rispetto allo stesso periodo di un anno prima, sia crollato a causa dei ripetuti attentati terroristici prima di ricevere il colpo di grazia dal tentato golpe del 15 luglio.

La Turchia è ora percepita dagli stranieri come molto più pericolosa di quello che è realmente e soltanto un lungo periodo di tranquillità potrà far ripartire l’afflusso di turisti. Basta andare nella zona di Sultanahmet (solitamente affollatissima di gente pronta ad affrontare lunghe code per visitare Santa Sofia o il Topkapi) per trovarsi di fronte un quartiere semideserto con i locali e gli alberghi vuoti e i negozianti che ciondolano, annoiati, sulle porte in attesa di clienti che non arrivano.

Per contro i mercati sono ancora affolatissimi, nonostante l’aumento dei prezzi. E in tutte le zone frequentate più dai turchi che dai tursiti, i ristoranti e i locali sono pieni, soprattutto nei weekend, così come i faraonici centri commerciali. Nei giorni del Kurban Bayrami (la festa del sacrifico), a settembre, era tutt’altro che facile trovare una stanza in un hotel di livello medio lungo la costa, nonostante i prezzi non certo stracciati. Il turismo, insomma, è crollato per quanto riguarda l’afflusso di stranieri (e questa non è certo una buona notizia) ma tiene, per lo meno, sul fronte interno. Il Pil, nel frattempo, dopo una crescita strabiliante durata almeno fino al 2011, ha rallentato notevolmente, anche se continua a far segnare incrementi non inferiori al 3%. Cosa accadrà in futuro è difficile dirlo ma i segnali che arrivano, se li sommiamo, non sono confortanti. E la situazione, nel breve termine, non pare destinata a migliorare.

“Vivere qua, ormai non è facile – dice Neslihan in fila al mercato del pesce a Kadikoy- E’ tutto troppo caro. Gli stipendi non sono alti come in Europa e il costo della vita continua a crescere”. Tuttavia l’atteggiamento di molti rimane positivo. “Le cose miglioreranno per noi”, sostiene Serhat. Lui ha vissuto a lungo in Italia ed ora è tornato ad Istanbul dove, con la moglie, ha aperto una caffetteria in un quartiere elegante nella parte asiatica. “Ora dobbiamo soffrire un po’ ma la situazione migliorerà, la Turchia ha affrontato periodi peggiori. Anche i turisti, prima o poi torneranno. Intanto la lira bassa ci aiuta sul versante dell’export …”

E forse la forza dei Turchi è proprio questa. Sono positivi, hanno fiducia. Sono testardi e pronti a lottare. Anche in un momento difficile come questo, molti provano ad aprire nuove attività, magari soltanto un piccolo chiosco per servire il cay oppure per preparare il kebab. Probabilmente perché hanno vissuto davvero periodi peggiori. Con il terrorismo non hanno certo iniziato a fare i conti oggi, il tentato golpe è stato drammatico ma, in materia, hanno una lunga esperienza e quello (perfettamente riuscito) del 1980, per esempio, aveva prodotto esiti ben più tragici, anche se al di fuori del Paese in pochi sembrano ricordarsene. Forse è per tutti questi motivi che passeggiando per le strade di Istanbul (ma anche di Bursa oppure di Izmir) i turchi non sembrano, neppure ora, schiacciati dalla paura di un futuro incerto come, sempre più spesso, accade agli europei.