Giustizia & Impunità

Bologna, non solo irregolarità nelle firme del M5s: “Due sottoscrizioni sono false”

L'edizione bolognese de La Repubblica racconta di una donna italo-britannica che al momento della raccolta si sarebbe trovata all'estero. Dubbi anche sul caso di un uomo abituato a firmare anteponendo il cognome, cui i carabinieri avrebbero mostrato una firma che inizia con il nome. Ma gli investigatori potrebbero anche decidere di andare più a fondo: l'indagine è stata condotta solo su 190 firme sulle 1.200 depositate

Ci sarebbero delle firme false, o di sicuro ci sono delle persone che davanti ai Carabinieri non riconoscono la propria firma. Nell’inchiesta che vede indagato anche il vice-presidente del consiglio comunale di Bologna, Marco Piazza del Movimento 5 stelle, ci sarebbe qualcosa in più rispetto alle sole irregolarità nella autenticazione di firme vere. Sulle 200 persone sentite dai militari dell’Arma, infatti, ci sarebbe chi non ha riconosciuto la propria grafia tra quei moduli necessari alla presentazione delle liste per le Regionali del 2014. “Perché avremmo dovuto mettere due firme false? Ne stavo presentando 200 in più del dovuto e ne ho da parte altre 300 in eccesso, perché falsificare delle firme? Questa storia si dissolverà in una bolla di sapone”, si difende Piazza.

L’indagine va avanti nel più stretto riserbo. Ma qualcosa trapela. L’edizione bolognese del quotidiano La Repubblica racconta di una donna italo-britannica che, al momento della sottoscrizione, si sarebbe trovata all’estero e di altri tre uomini che non avrebbero riconosciuto la propria firma. Secondo quanto apprende IlFattoQuotidiano.it, ci sarebbero invece non più di due firme false. Tra loro quella della donna italo-britannica e quella un altro signore: a quest’ultimo, abituato a firmare anteponendo il cognome, sarebbe stata mostrata dai militari una firma che inizia con il nome. Ci sarebbero inoltre delle altre firme (non più di due) riconosciute come proprie dagli elettori, i quali però erano convinti di avere sottoscritto altre iniziative, non le liste per le Regionali. Infine dall’inchiesta non trapela se a certificare le liste con le presunte firme false sia stato lo stesso Piazza o altri certificatori.

Ma gli investigatori potrebbero anche decidere di andare più a fondo. L’indagine infatti è stata condotta dai Carabinieri di Vergato solo su 190 firme sulle 1.200 depositate dal Movimento 5 stelle. Le altre mille devono essere ancora analizzate. Intanto delle 190 firme sono meno di trenta quelle sospette: il caso più ricorrente riguarda firme che sarebbero state raccolte fuori regione (l’esposto che ha fatto partire l’inchiesta parlava del raduno romano al Circo Massimo); oppure a Bologna, ma, secondo l’accusa, in assenza dei certificatori (Marco Piazza era uno di questi).

Piazza, sentito da IlFattoQuotidiano.it, difende se stesso e il Movimento: “Mi è arrivato un messaggio su Whatsapp, su una persona che aveva firmato, ma poi, preso dalla paura, ha negato davanti ai Carabinieri di averlo fatto. Gli altri potrebbero aver fatto lo stesso o anche aver dimenticato di avere firmato. Porterò anche questo messaggio ai magistrati quando mi chiameranno. Per ora io non so nulla su questa indagine, neppure di essere indagato”. Poi Piazza prosegue: “Se queste persone non hanno firmato, da dove tiravo fuori il loro numero di carta d’identità? Con uno come me, pignolo, che se andava al bagno durante la raccolta firme creava delle file perché la gente doveva aspettare. Non è possibile che ci siano state delle firme false”.

Anche Massimo Bugani, collega di Piazza in consiglio comunale ed esponente di spicco a livello nazionale del Movimento difende il suo collega indagato: “Stiamo parlando di due o tre ipotetiche firme false che possono dimostrare in maniera indubitabile due cose: o che tre persone si sono agitate davanti ai Carabinieri e hanno dichiarato il falso; oppure che il pozzo è stato avvelenato da qualcuno appositamente per creare problemi al Movimento”.

Presto intanto potrebbero partire i primi inviti a comparire per gli indagati: oltre a Piazza gli altri nomi sono quelli di Stefano Negroni, Tania Fiorini e Giuseppina Maracino. Per tutti il reato contestato dalla pm Michela Guidi, è quello previsto dal Dpr 570 del 1960, il testo speciale sulla disciplina elettorale che punisce all’articolo 90 (comma due) chi commette irregolarità nella formazione delle liste.

Intanto uno dei due autori dell’esposto da cui due anni fa era partita l’indagine, Stefano Adani (ex militante 5 stelle), ha ricevuto minacce e insulti via web e ha raccontato di telefonate anonime nel cuore della notte. Per questo i Carabinieri hanno deciso una forma di sorveglianza leggera intorno alla sua abitazione sull’Appennino bolognese. “Invito tutti alla calma e alla tranquillità: state tranquilli, si risolverà comunque tutto per il meglio e, qualunque cosa sia, ci sarà sempre grande serietà da parte nostra”, ha detto lo stesso Marco Piazza.