Eco mobilità

Pneumatici, i sistemi per il controllo pressione non funzionano: “Le case automobilistiche giocano sul filo delle regole Ue per risparmiare”

L'organizzazione europea Transport&Environment ha effettuato ben 16 diversi test sue due auto, verificando che “non sono capaci di misurare accuratamente la pressione degli pneumatici in tempo reale". "Le aziende installano sui veicoli i sistemi indiretti per il loro prezzo più basso". Sono legali per la normativa europea, ma secondo l'ong "ottimizzati per funzionare bene solo nei test"

Dopo il Dieselgate potrebbe arrivare il Tyregate. Perché, come dimostra uno studio dell’organizzazione europea Transport&Environment che Ilfattoquotidiano.it documenta in anteprima, i sistemi obbligatori, che stimano la pressione delle gomme e dovrebbero avvisare l’automobilista quando le ruote sono sgonfie e quindi pericolose, non funzionano. Almeno non nella vita reale: “Sono ottimizzati per passare i test autorizzativi previsti dalla normativa europea, ma poi su strada non si attivano”, spiegano da T&E. L’ong ha fatto eseguire da un organismo indipendente ben 16 diversi test sue due auto – una Volkswagen Golf e una Fiat 500L – che hanno installati i sistemi basati sulla stima della pressione delle gomme e non sulla sua misurazione reale. I risultati: 14 risultati negativi su 16 per la Golf, addirittura 16 su 16 per la Fiat. “A un anno dal dieselgate, ora sospettiamo che i produttori usino dispositivi per passare i test di sicurezza anche con sistemi di monitoraggio della pressione degli pneumatici inefficaci e risparmiare così 10 euro”, denuncia Julia Poliscanova di T&E.

Sicurezza a rischio per risparmiare? – L’organizzazione mette sotto accusa i sistemi elettronici per il monitoraggio della pressione degli pneumatici (Tpms) che tecnicamente vengono detti “indiretti”. Al contrario di quelli diretti, che tengono sotto controllo la pressione delle gomme con dei sensori su ogni ruota, infatti, gli indiretti si basano su stime elaborate da un software sulla base della velocità di rotazione della gomma e delle vibrazioni. La legge europea, che ha reso i Tpms obbligatori sulle auto passeggeri dal 2014, li ammette entrambi, anche se per T&E le differenze sono molte. Se i primi sono efficaci ed affidabili, i secondi presentano molte falle. Per esempio, “non sono capaci di misurare accuratamente la pressione degli pneumatici in tempo reale, e di solito si basano sulla calibrazione dell’automobilista, che li rende vulnerabili a impostazioni sbagliate”. E poi funzionano solo in movimento, senza dare la possibilità al guidatore di controllare lo stato delle gomme da fermo, e sono esposti a molti falsi allarmi, causati dai diversi fattori esterni che possono influenzare rotazione e vibrazione delle ruote. “Le case automobilistiche decidono sempre più spesso di installare sui veicoli i sistemi indiretti per il loro prezzo più basso. Ma la vita delle persone non dovrebbe essere messa a rischio per modesti risparmi delle aziende”, denunciano ancora dall’ong, cui fanno capo 50 associazioni ambientaliste europee.

Gomme sgonfie, ma l’allarme non scatta – La società spagnola Idiada ha testato per T&E l’efficacia dei sistemi di monitoraggio e allerta prima di tutto con una sola ruota sgonfia. Sia la Golf che la 500L sono state prima guidate in accordo con il protocollo dell’iter autorizzativo, e dopo senza seguire strettamente le regole del test ufficiale. Se nel primo caso per entrambe le auto l’allarme per la ruota sgonfia “si è attivato entro il limite di 10 minuti previsto dalla legge”, nel secondo il sistema Tpms “non ha dato nessun messaggio né nella Volkswagen né nella Fiat, mostrando un chiaro fallimento nel rispetto degli standard di sicurezza su strada”. Idiada ha poi provato le due auto con tutte e quattro gli pneumatici sgonfi e in sei diverse situazioni reali di guida, per esempio su un percorso di 20 minuti a bassa velocità in un’area urbana e poi in autostrada a 100 km/h o in un tracciato su strade extraurbane e a scorrimento veloce, a diverse velocità. Ha anche testato l’efficacia del sistema Tpms con pneumatici sotto la pressione ottimale e con alle spalle 400 e 800 km. Anche qui, “il sistema Tpms indiretto sia sulla Golf sia sulla 500 L non ha dato un allarme tempestivo di ruote sgonfie in almeno 5 dei 6 prove effettuate da Idiada in cui le condizioni divergevano leggermente dal test ufficiale”. Non hanno dato risultati positivi neanche le prove sul meccanismo di auto-diagnosi dei Tpms di Golf e 500L, che dovrebbero avvisare l’automobilista quando il sistema non è più in grado di funzionare. Di nuovo, nessun avviso entro il limite normativo dei 10 minuti. Un fatto “particolarmente preoccupante, perché significa che il guidatore si sente sicuro e non è consapevole che il suo sistema ha dei problemi e non lo avviserà in caso di livelli di pressione delle gomme critici”. I sistemi passano i test, ma poi non fanno il loro lavoro, e questo “è inaccettabile, perché una pressione inferiore agli 1,5 bar è critica per la sicurezza, con la gomma che può iniziare a staccarsi dal cerchio durante la frenata, per esempio”.

Il sospetto dell’associazione – Il sospetto di T&E è che le case automobilistiche stiano cercando di risparmiare sui sistemi per monitorare le gomme mettendo a rischio la sicurezza. I risultati dei test, si legge nel dossier di T&E, “suggeriscono che ci sia un’ottimizzazione dei sistemi indiretti, calibrati per passare i test autorizzativi ma non funzionanti quando usati su strada”. Tra gli obiettivi ipotizzati dall’associazione, anche “il desiderio dei produttori di evitare molti falsi allarmi che i sistemi Tpms indiretti altrimenti genererebbero, confondendo il guidatore e minando l’obiettivo del dispositivo. Per questo, le case automobilistiche potrebbero aver deciso di rendere il sistema attivo solo nelle strette condizioni dei test regolatori”. Delle performance non proprio perfette dei Tpms indiretti si era già accorta l’organizzazione di ricerca olandese Tno8 e l’Unece. L’organizzazione Onu, che ha fissato gli standard di sicurezza per le auto, di recente ha chiarito che i Tpms dovrebbero funzionare “in un’ampia gamma di strade e condizioni ambientali”. Ora la palla passa alla Commissione europea, che sta per iniziare la revisione della normativa sulla sicurezza dei veicoli.