Scienza

Bibite zuccherate, “così gli studi finanziati dalle industrie mascherano effetti su obesità”

La ricerca condotta dalla University of California di San Francisco ha dimostrato come le pubblicazioni che non mostrano un'associazione tra consumo di bevande dolci e malattie metaboliche sono finanziate da chi queste bibite le produce

Bere bibite zuccherate causa obesità o diabete? La risposta sarebbe no, se si desse ascolto agli studi finanziati dalle stesse industrie che producono queste bevande. A dimostrarlo una ricerca condotta dalla University of California di San Francisco, che ha analizzato le pubblicazioni scientifiche più autorevoli sul tema dal gennaio 2011 al luglio 2016. È emerso che gli studi indipendenti invece hanno mostrato un collegamento tra il consumo di bevande zuccherate e l’obesità o le malattie metaboliche, mentre altre 26 ricerche non hanno riscontrato una correlazione. La particolarità di quest’ultime è che sono state tutte finanziate dalle industrie che producono questo tipo di bibite.

“Se si guardasse esclusivamente agli studi indipendenti, sarebbe estremamente chiaro che queste bevande possono essere associate al diabete e all’obesità”, dice al New York Times il dottor Dean Schillinger, che ha guidato la ricerca. “Se oggi una parte della nostra società crede che le bibite zuccherate non causino malattie, è solo la conseguenza della controversia che la lobby ha creato”, aggiunge Schillinger. I produttori infatti stanno cercando di opporsi alle recenti iniziative normative, misure fiscali e linee guida nutrizionale introdotte negli Stati Uniti, proprio per tentare di contenere il consumo di bevande dolci. Tali iniziative sono basate sulle ricerche che provano la correlazione tra consumo e obesità. Le industrie si appoggiano invece sugli studi da loro finanziati, che negano questa associazione, per dimostrare che la questione è ancora controversa. Il gruppo di ricercatori della University of California è partito da questo presupposto per effettuare la sua indagine. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Annals of Internal Medicine.