Cronaca

Dario Fo, Il funerale laico a Milano. Carlo Petrini: “Allegri bisogna stare”. Jacopo: “Siamo comunisti e atei ma so che ora è insieme a Franca”

"Non è vero che si muore per davvero, dai! Non è possibile. Adesso sono insieme. E si fanno grandi risate", così il figlio di Fo, la voce rotta dal pianto, dal sagrato del Duomo di Milano dove si è svolto il funerale laico sotto una pioggia battente. "Dario ha parlato agli ultimi della terra e gli ultimi della terra lo hanno capito", ha detto Carlo Petrini, amico di Dario

Si chiude con le note di ‘Bella Ciao’ che invadono il sagrato del Duomo di Milano la cerimonia laica per l’addio a Dario Fo. “‘Stringimi forte i polsi dentro le mani tue’, suonata qui, è una canzone che mio padre scrisse per mia madre. E lui ha chiesto proprio che fosse suonata. Noi siamo comunisti e siamo atei, però mio padre non ha mai smesso di parlare e chiedere consigli a mia madre. Perché non è vero che si muore per davvero, dai! Non è possibile. Adesso sono insieme. E si fanno grandi risate”. Queste le parole di Jacopo Fo, pugno alzato e voce rotta mentre ricorda, tra aneddoti e lacrime, un padre e una madre amatissimi: “Raccontavano – ha aggiunto – che può succedere che la gente che non ha potere si prenda il potere e trovi soluzioni geniali per rovesciare la situazione”.

La folla, numerosa nonostante la pioggia battente, ascolta commossa le parole di Jacopo e così anche quelle di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food: “Ha parlato agli ultimi della terra e gli ultimi della terra lo hanno capito”. Ad ascoltare in piazza ci sono le sindache di Roma e Torino, Virginia Raggi e Chiara Appendino insieme al vice presidente della camera Luigi Di Maio, a Beppe Grillo e al sindaco di Milano Giuseppe Sala. “In questi giorni molte persone hanno sottolineato la differenza tra l’artista, il genio e la politica- ha aggiunto Petrini – Con tutto il rispetto, credo sia impossibile e non sia giusto. Dobbiamo riaffermare con forza la simbiosi tra la sua arte e il suo impegno politico. Pensare a Dario senza politica è come un buon vino senza uva”.

Così, in una giornata di pioggia incessante, Milano ha detto addio a Dario Fo. Lutto in città, per l’artista scomparso giovedì scorso all’età di 90 anni nel giorno in cui assegnavano il premio Nobel per la Letteratura da lui vinto nel 1997. Dopo la camera ardente allestita allo Strehler – lo stesso teatro davanti al quale tre anni fa urlò l’ultimo ciao alla moglie Franca Rame – è partito il corteo di familiari, amici e cittadini con in sottofondo le note musicali degli Ottoni a scoppio, banda di strada che Fo amava tanto, per accompagnare il feretro sul sagrato del Duomo, concesso per la prima volta celebrare una cerimonia laica.

E’ stato il Comune a chiedere l’autorizzazione per omaggiare un artista che ha “dato più di quanto ha ricevuto da Milano”, come ha ammesso il sindaco Giuseppe Sala dopo lo sfogo di Jacopo Fo su Facebook: “Sì, adesso sono tutti a celebrare Dario. Dopo una vita che han fatto di tutto per censurarlo e colpirlo in tutti i modi. Vaffanculo. Onore a Brunetta che ha detto che mio padre non gli è mai piaciuto”. Alla fine, dopo un primo parere contrario di un prete del Duomo, il permesso per il sagrato è stato dato, a condizione che a salire fossero solo i familiari e il feretro.

Dopo il continuo via vai di ieri  è cominciata questa mattina presto la sfilata silenziosa davanti alla bara, accanto la foto dell’artista ‘giullare’ che solo un mese fa aveva presentato il suo libro Darwin. Alla camera ardente l’attore Paolo Rossi e lo scrittore Roberto Saviano: “Quando Dario Fo ha vinto il Nobel mezzo Paese, per invidia o per dileggio, ha cercato di sminuirlo. È un Paese ingrato ma c’e anche una parte autentica che lo ha sempre protetto e ascoltato”. Dario Fo riposerà al Famedio, il luogo riservato ai milanesi illustri, accanto alla sua amata Franca.