Scienza

Cervello, così parlano i neuroni. Studio italiano “corregge” teoria da Nobel

La ricerca di un gruppo di scienziati italiani dell’università di Pavia riscrive il processo di generazione dei segnali nervosi. Il meccanismo teorizzato da Allan Hodgkin e Andrew Huxleyritenuto valido finora si basava su indagini condotte nel calamaro, ma nell’uomo le cose funzionano diversamente, sono convinti i ricercatori pavesi

La scintilla dei neuroni non si accende all’interno degli assoni, le “braccia” delle cellule nervose, bensì nel cosiddetto segmento iniziale, una struttura di raccordo fra il corpo del neurone e l’assone vero e proprio. Lo sostiene in uno studio pubblicato su Nature Communication un gruppo di scienziati italiani dell’università di Pavia coordinato da Egidio D’Angelo. La ricerca corregge una teoria da Nobel riscrivendo il processo di generazione dei segnali nervosi. Il meccanismo ritenuto valido finora si basava su indagini condotte nel calamaro, ma nell’uomo le cose funzionano diversamente, sono convinti i ricercatori pavesi.

Gli assoni – spiegano – permettono la trasmissione di segnali all’interno di complesse reti che coinvolgono qualcosa come mille miliardi di neuroni e un milione di miliardi di connessioni nel cervello umano, generando così le funzioni sensoriali, motorie e cognitive, e in ultima analisi il comportamento e il pensiero. Negli anni ’50 Allan Hodgkin e Andrew Huxley presentarono una teoria sui meccanismi di generazione del potenziale d’azione, il segnale elettrico generato dai neuroni. Nel 1963 il modello che codificarono fruttò loro il Premio Nobel per la Medicina, ed è stato adottato in modo pressoché immutato fino ai giorni nostri. Secondo Hodgkin e Huxley – precisano D’Angelo e colleghi – i potenziali d’azione derivano dall’attivazione dei canali ionici del sodio, e fin qui il corrispettivo con i neuroni dei mammiferi è corretto. Tuttavia, i due scienziati studiarono il fenomeno in un preparato particolare, l’assone gigante del calamaro.

Il problema è che “l’estrapolazione dei loro risultati dall’assone di un invertebrato ai neuroni del sistema nervoso centrale dei mammiferi non è scontata”, avvertono i ricercatori italiani. La ragione è strutturale perché “i neuroni dei mammiferi sono costituiti da un corpo cellulare che, tramite una struttura di raccordo chiamata segmento iniziale, emette l’assone vero e proprio. Inoltre, i canali del sodio dei mammiferi presentano numerose varianti genetiche e il loro funzionamento è regolato da complessi sistemi molecolari”. Ed ecco la “correzione”. “Seguendo la teoria originale – proseguono gli scienziati lombardi – si è pensato finora che l’assone dei neuroni dei vertebrati funzionasse esattamente come quello del calamaro. Un’assunzione errata”, come hanno rilevato modelli matematici elaborati presso l’ateneo pavese all’interno dello Human Brain Project dell’Unione europea.

I ricercatori italiani, in collaborazione con la New York University, hanno poi dimostrato attraverso sofisticati esperimenti che nei mammiferi i canali del sodio sono localizzati prevalentemente nel segmento iniziale e solo in misura minore nell’assone, dove complessi sistemi di regolazione basati su un fattore di crescita detto FGF-HF ne modificano le proprietà funzionali. Mediante questa regolazione e vari altri adattamenti evolutivi concomitanti, i segnali nervosi negli assoni dei mammiferi vengono trasmessi in modo rapido ed efficiente, riducendo di oltre dieci volte il consumo energetico del tessuto cerebrale.

I risultati del nuovo lavoro “hanno potenziali importanti ricadute per la comprensione delle funzioni nervose e delle loro patologie”, che i ricercatori di Pavia studiano presso l’Irccs Mondino. “Varie patologie neurologiche, da forme di epilessia alla sclerosi multipla, dipendono infatti da disfunzioni dei canali del sodio”. Con la cui funzione, peraltro, interferiscono “numerosi farmaci attivi sul sistema nervoso”. Secondo gli autori, in conclusione, le nuove osservazioni “possono portare a importanti avanzamenti nella diagnosi e terapia delle patologie neurologiche“.

L’articolo su Nature