Cronaca

Treviso, espulso imam marocchino. Aveva ottenuto cittadinanza italiana ma non si è presentato a giuramento

Secondo il ministero dell'Interno ha rifiutato di riconoscere i valori della Repubblica, contrari ai principi di vita salafiti. Calderoli: "Subito albo degli imam e reato di apologia della sharia"

Una volo diretto Fiumicino-Casablanca. Così, nella tarda serata di mercoledì 7 settembre, è stato espulso dall’Italia un marocchino di 33 anni. L’uomo, segretario della Comunità islamica di Treviso e provincia, svolgeva anche, nello stesso capoluogo veneto, le funzioni di “imam supplente”, data l’assenza del titolare. A renderlo noto, una comunicazione ufficiale del ministro dell’Interno, Angelino Alfano.

Il documento precisa anche le ragioni che hanno fatto scattare la procedura di rimpatrio. “Questa persona – si legge nella nota del Viminale – si era rifiutata di prestare giuramento per il conferimento della cittadinanza italiana. Decisione, questa, maturata sulla base del convincimento secondo cui c’è piena incompatibilità tra l’osservanza dei precetti salafiti e la fedeltà alla Repubblica, laddove la nostra legislazione sarebbe portatrice di valori inaccettabili per un musulmano vero: un “insieme di peccati su peccati” come, per esempio, la parità tra uomo e donna. In linea con questi sentimenti di avversione verso le nostre regole, ha disprezzato – prosegue il comunicato ministeriale – i principi fondanti la nostra Costituzione e ha invitato persino i suoi familiari e i suoi conoscenti a rifiutare la cittadinanza italiana, proprio come lui aveva fatto”.

L’uomo, sposato con una connazionale dalla quale aveva avuto tre figli, era arrivato a Treviso nel 1998 e non si era reso protagonista di reati, esternazioni o episodi di estremismo religioso. Lavorava come elettricista autonomo. Dopo quindici anni di permanenza nella città veneta, nel 2013 ha deciso di chiedere la cittadinanza italiana. La domanda, secondo quanto si è appreso, era stata accettata, ma nel giorno in cui doveva completare l’iter della richiesta, che prevedeva appunto il giuramento sulla Costituzione, non si è presentato. La mancata presenza è stata ritenuta sospetta dalla polizia e la Digos ha voluto approfondire la questione.

Dati alla mano, Alfano comunica che “a partire dal 2015 sono 12, dunque, gli imam espulsi. Complessivamente, dall’inizio del 2015, si contano 115 rimpatri forzati, dei quali 49 sono stati eseguiti nell’anno in corso”. Il presidente della Regione Vento, Luca Zaia, ha espresso i suoi complimenti nei confronti della Questura di Treviso, autrice di “un’ottima attività di controllo, garanzia di legalità e sicurezza. Non può esserci – ha proseguito Zaia – a nessun cedimento verso chi non rispetta le nostre leggi e le regole della convivenza civile e vuole imporre le sue”.

Più accesso il commento di un altro leghista, Roberto Calderoli, che punta il dito contro i “cattivi maestri” che ” si annidano nelle tante moschee sparse nel territorio italiano”. Il vice-presidente del Senato annuncia poi di aver ” preparato una proposta di legge per il reato di apologia della sharia“. Tra le misure incluse, ha aggiunto Calderoli, quella di istituire un albo per gli imam, con il loro censimento e la loro registrazione, e l’obbligo di tenere i loro sermoni in italiano”.

Prende posizione anche il sindaco di Treviso, Giovanni Manildo, augurandosi che questa espulsione non avvi “una caccia alle streghe“. Il primo cittadino, esponente del Pd, ha poi aggiunto: “L’obiettivo delle nostre forze dell’ordine è quello di garantire tutti i presidi di sicurezza e di questo non possiamo che ringraziare. È anche per questo che come sindaco continuo a sostenere che l’accoglienza avvenga attraverso modelli e strumenti in grado di fissare delle regole chiare e precise. Non credo – ha concluso Manildo – sia corretto fare di tutta l’erba un fascio”.