Cronaca Nera

Picchiati con le mazze da baseball, aggressori si difendono: “Noi siamo le vittime, le armi le abbiamo tolte a loro”

I tre giovani sono accusati di tentato omicidio per aver aggredito tre egiziani minorenni riducendone uno in fin di vita nel Catanese. Il legale ha ricostruito la versione dei tre davanti al gip di Caltagirone

“Sì siamo noi nel filmato, ma noi siamo le vittime, non gli aggressori. Le mazze le avevano in mano loro, noi gliele abbiamo tolte”, così si sono difesi i tre italiani maggiorenni indagati per tentato omicidio, dopo che, sabato scorso, avevano picchiato i tre minori egiziani con alcune mazze da baseball, accanendosi soprattutto su un 16enne finito all’ospedale in gravi condizioni. Il pestaggio era avvenuto sulla strada che collega San Cono a San Michele di Ganzaria, nel Catanese mentre i tre ragazzi facevano rientro nel centro di prima accoglienza per minori non accompagnati.

Durante l’udienza di convalida del fermo il legale dei fratelli Giacomo e Davide Severo, 32 e 23 anni e di Antonino Spitale, 18 anni, ha ricostruito il racconto dei suoi clienti davanti al gip di Caltagirone Ettore Cavallaro: “All’uscita di San Cono 7-8 extracomunitari hanno aggredito per futili motivi Antonino Spitale. I due fratelli Severo stavano passando e sono intervenuti per difendere l’amico. Uno dei due, che in auto aveva una pistola per giocare a softair l’ha impugnata per farli fermare. Hanno tolto loro le mazze da baseball, ma quelli che erano rimasti erano in possesso di colli di bottiglie e pietre e li hanno aggrediti, e loro si sono difesi. Sono loro le vittime”. L’avvocato ha poi aggiunto che i media hanno descritto alcuni fatti “fuori dalla realtà” e che “non c’era alcun pregresso” tra i suoi assistiti e i tre minori egiziani, quindi “nessuna premeditazione”. Il gip si è riservato di decidere sulla convalida del fermo.

Nel presunto agguato, un sedicenne era stato ferito gravemente ed era stato trasferito all’ospedale di Catania, dove è stato ricoverato nel reparto di rianimazione in pericolo di vita. Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, i tre minori egiziani stavano tornando al centro di prima accoglienza, quando gli assalitori gli hanno bloccato la strada con la loro auto, per poi scendere armati di mazze. Secondo gli investigatori, dietro all’assalto, ci sarebbero stati futili motivi come una pallonata o uno sguardo “di troppo”.